Lo switch-off della rete in rame rappresenta un punto di svolta cruciale per il settore delle telecomunicazioni europeo. Questa transizione, che la Ue vorrebbe completata al 2030, va a delineare un nuovo quadro infrastrutturale che sostituisce l’obsoleta rete in rame con una più moderna e performante rete in fibra. Un passaggio che non è esente da sfide e possibili effetti collaterali, tra cui la paura di un nuovo digital divide infrastrutturale.
In questo contesto, il ruolo della regolamentazione dei servizi di accesso all’ingrosso si rivela fondamentale per garantire equità e competitività sul mercato. L’Italia, con le sue peculiarità e le sue sfide, si inserisce in questo scenario con una posizione strategica e decisiva.
L’importanza dello switch della rete in rame
Il Commissario europeo al Mercato Interno, Thierry Breton, lo ha ribadito anche al Mobile World Congress di Barcellona: “è il momento di cambiare il DNA della nostra infrastruttura di connettività” e di definire una nuova strategia per lo sviluppo delle infrastrutture digitali europee.
La tanto attesa nuova strategia europea è stata delineata nel White Paper “How to master Europe’s digital infrastructure needs?”.
Anche se si tratta di un documento in consultazione che delinea diversi possibili scenari, l’accoglienza da parte dei principali stakeholder del settore delle comunicazioni elettroniche è stata sicuramente molto positiva e vengono affrontati i principali punti che erano oggetto delle richieste degli operatori di telecomunicazioni.
I pilastri per la transizione alle nuove infrastrutture digitali
La realizzazione di infrastrutture digitali sicure e sostenibili è uno dei quattro punti cardinali della strategia del Digital Compass 2030, ma anche un fattore abilitante per il conseguimento degli altri grandi obiettivi di sviluppo dell’Unione Europea, a cominciare dalla transizione verde.
Negli ultimi anni si sono moltiplicate le analisi sulle risorse necessarie per il completamento delle infrastrutture digitali strategiche (200 miliardi di euro in sei anni per il completamento delle reti in fibra e delle reti 5G standalone), ma anche quelle sui nuovi modelli di business nati dalla continua evoluzione tecnologica e proposti dai nuovi protagonisti dell’economia digitale.
I tre pilastri della nuova strategia europea vogliono essere la sintesi delle leve da utilizzare per garantire il nuovo deal digitale: leadership tecnologica; level playing field; resilienza e sicurezza.
La prima sfida riguarda la creazione di un ecosistema europeo degli innovatori attorno al Connected Collaborative Computing (3C Network) e tre use case specifici (e-health, mobility, smart communities). La seconda leva è quella di una regolamentazione più orientata al futuro e consapevole dell’esigenza delle imprese di raggiungere delle adeguate economie di scala all’interno di un mercato unico europeo, ma anche di garantire regole uniformi per i diversi attori, a prescindere dall’origine territoriale e settoriale. L’ultima leva è relativa alla sicurezza, sia fisica che cyber. In quest’ultimo ambito rientrano anche i cavi sottomarini, che sono il sistema nervoso delle comunicazioni mondiali.
Ognuno di questi capitoli merita una disamina dettagliata, ma possiamo iniziare da un tema che abbiamo già avuto modo di trattare anche in passato: quello dello “spegnimento” (switch-off) della rete in rame.
Perché accelerare lo switch-off della rete in rame
Ci sono almeno quattro motivazioni che giustificano un rapido innesco del processo di switch-off della rete in rame:
- Ritorno degli investimenti. A fronte di ingenti investimenti, la rapidità della messa a reddito è fondamentale per gli operatori. Come dimostra l’esperienza italiana della rete di nuova generazione nelle aree “bianche” (a fallimento di mercato), la realizzazione di una rete con prestazioni elevate non garantisce di per sé una rapida adozione da parte dei clienti finali;
- Efficienza. Un secondo aspetto è relativo ai costi operativi delle diverse reti e alla maggiore efficienza delle reti di nuova generazione, ad esempio in materia di consumi energetici. Senza dimenticare la duplicazione dei costi associata alla gestione di diverse tipologie di rete;
- Ecosistema. Al di là, degli importanti effetti indiretti come abilitatore di innovazione anche in altri settori, l’evoluzione dell’economia digitale è strettamente legata alle prestazioni garantite dalle reti. I leader mondiali sono quelli che hanno saputo cogliere al meglio le potenzialità delle connessioni in rete, conciliando i contenuti dei servizi con l’evoluzione delle prestazioni delle reti;
- Esigenze dei clienti finali. Non meno importante è la possibilità di soddisfare una crescente gamma di esigenze, non necessariamente esplicite, dei clienti finali.
In sintesi, lo switch-off genera un gioco a somma positiva, ma non risolve naturalmente il problema spesso lamentato dagli operatori di telecomunicazioni che riguarda la distribuzione dei benefici. A questo proposito basti ricordare come negli ultimi anni il salto di qualità prestazionale sia avvenuto di norma a fronte di prezzi di connettività, nella migliore delle ipotesi, stabili. È comunque evidente l’incremento complessivo di valore per il sistema economico.
Il paper della Commissione si spinge a raccomandare il completamento dello switch-off entro il 2030, ipotizzando un avanzamento all’80% entro il 2028 e il completamento alla fine del decennio.
Obiettivo assolutamente condivisibile, ma estremamente ambizioso. Le previsioni del Codice delle Comunicazioni Elettroniche e anche la recente Gigabit Recommendation facilitano il percorso, però l’attuazione rimane molto complessa se si vogliono garantire tutti gli interessi degli stakeholders.
L’attenzione agli effetti collaterali
Il paper richiama anche il rischio di “effetti collaterali” che invitano ad un attento monitoraggio del processo di attuazione, al fine di evitare rischi di ri-monopolizzazione, ovvero di distorsione del contesto concorrenziale.
Gli aspetti più evidenti sono essenzialmente due, ma dipendono strettamente dall’assetto competitivo all’ingrosso e al dettaglio che caratterizza i diversi Paesi europei:
- Lock-in. In funzione del diverso livello di integrazione verticale e di concorrenza nella realizzazione delle reti FTTH, vi può essere il rischio di strategie di lock-in dei clienti nel processo di migrazione, tali da minare la redditività degli investimenti dei nuovi operatori;
- Rendita di monopolio. Allo stesso tempo, l’orientamento verso un incremento dei prezzi dei servizi all’ingrosso in rame (coerente con l’attuale modello di definizione di prezzi dei servizi regolamentati) può creare una rendita di monopolio, sebbene temporanea, con effetti negativi sulle marginalità degli operatori alternativi, in particolare nelle aree non coperte dalle nuove reti.
Il ruolo della regolamentazione dei servizi di accesso all’ingrosso
La regolamentazione dei servizi di accesso all’ingrosso continuerà, quindi, ad essere uno snodo chiave anche nei prossimi anni.
Laddove esistono effettivamente infrastrutture alternative in concorrenza (es. fibra e cavo coassiale), ovvero più concorrenti all’ingrosso, è possibile ipotizzare un definitivo abbandono della regolamentazione ex-ante, ma negli altri casi il livello di attenzione rimane elevato. Di fatto, sarà verosimilmente necessario definire diversi mercati geografici e rimedi differenziati, in funzione dei diversi contesti concorrenziali.
Un ulteriore aspetto che emerge dall’analisi riguarda il rischio di nuove forme di digital divide infrastrutturale se non vengono garantiti livelli prestazionali, e condizioni economiche, sufficientemente omogenei. Nella dichiarazione dei diritti digitali il terzo principio ricorda come “everyone, everywhere in the EU, should have access to affordable and high-speed digital connectivity” and they commit to “(…) ensuring access to high-quality connectivity, with available Internet access, for everyone wherever in the EU, including for those with low income”.
La via italiana allo switch-off
L’Italia è pronta? L’argomento è finalmente entrato a fare parte dell’agenda della politica industriale italiana, ma va sicuramente attivato al più presto un tavolo di concertazione al quale devono partecipare tutti gli stakeholder.
Uno sguardo ad altre esperienze europee può essere sicuramente utile per identificare gli snodi chiave e indirizzare le possibili criticità.
Il 2030 è all’orizzonte.