Le prospettive

Tensioni Cina-Usa, ecco le opportunità per un’economia digitale europea

L’Unione europea può costituire il ponte tra i due contendenti: essa è pur sempre il primo mercato mondiale. Non ha campioni da difendere, ma è un grande mercato di contenuti, e ha la necessità assoluta di potenziare le infrastrutture e i servizi. Ecco le iniziative e le strategie da sviluppare nel post-covid

Pubblicato il 29 Giu 2020

Mario Dal Co

Economista e manager, già direttore dell’Agenzia per l’innovazione

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L’UNCTAD, la Conferenza delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo, ha recentemente confrontato lo sviluppo intercorso tra la crisi finanziaria del 2008 e il giorno d’oggi, in piena crisi da coronavirus. Il confronto è assai utile per capire che la crisi attuale porterà e ha già portato all’affermarsi di nuovi mercati e di nuove aziende, a fianco dell’approfondirsi della crisi di altre aziende e di altri settori tradizionali. Il grande volano del low cost, in particolare dei viaggi, che ha agevolato la diffusione di strutture e servizi turistici a bassissima produttività, non funzionerà più come prima e questo porterà, tra le altre cose, a una profonda ristrutturazione del turismo.

Ma le infrastrutture e l’accesso alla rete è esploso, nei dodici anni che ci separano dalla precedente crisi finanziaria, e in questo contesto, la competizione tra i due giganti Stati Uniti e Cina, rappresenta una sfida enorme per l’Unione Europea, che pure cerca di dare risposte positive alla crisi.

La Cina e le preoccupazioni dell’occidente

Il quadro di riferimento delle tensioni tra Usa e Cina è caratterizzato dalla volontà americana di resistere all’ascesa della superpotenza cinese, nel momento forse più delicato della leadership del presidente Xi Jinpin e, forse, anche del presidente Donald Trump.

D’altro lato, la legittimazione del potere del Partito Comunista Cinese (PCC) risiede nella straordinaria crescita economica, che ha portato dividendi distribuiti certamente in modo assai ineguale e in assenza di garanzie sui diritti individuali e sui diritti umani delle minoranze, ma talmente elevati da alimentare un consenso popolare privo di alternative.

Ora, dopo l’esplosione dell’epidemia COVID-19, le previsioni di crescita si sono annullate, accentuando una tendenza al “rallentamento che in gran parte può essere attribuito a debolezze strutturali dell’economia cinese, tra cui un debito crescente, investimenti improduttivi, cambiamenti demografici e il rinnovato supporto del governo alle aziende di stato inefficienti.

Tuttavia, le preoccupazioni occidentali, per l’emergente egemonia di Pechino, e in particolare le preoccupazioni americane, non sono state mai così elevate. Secondo il Dipartimento della Giustizia, tra il 2011 e il 2018 il 90% dei casi di spionaggio condotti da Stati erano riconducibili alla Cina, e così i 2/3 dei furti di proprietà intellettuale riferibili al settore privato.[2]

La leadership di Xi Jinping punta a rafforzare la posizione internazionale, economica, militare e tecnologica della Cina, entro un controllo rafforzato del PCC: minoranze, opposizioni e aree che non intendono allinearsi sono considerate avversari pericolosi.

Per accelerare il processo, ha avviato da anni un modello efficace di trasmissione e di interconnessione tra settore civile e militare, come riconosce, non senza preoccupazioni il Congresso americano.[3]

L’epidemia COVID-19 rappresenta un banco di prova di questa strategia. La sua irruzione ha colto di sorpresa le autorità locali della provincia dell’Hubei, fatto grave anche perché a Wuhan, capitale della provincia, esiste l’unico laboratorio biologico di livello 4 della Cina, realizzato con la collaborazione della Francia e dove una ricercatrice di statura internazionale ha sviluppato importanti conoscenze sulle “riserve virali” rappresentate dai pipistrelli e ha sequenziato immediatamente il virus SARS-CoV-2 responsabile dell’epidemia. Il governo centrale ha reagito al ritardo iniziale con misure molto drastiche ed efficaci, bloccando l’epidemia nel paese, con costi molto elevati, ma con l’obiettivo dichiarato di dimostrare al mondo questa capacità di governo: ricordiamo le immagini delle decine di ruspe che spianavano l’area dove in una settimana sarebbero sorti i nuovi ospedali per i malati di coronavirus a Wuhan.

Gli Stati Uniti hanno grossolanamente sottovalutato l’impatto del coronavirus, non solo in termini sanitari, ma anche in termini politici ed economici. Non hanno compreso che la Cina si sarebbe giocata il tutto per tutto sul contenimento, per dimostrare, all’interno del Paese e all’esterno, la presa del Partito sui problemi strategici. Ma non hanno neppure compreso come la Cina intendesse far leva sul lock down interno, per accelerare i processi di digitalizzazione già in pieno sviluppo con l’emergere di giganti tecnologici di primaria rilevanza mondiale e, di fatto, unici competitor dei giganti americani. Con i quali, invece, il presidente Trump continua a  non definire alcun approccio strategico. E’ interessante notare, a tale proposito, che il riferimento per l’accordo Google-Apple per far dialogare i sistemi operativi dei cellulari al fine di riconoscersi via bluetooth, abbia avuto come orizzonte normativo la tutela della privacy definita dall’Unione Europea.

Anche il coronavirus è diventato quindi terreno di competizione tra USA e Cina, dove è la seconda ad avere guadagnato dei margini, anche grazie ad una estensiva adozione di nuove soluzioni ed app dedicate al monitoraggio, tracciamento e controllo.

Come vedremo questo sforzo si è tradotto in un ulteriore salto in avanti dal punto di vista della penetrazione di internet nella vita del quotidiana dei cinesi.

Tecnologia, infrastrutture, deterrenza

L’investimento in infrastrutture, dice uno studio della Banca Mondiale, contribuisce allo sviluppo della produttività e alla crescita economica di un paese, in misura crescente all’aumentare dell’integrazione dei mercati internazionali[4]. L’economia cinese ha sviluppato in maniera sistematica le infrastrutture del Paese. Ha potuto farlo perché non ha trovato ostacoli nei diritti di proprietà delle famiglie o delle imprese, di fatto ancora subordinati alla pianificazione del PCC, e ha voluto farlo attivando il capitale finanziario a disposizione del governo centrale e delle Provincie. Nel settore delle telecomunicazioni e di internet, questo sviluppo è stato prodigioso, accompagnato da una crescita ancor più significativa della capacità tecnologica e della disponibilità ad innovare, alimentata da una popolazione giovane istruita, competitiva, ambiziosa: dal 2008 al 2019 gli utenti di internet sono cresciuti del 300% raggiungendo i 900 milioni di persone.[5]

L’economia basata sulla rete sta cambiando la società cinese, più rapidamente di quanto avvenga in occidente. Tra la popolazione che usa internet: 1 su 3 ordina il cibo on line 1 su 2 acquista on line, 3 su 4 fanno pagamenti on line, 9 su 10 usano lo streaming on line.[6]

La distribuzione percentuale del tempo trascorso in internet, dimostra come l’utente cinese abbia diversificato l’utilizzo dei servizi in rete:

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Questa diversificazione della domanda, pone le basi per una accoglienza estesa dei nuovi servizi 5G.

Il 5G coniuga nuove tecnologie di rete hw e sw ed il suo funzionamento comporta una collaborazione tra soggetti che sviluppano le applicazioni e quelli che sviluppano la nuova rete virtualizzata. Nella diffusione dei servizi internet mobili, dalle piattaforme di comunicazione, all’e-commerce, ai pagamenti, la Cina ha fatto passi avanti imparagonabili: il progetto della One Belt, One Road, la cosiddetta Nuova Via della Seta, funge sia da meccanismo di propulsione dell’attività delle aziende cinesi che operano nelle infrastrutture, di cui il 5G è parte, sia da meccanismo di diffusione dell’influenza politica cinese sui governi e sui paesi coinvolti, sia da iniziativa strategica per la diffusione di “campi base” destinati a diventare gli hub di una rete globale capace di migliorare la conoscenza delle crisi e la capacità di reazione strategica e tattica del governo cinese.

L’inestricabile intreccio tra business e strategia di potenza anche militare, è ben dimostrato dallo sviluppo dei satelliti di nuova generazione Gaofen, dotati di risoluzione a livelli tali da inquadrare oggetti inferiori al metro, e di cui sono previsti oltre 50 lanci. Questa serie è presentata come sinergia tra obiettivi commerciali e militari, e avrà un ruolo anche nello sviluppo del progetto One Belt, One Road. Altri sviluppi delle tecnologie spaziali cinesi prevedono l’installazione di sistemi di intelligenza artificiale sui satelliti di telecomunicazione e telerilevamento, in grado di raccogliere informazioni selezionate e guidate dal processo di apprendimento che guida il sistema.[7] La Cina punta a guadagnare una posizione di eccellenza tecnologica e di primazia competitiva usando la propria capacità di trasferire risorse pubbliche in questo complesso gioco di interazione tra i diversi soggetti; essa mira a disporre di tecnologie avanzate in misura e con capacità tali da rappresentare una formidabile deterrenza nei confronti dei competitori e degli avversari.

Il 5G e la posizione di Huawei

Prima il Regno Unito, poi l’Unione Europea hanno preso decisioni di prudente apertura verso Huawei in materia di reti 5G. Come stanno veramente le cose?

Alla Cina il Regno Unito può confermare che Huawei rimane un “valuable partner” poiché può partecipare alla costruzione del 5G, anche se viene prevista una esclusione dalle aree sensibili, come le basi militari e le aree intorno alle sedi del governo. Questo è anche un riconoscimento che qualche rischio di sicurezza esiste, ed è quindi lasciata aperta agli USA l’interpretazione che, con questo provvedimento, il Regno Unito ne condivide le preoccupazioni.

Ma gli Stati Uniti non erano preparati comunque a questa “mezza apertura” e quindi sono rimasti senza risposta. Il governo britannico cercherà di attivare un processo di certificazione più stringente degli apparati di rete, e richiederà una diversificazione dei fornitori (nessuno deve superare il 35% delle quote di mercato) che assicurerà a Nokia ed Ericsson una continuità di vendite nel Regno Unito. Ma rimane aperto il problema delle pratiche non corrette sul piano della competizione da parte di Huawei, dovute al fatto che essa spiazza i concorrenti praticando dumping avvalendosi del sussidio di cui gode nella madre patria da parte del governo cinese. Per affrontare questo tema, non bastano le risorse del Regno Unito, occorre una iniziativa concordata con l’Unione Europea che contrasti e sanzioni le pratiche anti-concorrenziali su base continentale.

Ma forse il governo britannico, preso dalla Brexit, non si muoverà in modo coordinato con l’Unione, contando anche di non ricevere troppa attenzione dal governo americano. L’altro argomento che attenua le preoccupazioni del governo britannico e dell’Unione con riferimento all’utilizzo delle infrastrutture Huawei, è il progressivo processo di virtualizzazione della rete, che si realizzerà via software nell’ambito del 5G. Virtualizzazione che rappresenta la novità tecnologica più significativa e problematica della nuova rete. Attualmente le imprese americane e giapponesi sono all’avanguardia in questo processo, con la Cina che intende inserirsi in questo segmento del mercato.[8].

Il richiamo di Margrethe Vestager Vice Presidente Esecutivo della Commissione, è indicativo della sostanziale differenza di approccio tra gli USA, la Cina e l’Europa, in materia di 5G:

“Possiamo fare grandi cose con il 5G, la tecnologia consente la personalizzazione delle cure, l’agricoltura di precisione e reti intelligenti in grado di integrare diverse fonti rinnovabili…Ma solo se possiamo rendere sicure le reti”.

Come si vede l’enfasi è tutta sulla sicurezza, non c’è traccia del confronto tra superpotenze. Eppure l’Europa vuole essere superpotenza tecnologica. Ma la domanda è: può esserlo, senza dotarsi delle armi di cyberwar e cyberinformation di cui dispongono gli altri player mondiali?

L’impostazione della Commissione ha portato ad adottare principi analoghi, come dicevamo, a quelli del Regno Unito. Ma con alcuni, non marginali, problemi in più. La sua toolbox, la scatola degli attrezzi elaborata con gli Stati membri, indica la strumentazione necessaria al fine di testare e verificare se danno garanzie di sicurezza le aziende e i prodotti che entrano nel gioco “Lego” della rete 5G. Quella scatola può risultare la migliore del mondo, ma deve essere implementata in modo coordinato ed efficace dagli Stati membri, a cui rimane in capo comunque una responsabilità nazionale per i propri ambiti della sicurezza.

La politica dell’Unione Europea

L’Unione Europea ha sviluppato e pianificato una serie di iniziative sul 5G:

  • settembre 2016: il 5G Action Plan incentiva l’introduzione e la sperimentazione del 5G, che dovrebbe raggiungere 138 città europee entro il 2020;
  • 26 marzo 2019: la Raccomandazione della Commissione perché gli Stati membri intraprendano azioni per la sicurezza delle reti 5G;
  • 9 ottobre 2019: conclusione della valutazione dei rischi da parte degli Stati membri;
  • 21 novembre 2019: ENISA, Agenzia europea per la cybersicurezza, pubblica la elazione sulle minacce riguardanti le reti 5G e la Commissione invita alla cooperazione per evitare la frammentazione del mercato unico e il suo indebolimento di fronte alle minacce;
  • 29 gennaio 2020: viene pubblicato il pacchetto di strumenti per attenuare i rischi;
  • 30 aprile 2020 la Commissione invita gli Stati membri a prendere i primi provvedimenti
  • 30 giugno 2020 la Commissione invita gli Stato membri a pubblicare la relazione sullo stato di attuazione delle misure chiave
  • Ottobre 2020 data limite per la revisione da parte della Commissione delle raccomandazioni adottate nel marzo 2019.

Il lavoro del NIS Cooperation Group ha individuato sei aree di rischio, a cui sono indirizzati gli strumenti per attenuare i rischi a livello europeo.[9]

Aree di rischioCategorie di rischio
Misure di sicurezza insufficientiConfigurazione errata delle reti
Mancanza di controlli degli accessi
Supply chain 5GBassa qualità dei prodotti
Dipendenza da un solo fornitore della rete specifica o mancanza di diversificazione a livello nazionale
Modus operandi dei principali agenti portatori delle minacceInterferenze di Stati attraverso la supply chain
Sfruttamento delle reti 5G da parte del crimine organizzato o da gruppi organizzati diretto contro l’utente finale
Interdipendenza tra 5G e altri sistemi criticiInterruzioni significative di infrastrutture critiche e di servizi essenziali
Caduta massiva delle reti determinata da interruzione della corrente o di altri sistemi di supporto
Device degli utenti finaliSfruttamento di cellulari, IoT o smart device

Mentre la Commissione richiama i Paesi membri ad una estrema attenzione nell’acquisire componenti da imprese che abbiano rapporti di dipendenza dai rispettivi governi esterni all’Unione, essa non vuole indicare che l’oggetto di queste attenzioni è prevalentemente Huawei. Non può farlo perché nello sviluppo delle reti europee Huawei ha già una posizione di rilievo e la sua esclusione, oltre a comportare costi aggiuntivi per gli operatori, finirebbe con rallentare lo sviluppo de 5G europeo, che già appare in affanno, sul piano tecnologico, rispetto a Stati Uniti e Cina.

L’efficace implementazione delle misure previste dalla strategia della Commissione richiede che gli Stati si scambino le informazioni rilevanti e cooperino tra di loro per circoscrivere i rischi che emergono in punti diversificati delle reti europee.

Ma a tale efficace collaborazione si oppongono due potentissime forze. La prima è per così dire inerziale, che consiste nella farraginosità delle burocrazie nazionali e nella loro scarsa attitudine e capacità di collaborare a livello intra-statale, prima ancora che inter-statale, come richiesto dalle direttive dell’Unione. La seconda è invece una forza attiva e suscettibile di imprevedibili recrudescenze, ed è la gelosia e l’orgoglio nazionalistico che priva di qualsiasi efficacia i processi collaborativi necessari a far funzionare il cordone di sicurezza europeo. Se, infatti, politici sovranisti e politici deboli hanno assoluta urgenza di accrescere il loro consenso interno, nulla di più facile si offre loro che ribattere sul tasto della sicurezza nazionale, ingannando l’elettorato facendo credere che essa sia realizzabile in materia di reti su scala domestica.

COVID-19, l’accelerazione dell’economia digitale e il ruolo dell’Europa

Una recente inchiesta internazionale dimostra ancora una volta che la Cina manifesta un particolare dinamismo nel comportamento degli utenti di internet, anche nella fase della pandemia. A livello mondiale si assiste in generale ad un aumento della domanda di servizi on line, ma mentre questo aumento è contenuto negli Stati Uniti e soprattutto in Germania, dove l’impatto dell’epidemia al momento della rilevazione non era  significativo.

Il nostro Paese, tra i primi ad essere colpiti e gravemente dalla pandemia manifesta tendenze ad un maggior ricorso ai servizi on line simili a quelle rilevate nella media mondiale, salvo per alcune voci, prevalentemente legate alle notizie dei media, o dei social networks, dove si è manifestato un maggiore ricorso rispetto alla media, segno dell’attenzione e della domanda di risposte alle incertezze e alle paure del momento.

In Cina,  la maggiore domanda nei servizi si esprime più ancora che nell’accesso all’informazione, forse considerata poco attendibile in quanto controllata dal regime, nei servizi di streaming audio, nei messaggi privati e negli audiolibri: strumenti di intrattenimento, ma anche di crescita culturale.

Vediamo il confronto proposto dall’UNCTAD:

  1. durante la crisi finanziaria  del 2008 apparvero i primi smart-phone, che oggi sono 3,2 miliardi;
  2. gli utenti internet sono passati da 1,6 a 4,1 miliardi, con una penetrazione di internet dal 23% al 54%;
  3. gli utenti di Facebook sono passati da 100 milioni a 2,4 miliardi;
  4. gli acquirenti on line sono più che raddoppiati e  il valore dell’e-commerce B2C è passato da 1 a 3,8 miliardi di dollari;
  5. il traffico internet è salito da 4.000 Giga al secondo a 100.000;
  6. il valore di mercato  complessivo di Amazon, Apple, Facebook, Google e Microsoft che era 500 milioni di dollari nel 2008 è salito, prima dell’epidemia a 7,5 miliardi.

All’enorme rafforzamento delle aziende americane corrisponde, in Cina, una crescita altrettanto formidabile dei campioni dell’internet cinese: Alibaba, Baidu, WeChat, Tencent, Huawei, per ricordare le maggiori.

Alibaba ha messo a disposizione le capacità computazionali di cui disponi in area intelligenza artificiale, per la ricerca sanitaria, mentre Baidu ha offerto il suo cloud per la ricerca scientifica sulla genetica per tutte le istituzioni di ricerca mondiali.

La grande muraglia con cui il Governo cinese separa e censura internet, ha creato discontinuità nel processo competitivo mondiale, discontinuità che penalizzano le major americane per motivi di controllo sui contenuti, impedendo loro di accedere al mercato cinese. Solo recentemente gli Stati Uniti hanno cominciato da elevare barriere difensive nei confronti di Huawei, nell’ambito dello sviluppo 5G.

Questo confronto ha una portata enorme: la capacità di affrontarlo può liberare risorse per lo sviluppo mondiale, di cui dopo l’epidemia c’è assoluto bisogno. Ma è un confronto che necessariamente deve vedere la Cina sedersi intorno ad un tavolo con le democrazie occidentali, se si vuole aprire il mercato dei contenuti digitali, degli scambi, della comunicazione, oggi tarpato dalle censure dei regimi autoritari.

Bisogna ritrovare la strada dell’internet mondiale, superando il tentativo di segmentarlo in domini separati, nella ristretta logica delle sovranità.

L’Unione Europea può costituire il ponte tra i due contendenti: essa è pur sempre il primo mercato mondiale. Non ha campioni da difendere, ma è grande mercato di contenuti, e la necessità assoluta di potenziare le infrastrutture e i servizi. La Commissione dovrebbe sviluppare le nuove iniziative lanciate dopo la crisi COVID-19:

  • Data, artificial intelligence and supercomputers;
  • Telecommunications, networks and connectivity;
  • Online platforms and disinformation;
  • Skills, collaborative working and creativity;
  • Cybersecurity, trust and safety on line.

Queste nuove iniziative dovranno però essere sviluppate non solo come programmi interni all’Unione, ma come piattaforme di confronto dell’Europa con i due contendenti Cina e USA, nella consapevolezza che il mercato dell’Unione, per la sua dimensione, può essere un’arma di pressione su entrambi e può offrire un nuovo terreno di crescita dell’economia nella difficile fase della fuoriuscita dall’emergenza, riducendo le segmentazioni e le barriere internazionali che, soprattutto nel mondo internet, potrebbero frenare la ripresa.

  1. U.S.-China Economic and Security Commission, 2019 Report to Congress, https://www.uscc.gov, pag 29 (traduzione dello scrivente-t.s.)
  2. Ivi p. 106.
  3. Ivi, p. 205.
  4. Xubei Luo Xuejiao Xu, Infrastructure, Value Chains, and Economic Upgrades Poverty and Equity Global Practice World bank Group, Policy Research Working Paper 8547, August 2018
  5. China Internet Watch/Statistics/Statistics: China internet users, https://www.chinainternetwatch.com/statistics/china-internet-users/
  6. Fu Yingwei, CNNIC Reveals the Internet Development in China in the 44th Report, Equalocean, Sep. 15 2019.
  7. E. Kania, China’s Strategic Situational Awareness Capabilities, On The Radar, July 29, 2019.
  8. J. A. Lewis, What did the United Kingdom Just Decide on Huawei and 5G?, Center for Startegic and International Studies, January 28, 2020.
  9. NIS Cooperation Group, EU coordinated risk assessment of the cybersecurity of 5G networks. Report, 9 October 2019 (traduzione dello scrivente).

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