I dati di preconsuntivo 2022 di TIM e le linee guida del prossimo piano triennale (2023-2025) rappresentano una cartina di tornasole dello stato di salute del comparto delle telecomunicazioni in Italia e uno specchio delle trasformazioni in atto.
Se fino a qualche anno fa valeva la dicotomia tra le performance dell’operatore storico (Telecom Italia) e quelle degli operatori alternativi, che conquistavano progressivamente le quote di mercato, negli ultimi anni su molti aspetti prevale un consenso di “industry”, a cominciare dalla difesa della redditività.
Futuro della rete: ecco le scelte di politica industriale più urgenti
Il superamento degli obiettivi 2022
La prima ambizione degli operatori “incumbent” è sempre stata quella di “ricominciare a crescere”, visto che sono la vittima sacrificale dei processi di liberalizzazione, che hanno garantito un duplice beneficio ai consumatori, in particolare in Italia: da un lato la continua crescita delle prestazioni e, dall’altro, una progressiva riduzione della spesa. Se non si può crescere, l’obiettivo diventa quello di rallentare la riduzione dei ricavi e di difendere i margini, all’interno di piani industriali che promettono un progressivo ritorno alla crescita. Tuttavia, come ricordava l’Amministratore Delegato di TIM in un recente convegno, nell’ultimo decennio, nella maggior parte dei casi i piani non hanno mantenuto le promesse già al primo anno e sostanzialmente mai al secondo.
Fig. 1 – Risultati di gruppo TIM (organici) 2021-2022
La prima notizia è, di conseguenza, il raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2022, che erano stati in parte rivisti a rialzo a metà anno. I ricavi complessivi a livello di gruppo sono stati nel 2022 pari a 15,8 miliardi euro, in calo dello 0,3% rispetto al 2021, ma quelli da servizi crescono dell’1,3%, contro una previsione di leggera decrescita. Allo stesso tempo, l’EBITDA (Earnings Before Interests Taxes Depreciation and Amortization) di gruppo è pari a 6 miliardi di euro, in calo del 6,7%, ma migliore rispetto alle aspettative. Gli investimenti sono di 4 miliardi di euro, leggermente sotto alle previsioni.
Tutto bene quindi?
A maggior ragione in vista delle future operazioni societarie, i risultati vanno distinti tra il mercato domestico (che include però anche le attività internazionali di Sparkle) e quello internazionale. Il mercato domestico rappresenta circa i ¾ dei ricavi totali, ma solo meno del 70% dell’EBITDA (73% After Lease), mentre gli investimenti domestici sono il 79% del totale.
Mentre i ricavi domestici sono scesi del 5,5% nell’ultimo anno, quelli in Brasile sono cresciuti del 19,2%. Allo stesso tempo, l’EBITDA è sceso del 14,3% sul mercato domestico ed è salito del 16,4% in Brasile. Da ricordare come il mercato brasiliano abbia avviato un processo di consolidamento attorno tre operatori, dopo la cessione degli asset dell’operatore Oi. Di fatto, alla performance organica si aggiunge il contributo di Oi.
Sul fronte del contenimento dei costi si registra il raggiungimento del 112% del target.
Riguardo all’annoso problema del debito, l’indebitamento finanziario netto after lease è cresciuto di 2,4 miliardi di euro, ma esclusivamente per effetto delle partite straordinarie (pagamento dello spettro 5G e degli asset di Oi in Brasile, in parte mitigate dalla cessione della quota indiretta di INWIT). In definitiva, l’indebitamento finanziario netto rettificato ha raggiunto 25,4 miliardi di euro (+3,1 miliardi rispetto al 2021). L’Equity free cash flow è sostanzialmente nullo.
Guardando al fatidico secondo anno, l’ottimismo nasce dalla dinamica dell’ultimo trimestre 2022, in crescita (su base organica) del 3,3% per i ricavi e del 2,7% per l’EBITDA (-1,3% After Lease). Nell’ultimo trimestre del 2022 i ricavi del mercato domestico sono scesi dell’1,6% e l’EBITDA del 4,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Le performance delle potenziali società operative
Sempre in vista delle future operazioni societarie va dato uno sguardo a quanto accade all’interno del mercato domestico.
La situazione più delicata rimane quella di TIM Consumer, con ricavi in calo del 9% nell’ultimo anno e un posizionamento sempre più premium (“volume to value”), con volumi in calo anche se il churn si riduce. Sul versante dei prezzi, si segnala il re-pricing selettivo della customer base e il meccanismo di adeguamento all’inflazione del canone mensile (a partire dal 2024).
Le performance di TIM Enterprise sono invece superiori a quella del mercato e una crescita largamente positiva e pari all’8% (11% per la componenti dei servizi). La spinta alla crescita viene in particolare dai servizi Cloud e di Sicurezza, che sono cresciuti, rispettivamente, del 54% e del 41%. Complessivamente, i servizi ICT rappresentano ormai il 58% del totale dei ricavi. Le prospettive appaiono molto positive anche in prospettiva, in particolare grazie alla spinta del PNRR e alle gare vinte da TIM.
La componente NetCo presenta un decremento del 4% nell’ultimo anno, ma principalmente per effetto di transazioni one-off contabilizzate nel primo semestre. NetCo gestice circa 16,0 milioni di accessi fissi (l’80% circa del mercato), di cui oltre il 70% FTTx e le Unità Immobiliari Tecniche raggiunte dalla fibra (FTTH) sono 7,7 milioni.
Il ruolo della politica industriale
All’interno della presentazione di TIM compaiono anche una serie di elementi di sistema, che rispecchiano alcuni provvedimenti in discussione per sostenere l’Industry delle telecomunicazioni e che possono avere un impatto concreto già nel breve e medio periodo.
Il primo aspetto riguarda la riduzione dell’IVA, che può portare effetti positivi sulla spesa dei clienti finali, con ricadute positive, dirette e indirette sugli operatori. Un secondo aspetto è relativo ai benefici fiscali per i consumi energetici, visto che il comparto è di fatto “energivoro”. Anche in questo caso, l’adeguamento dei prezzi in funzione del Prezzo Unico Nazionale (PUN) può portare a benefici, sia a livello wholesale che retail. Il tema della riduzione dei limiti elettromagnetici (in linea con i principali Paesi europei) è un classico tormentone delle telecomunicazioni mobili nazionali, ma potrebbe essere la volta buona, con effettive economie per il completamento della copertura 5G. L’esito del dibattito a livello comunitario sull’applicazione del fair share agli Over The Top ha un potenziale impatto di medio-lungo periodo, ma di entità tutta da scoprire e, verosimilmente, abbastanza marginale.
Infine, l’aspetto probabilmente più significativo riguarda la dinamica dei prezzi. Per quanto concerne i servizi all’ingrosso, un passaggio chiave è rappresentato dall’approvazione delle nuove condizioni da parte dell’Autorità di settore (AGCom), che potranno avere un’ulteriore evoluzione in funzione dell’assetto che prenderà NetCo (operatore non più verticalmente integrato). Sul versante dei servizi al dettaglio, gli operatori italiani (non tutti) hanno intrapreso la strada ormai diffusa in altri Paesi e settori, vale a dire l’indicizzazione dei prezzi dei servizi all’andamento dell’inflazione. TIM ha annunciato che, a partire dal primo aprile 2024 le offerte di rete fissa e mobile “potranno prevedere l’adeguamento annuale dei prezzi all’andamento dell’inflazione, incrementato di un coefficiente di maggiorazione predeterminato”. Nella pratica significa che oltre all’adeguamento all’inflazione si aggiungerà un coefficiente pari al 3,5%. Per un settore storicamente deflazionistico rappresenta ovviamente una discontinuità rilevante.
Su entrambi gli aspetti, le istituzioni sono chiamate a prendere posizione.
In attesa del prossimo CdA
A questo punto aumentano le aspettative per la chiusura della prima fase della trasformazione societaria e, segnatamente, la risposta alla proposta ricevuta da KKR per la partecipazione in una società della rete (fissa) che incorpora anche le attività di FiberCop e Sparkle, ovvero alle alternative che si stanno concretizzando a guida CDP.
Tra qualche giorno l’esito.