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Tante novità di Agenda digitale, ma pochi effetti per il Paese: lo dicono i numeri

Tanti gli aggiornamenti e le iniziative intraprese per l’Agenda Digitale, ma cosa è cambiato concretamente? In che modo hanno inciso sul progresso digitale del Paese? Molto poco. Ma possiamo ancora rimediare, in questa fase di attuazione

Pubblicato il 28 Nov 2016

Luca Gastaldi

Direttore dell'Osservatorio Agenda Digitale e dell’Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano

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Tanto fermento e tante novità in tema di digitale nell’ultimo anno: dalla recente nomina di Diego Piacentini (ex vice president di Amazon) a Commissario Straordinario per l’Agenda Digitale all’emanazione del nuovo CAD, dall’aggiornamento del Piano Crescita Digitale con il conseguente sblocco delle risorse provenienti dai fondi europei all’avvio di SPID, il Sistema Pubblico per la gestione dell’Identità Digitale, progetto fulcro della strategia di accompagnamento di cittadini, imprese e PA verso il digitale.

Tanti gli aggiornamenti e le iniziative intraprese, ma cosa è cambiato concretamente? In che modo hanno inciso sul progresso digitale del Paese?

L’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano ha provato a rispondere a queste domande nell’ambito del filone di Ricerca sull’Attuazione dell’Agenda Digitale. Sgombriamo il campo da ogni dubbio: eravamo indietro rispetto alla media europea e lo siamo ancora. Secondo il DESI siamo 25esimi su 28 Paesi e insieme a Cipro, Croazia, Lituania, Romania e Slovenia facciamo parte dei Paesi al di sotto della media EU, ma abbiamo tassi di sviluppo decisamente in aumento, basti pensare che negli ultimi due anni l’Italia ha fatto registrare uno dei più alti tassi di crescita, pari al 19,7%, a fronte di una media europea del 13,8%.

In Figura 1 è mostrato il posizionamento del nostro Paese sulle varie aree del DESI, confrontandolo con la media e i best performer europei. L’Italia ha una performance vicina alla media per quanto riguarda i servizi pubblici digitali e l’integrazione delle tecnologie digitali, mentre è molto indietro nelle aree relative a:

  • connettività: in cui si scontano ancora sia un’offerta che una domanda di banda larga insufficienti;
  • capitale umano: in cui, nel 2015, è stato registrato il progresso maggiore (anche se il livello di competenze digitali resta ancora basso rispetto alla media europea);
  • uso di internet: determinato dalla bassa maturità sulle aree relative alla connettività e al capitale umano.

Figura 1. Posizionamento relativo dell’Italia sul DESI nel 2015

È importante precisare che il benessere e lo sviluppo economico di un Paese sono correlati con il suo sviluppo digitale: come già presentato nell’edizione della Ricerca dello scorso anno, al crescere del livello di digitalizzazione di un Paese cresce anche il Pil pro capite. Non perdiamo quindi il focus: non si tratta di una gara tra Paesi, bensì si vuole rimarcare l’importanza del digitale come leva per lo sviluppo socio-economico e risollevare il Paese all’uscita da periodo nefasto come quello appena passato.

Come mostrato in Figura 2, i dati aggiornati confermano quanto detto sopra, ribadendo l’urgenza di continuare a investire nell’attuazione dell’Agenda Digitale per far tornare competitivo il nostro Paese.

Figura 2. Confronto tra il PIL pro capite e il DESI riferiti al 2015

Incrociando il DESI, che misura lo sviluppo digitale, con il Pil pro capite, proxy dello sviluppo economico, sono stati identificati 3 cluster di Paesi con differenze di impostazione, comportamento e trend relativamente all’attuazione dell’Agenda Digitale:

  • Digital leaders: sono Paesi caratterizzati da valori superiori alla media europea sugli indicatori in tutte le 5 aree contemplate dal DESI. Essi hanno strategie digitali ben definite, hanno avviato da più tempo programmi di attuazione delle loro Agende Digitali e hanno già ottenuto risultati significativi.
  • Digital newcomers: sono Paesi caratterizzati da valori che oscillano attorno alla media europea sugli indicatori delle 5 aree contemplate dal DESI. Essi hanno una buona copertura strategica ma solo recentemente hanno impostato e stanno perseguendo programmi organici di attuazione della loro Agenda Digitale.
  • Digital beginners: sono Paesi caratterizzati da valori inferiori alla media europea sugli indicatori in tutte le 5 aree contemplate dal DESI. Sono tendenzialmente meno maturi e non hanno ancora ottenuto risultati significativi nell’attuazione della loro Agenda Digitale.

L’Italia figura tra i digital beginners, anche se all’interno del cluster è l’unico Paese ad avere impostato una strategia digitale omni-comprensiva e di medio-lungo periodo e – insieme alla Romania – l’unica ad aver registrato tassi di crescita del DESI significativamente superiori alla media europea in entrambi gli ultimi due anni. Siamo quindi ancora indietro, soprattutto paragonandoci ai Paesi con caratteristiche socio economiche simili alle nostre (Francia, Germania, Polonia, Regno Unito e Spagna), tuttavia sono visibili i primi segnali di ripresa.

Il ritardo a livello nazionale si riflette anche a livello regionale. Le Regioni hanno performance sul DESI in gran parte sotto la media europea: il gap maggiore si registra nell’area relativa alla connettività in cui la Regione italiana peggiore dista dalla media europea circa 18 punti percentuali. L’area integrazione delle tecnologie digitali invece ha 5 Regioni con un valore superiore rispetto alla media europea (quella con la migliore posizione registra un valore di 4 punti percentuali in più). Tutte queste Regioni si trovano nel Nord Italia. Un’analisi relativa alla media italiana conferma la presenza di una differenza ancora presente, anche se oggi meno evidente, tra Nord e Sud del Paese. In tutte le aree del DESI, almeno 5 delle 9 Regioni del Nord si trovano sempre al di sopra della media nazionale. Opposta è la situazione delle Regioni del Sud, in cui 4 Regioni su 6 si trovano sempre al di sotto della media nazionale.

In generale, gli interventi risultano avere un impatto meno incisivo sugli indicatori del DESI relativi all’area integrazione delle tecnologie digitali, ossia sugli indicatori che misurano il livello di digitalizzazione delle nostre imprese. Anche se non contemplati nella strategia nazionale validata dalla Commissione Europa, gli interventi a sostegno della digitalizzazione delle imprese descritti precedentemente potrebbero migliorare la nostra posizione su quest’area.

L’Osservatorio ha inoltre analizzato, per ogni indicatore del DESI, l’attuale valore registrato dall’Italia e i target riportati nella strategia per il 2018 e il 2020. Tali valori sono stati confrontati con quelli raggiunti al 2015 da tutti gli altri Paesi europei, con un’enfasi particolare a quelli simili al nostro (Francia, Germania, Polonia, Regno Unito e Spagna). In alcuni casi, l’Osservatorio propone target più sfidanti (e di conseguenza interventi specifici) in modo da meglio conciliare:

  • adeguatezza dal punto di vista strategico: i valori permettono all’Italia di collocarsi tra i leader nei Paesi a lei simili;
  • fattibilità: la crescita necessaria per raggiungere i target è compatibile con quella registrata da altri Paesi europei dal 2011 al 2015 e tiene conto del trend di miglioramento italiano già in atto.

Un esempio è l’indicatore sulle competenze digitali di base, di cui si propone di rimodulare i valori target (e prevedere un programma di intervento più incisivo) in modo che, passando ad esempio nel 2018 dal 59% al 64% della popolazione con competenze adeguate, definiscono obiettivi che possono consentire all’Italia di uscire dalla posizione di retroguardia attuale.

La rincorsa del bel Paese è appena iniziata e dal nostro punto di vista l’auspicio è che possa diventare più significativa ed efficace. Questo è possibile se si mettono in campo almeno tre elementi che ancora mancano:

  1. un approccio organico di politiche, meccanismi di governance, gestione e accompagnamento dell’attuazione;
  2. degli interventi specifici sul fronte delle competenze digitali e dell’innovazione delle PMI;
  3. un ripensamento delle normative in modo che siano adeguate in modo coerente e omogeneo alle esigenze dello sviluppo digitale, iniziando da quelle in ambito di procurement pubblico.

Elementi che crediamo necessari per progressi concreti e tangibili.

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