L’attuale scarno dibattito politico sul digitale sembra indirizzarsi sull’alternativa: l’azione governativa e parlamentare sui temi del digitale deve essere indirizzata a risultati immediati o puntare a cambiamenti radicali? Dal commento di Marco Meloni, sembra che molti vogliano mirare al primo punto.
Poiché il governo è certamente transitorio e il tempo perduto tanto, la voglia di concentrarsi solo su azioni immediate è notevole, ma così facendo il rischio è di non ottenere, alla fine, nessun risultato significativo. Gli interventi puntuali non sono sufficienti. L’agenda digitale è un cantiere aperto in cui i lavori definiti non sono partiti ma, anche, in cui non tutti i lavori necessari sono stati previsti. Per questa ragione, non si può procedere solo in stretta continuità realizzativa. Sono necessari interventi organici, cambiamenti profondi che possano incidere davvero sul futuro sociale ed economico del Paese.
La scommessa ineludibile è qui. Nella richiesta di mettere sul tavolo del governo e del parlamento interventi strutturali, non marginali, dall’identificazione di un riferimento sull’agenda digitale che riporti alla Presidenza del Consiglio, alla definizione di una strategia sul digitale, alla definizione di grandi progetti-Paese di innovazione, con responsabilità chiare e risultati misurabili.
Progetti che incidano, insieme, sulle aree dell’innovazione sociale, dell’innovazione delle amministrazioni e delle imprese, dell’inclusione, dello sviluppo della cultura digitale del Paese, dei nuovi lavori, dell’open government e dell’open innovation. Senza questo quadro d’insieme, senza chiari indirizzi strategici, anche l’Agenzia per l’Italia Digitale rischia di veder limitata la propria azione nell’ambito dell’ICT sulla PA. Comunque importante, ma chiaramente insufficiente.