Tagliaferri (Selta): “Bene lo Sblocca Italia, ma rivedere le priorità”

Il gap nei confronti dell’Europa riguarda soprattutto l’accesso sulla rete fissa sopra i 30 Mbit/s. Per ottimizzare le risorse occorre concentrare l’intervento pubblico nelle aree più deboli, evitando di creare artificiose disparità tra operatori sullo stesso territorio

Pubblicato il 25 Set 2014

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Partiamo da una considerazione: l’Italia ha uno straordinario ritardo in materia di accesso broadband. Non tanto in termini di copertura, visto che in tutt’Europa ci si sta avvicinando al coverage totale, quanto in termini di prestazioni. In sostanza, in Italia – complice anche l’assenza di una rete TV via cavo che c’è in tutti i maggiori paesi – le connessioni ultra-broadband sono ancora una rarità. L’ultimo rapporto EU, il Digital Agenda Scoreboard 2014, vede l’Italia al 28esimo posto su 28, con una quota che a fine 2013 non arrivava all’1 per cento della popolazione per connessioni ad almeno 30 Mbit/s, contro una media di circa il 70% europeo, valori che stano crescendo in questi mesi ma che rilegano ancora agli ultimi posti del continente.

Siamo ultimi come copertura NGAN, con una quota del 20%, contro il 60% medio europeo, rispetto al 40% francese, il 75% tedesco, l’ 80% britannico. Abbiamo insomma valori molto bassi e qualcosa va fatto.

Il decreto “Sblocca Italia” viene confermato nei suoi aspetti essenziali sulla materia come già se ne parlava prima della pausa estiva. Il credito d’imposta è il modo più rapido per ottenere una forma d’incentivazione anche se, proprio perché si agisce sull’Ires oltre che sull’Irap, la sua efficacia scende nel caso in cui l’operatore interessato non abbia utili. Qualche misura potrebbe essere presa in chiave futura, per non attribuire tutti i vantaggi solo al primo operatore che realizza l’intervento in una determinata area, senza prevedere agevolazioni dirette o indirette nel caso di arrivo di altri operatori, per esempio con forme di unbundling.

Si tratta tuttavia di aspetti non decisivi. Considerando che la presenza nelle zone rurali di accesso a 30 Mbit è decisamente trascurabile, gli effetti possono essere considerevoli. Qualche perplessità può essere generata dall’equiparazione tra reti fisse e mobili: il ritardo è comparativamente maggiore nelle prime, mentre nelle seconde è più probabile che si assista alla sovrapposizione di più reti in concorrenza. A questo punto, quali verrebbero incentivate? E con quale effetto sul sistema nel suo complesso? Qualche elemento di disparità potrebbe giungere anche dall’esclusione dell’incentivazione per gli investimenti già previsti prima del 31 luglio 2014. Paradossalmente, nella stessa area potrebbero confrontarsi, a costi quindi diversi, investimenti dell’operatore “A” decisi prima e quindi più costosi, e altri dell’operatore “B” decisi successivamente. E’ comunque positivo che si riconosca il carattere strategico di questi investimenti, soprattutto per la rete fissa e di backhaul (che ha elementi comuni con la rete fissa), anche se l’argomento meriterebbe una più decisa armonizzazione per tener conto, per esempio, della diversa tipologia di aree, più o meno appealing, e di un quadro generale dei provvedimenti in materia, al fine di ottimizzare gli interventi.

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