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Tlc, l’ora delle grandi scelte: ecco lo scenario 2024



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Il 2023 è stato un anno importante per la creazione delle infrastrutture abilitanti per supportare il processo di trasformazione digitale dell’economia nazionale. Facciamo il punto su quanto è stato fatto e sui temi che saranno al centro dell’attenzione nel 2024

Pubblicato il 2 gen 2024



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Il 2023 verrà sicuramente ricordato come l’anno della finalizzazione dell’accordo per la creazione della società della rete che raggruppa le infrastrutture di accesso della rete fissa TIM, dopo un’attesa di quasi 10 anni. È stato comunque, nell’insieme, un anno importante per la creazione delle infrastrutture abilitanti per supportare il processo di trasformazione digitale dell’economia nazionale.

Dal lato dei piani pubblici, si attende pazientemente il completamento del Piano Aree Bianche avviato nel 2017, mentre sono in corso i lavori per il Piano 1G sulla rete fissa e quello 5G sulla rete mobile. Gli investimenti privati sono proseguiti, ma si conferma l’interesse per un consolidamento delle infrastrutture ed è previsto anche l’avvio di un processo di consolidamento societario nel 2024.

Il 2023 sarà anche l’anno dell’agognato innalzamento dei limiti elettromagnetici a 15 V/m rispetto alla precedente soglia di 6 V/m, per favorire lo sviluppo dei servizi digitali.

La chiusura dell’anno è un’ottima occasione per ricostruire un quadro di insieme e identificare i temi che saranno al centro dell’attenzione nel 2024.

Il Piano 1 Giga

Il Piano Italia 1 Giga ha l’ambizione, con le risorse del PNRR, di completare entro il 2026 la copertura del Paese con servizi in linea con gli obiettivi della Gigabit Society e del Digital Compass europeo, attraverso infrastrutture che garantiscono una connettività pari ad almeno 1 Gbit/s in download e 200 Mbit/s in upload. Rispetto alle risorse di 3,8 miliardi di euro, i 15 lotti dei bandi sono stati aggiudicati nella prima parte del 2022 per 3,4 miliardi di euro. 8 lotti sono stati aggiudicati a Open Fiber (oltre 1,8 miliardi di euro) e 7 lotti a TIM (oltre 1,6 miliardi euro), con l’avvio dei lavori che è avvenuto nella seconda parte del 2022. Gli aggiudicatari prevedono di investire 1,5 miliardi di euro per la realizzazione del Piano.

Secondo le dichiarazioni del Sottosegretario Butti, al 31 ottobre 2023 era stati collegati il 9% dei civici (307 mila), rispetto al 15% previsto dal bando per giugno 2023 e il 25% di fine 2023.

Sono in molti a dubitare dell’effettiva possibilità di completare i lavori entro il 2026, nonostante un meccanismo di penalizzazione molto stringente (anche se gli eventuali ritardi possono essere recuperati entro due milestone) e la definizione di nuove misure per la semplificazione nell’interazione con le amministrazioni pubbliche e la promozione di un più efficiente incontro tra domanda e offerta di lavoro. Il Governo fa comunque parte degli ottimisti e conferma la scadenza di fine giugno 2026.

Entro giugno sono state completate le attività di walk-in che hanno portato alla conclusione che rispetto ai 6,7 milioni di civici ipotizzati nei bandi, ne sono stati rilevati solo 3,4 milioni (!), a dimostrazione di una carenza ancora macroscopica nelle basi dati utilizzate per pianificare gli interventi. Ci si potrebbe interrogare sull’impatto di questo dato sul finanziamento pubblico, ma la tesi ad oggi prevalente, meritevole di approfondimento, è quella che sostiene che l’estensione della rete da realizzare rimane confrontabile a quella iniziale.

Il Piano 5G

Anche il Piano 5G rientra nella Strategia italiana per la Banda Ultra Larga con l’obiettivo di incentivare la diffusione delle reti mobili 5G e consentire un salto di qualità anche nella connettività radiomobile, al fine di garantire velocità di almeno 150 Mbit/s in download e 30 Mbit/s in upload. I due bandi previsti (per i rilegamenti in fibra ottica dei siti radiomobili esistenti e per la realizzazione di nuove infrastrutture mobili) sono stati aggiudicati nel 2022 e sono stati avviati i lavori nello stesso anno, con l’obiettivo di completare i lavori entro il 2026. Le risorse pubbliche impiegate sono pari a oltre 1 miliardo di euro e il primo bando è stato aggiudicato a TIM (725 milioni euro), mentre il secondo è stato aggiudicato al raggruppamento temporaneo che comprende TIM, Inwit e Vodafone (346 milioni di euro).

Rispetto ai circa 11.000 rilegamenti previsti e alle nuove 1.000 stazioni radio base, la situazione di fine ottobre vedeva 1.472 stazioni radiobase già collegate in fibra ottica (di cui 70 attivate). Il bando prevedeva il rilegamento del 10% dei siti entro giugno e del 35% entro dicembre 2023.

In questo caso, non ci sono molti dubbi sul rispetto della scadenza del 2026, anche per quanto riguarda la copertura a un minimo di 12.600km di strade e corridoi suburbani e un minimo di 1.400 km2 di aree a fallimento di mercato. Una preoccupazione più generale rimane quella dell’ostilità di alcune amministrazioni locali nell’autorizzazione la realizzazione delle infrastrutture radiomobili.

Il Piano Aree Bianche

La croce della strategia sulla Banda Ultra Larga rimane il Piano Aree Bianche, che doveva intervenire per portare la connettività a banda ultra larga a 9,6 milioni di unità immobiliari nelle aree più remote del Paese e che viaggio ormai con oltre 3 anni di ritardo. A differenza dei piani più recenti, vale la pena di ricordare che in questo caso il concessionario (Open Fiber) realizza e gestisce un’infrastruttura che rimane di proprietà pubblica. L’impegno del concessionario era di realizzare infrastrutture per abilitare servizi over 100 Mbit/s per l’83% delle unità immobiliari (di fatto FTTH) e over 30 Mbit/s (FWA) per il rimanente 17%. L’aggiudicazione è avvenuta per 1,6 miliardi di euro, rispetto ad una base d’asta di 2,8 miliardi.

Secondo l’ultimo dato disponibile (ottobre 2023), rispetto ai 6.703 comuni oggetto dell’intervento e gli 11.604 progetti previsti, i comuni con progetti FTTH approvati sono finalmente la quasi totalità (6.058), mentre dei 7.117 comuni che richiedono progetti FWA ne mancano ancora 285. Sulla base dell’avanzamento rilevato dalla stazione appaltante sono state contestate penali per oltre 52 milioni di euro. Le motivazioni dei ritardi sono molteplici, ma l’ultimo elenco evidenzia le seguenti criticità: blocco dei cantieri e misure di contenimento a causa della pandemia; incrementi dei costi dovuti a dinamiche inflazionistiche innescate dalla pandemia, dal conflitto in Ucraina e aumento della infrastruttura da realizzare per l’incompletezza dei dati di gara; incompletezza ed erroneità dei dati posti a base di gara e tempi di rilascio dei titoli autorizzativi. Di fatto, il punto relativo alle penali e alla eventuale revisione delle condizioni economiche rimane un tema di potenziale tensione.

A fine ottobre i servizi erano disponibili in 5.716 comuni con 5,8 milioni di unità immobiliari commercializzabili (di cui il 70% FTTH), ma i servizi attivati erano ancora solamente 215.132 (per 345.295 ordini, di cui 34.490 in lavorazione). Secondo il concessionario, al 30 novembre erano stati realizzati 73.263 km di rete, pari all’81% del totale, con oltre 16.000 km realizzati nel 2023. L’obiettivo è di completare i lavori nel corso del 2024, secondo quanto condiviso nel 2022, ma è ragionevole ipotizzare un ulteriore slittamento nel 2025.

Nonostante i 236 operatori che hanno siglato un accordo per l’attivazione dei servizi è chiaro come il take-up dei servizi rimanga lo scoglio principale da superare e richiede di creare le condizioni per la valorizzazione di un asset pubblico rilevante.

Scuole e Sanità connesse

Sono proseguiti nel 2023 gli importanti interventi per collegare edifici scolastici e strutture sanitari con connettività a 1 Gbit/s simmetrico, sempre nell’ambito del PNRR e con l’obiettivo di completare le realizzazioni entro il 2026 (in questo caso senza cronoprogramma stringente). Rispetto ai 9.000 edifici scolastici da connettere a fine ottobre i lavori erano stati completati in 2.359 edifici, mentre per quanto riguarda le 8.700 strutture sanitarie i cantieri sono in corso per oltre 1.300 strutture. Gli investimenti pubblici sono pari a circa 0,5 miliardi di euro, che sono stati aggiudicati a Fastweb, TIM, Vodafone e Intred.

Il piano Isole Minori è meno rilevante dal punto di vista economico (circa 46 milioni di euro), ma consentirà di collegare in fibra ottica, entro il 2024, 21 isole minori.

L’anno della NetCo

Fino all’ultimo erano in pochi a credere, o tifare, per il completamento della transazione sulla rete di accesso fissa di TIM, ma il 16 ottobre 2023 TIM ha comunicato di aver ricevuto da KKR un’offerta vincolante su NetCo, relativa alle attività di rete fissa di TIM, inclusa FiberCop (complessivamente 22 miliardi di euro secondo il Financial Times). Il 5 novembre il CdA di TIM ha approvato la cessione (che prevede un Earn Out nel caso di futura integrazione con Open Fiber), decisione però contestata da Vivendi, principale azionista di TIM. Il closing dell’operazione è previsto nel 2024. Riguardo invece a Sparkle (che possiede cavi sottomarini strategici) le trattative sono invece tuttora in corso ed è attesa un’offerta vincolante all’inizio del 2024. Nel disegno strategico NetCo diventa un polo di infrastrutture e tecnologie di rete in fibra a disposizione di tutto il mercato e con una presenza capillare, con l’obiettivo di accelerare ulteriormente lo sviluppo della rete in fibra, beneficiando dei tempi di ritorno dei mercati infrastrutturali.

In Italia rimangono numerosi i detrattori e sono state espresse preoccupazioni per l’impatto occupazionale e il futuro delle singole società, ma dopo anni di strategie che non hanno portato a risultati tangibili, il nuovo piano rappresenta un’oggettiva discontinuità che viene valutata positivamente anche dalle principali agenzie di rating. Il contesto italiano rimane un unicum che richiede di essere indirizzato con un percorso originale e non esistono, sfortunatamente, esperienze veramente comparabili in tale senso.

L’operazione NetCo è in realtà un punto di passaggio verso il riassetto complessivo di TIM focalizzato sulla la rete fissa, primaria e secondaria, nonché le attività wholesale domestiche. La ServiceCo include invece TIM Enterprise, TIM Consumer e TIM Brasil, che diventano attori di futuri processi di consolidamento. Un processo ormai improrogabile in tutta Europa.

Se TIM riflette sul proprio futuro anche Cassa Depositi e Prestiti, presente sia in Open Fiber (con una quota del 60% attraverso CDP Equity) che TIM, deve trovare un assetto stabile della partecipazione dello Stato nel settore delle telecomunicazioni. L’incastro dei diversi lego del nuovo assetto sarà al centro delle operazioni dei prossimi mesi, che comprendono anche Sparkle, ma l’eventuale integrazione con TIM richiederà più tempo.

La rinuncia al co-investimento

L’anno si chiude anche con la rinuncia (sempre il 15 dicembre) al progetto di co-investimento presentata da TIM nel 2021, e successivamente aggiornata, per cogliere l’opportunità fornita dal Nuovo Codice delle Comunicazioni Elettroniche Europeo.

L’atto formale è stata la decisione di TIM di ritirare la proposta a seguito dei rilievi fatti dall’AGCom (l’Autorità di settore), con particolare riguardo all’indicizzazione delle condizioni economiche.

In realtà, la nascita di un operatore wholesale only (NetCo) non più verticalmente integrato (all’interno di TIM) fa di fatto venire meno l’interesse di TIM per gli eventi benefici regolamentari e dimostra la debolezza di un modello di condivisione del rischio di realizzazione della nuova rete in fibra ottica che era essenzialmente un impegno commerciale a utilizzare la nuova rete.

L’illusione del fair share

Nel 2023 si è discusso in sede europea sulla possibilità di introdurre un meccanismo di condivisione degli investimenti nelle reti di telecomunicazione da parte dei grandi attori dell’economia digitale, vale a dire gli Over The Top, come Meta, Apple, Google, Microsoft, Netflix. Anche seguito degli esiti della consultazione pubblica di inizio anno è diventato sempre più chiaro la velleità dell’iniziativa, che sollevava numerosi perplessità di carattere regolamentare, ma anche operative. Il Commissario Breton ha raddrizzato il tiro verso un futuro Digital Networks Act e forse è bene quel che finisce bene. Vedremo nei prossimi anni.

Verso lo switch-off

Nel corso del 2023 si è finalmente fatto cenno al tema dello switch-off della rete in rame, anche se ancora molto sottotraccia. Rispetto all’esperienza televisiva questo switch-off condivide il tema degli interventi (ed i relativi incentivi) presso gli utenti finali, ma la complessità e l’onerosità degli interventi infrastrutturali rimangono di un altro ordine di grandezza. Se però è vero che entro il 2026 (con ragionevoli ritardi) la copertura delle reti ad alta velocità (fino al Gbit/s) sarà completa il tema diventa sicuramente urgente, anche solo per valorizzare gli imponenti investimenti in corso di realizzazione. A questo proposito è utile ricordare l’esperienza in corso in Francia, Paese nel quale ci sono voluti diversi anni per definire un percorso che copre un orizzonte temporale di un decennio. In questo senso, il piano di decommissioning di TIM, che prevede la riduzione del numero di centrali, è solo propedeutico, ma non indirizza il cuore del problema.

Oltre al completamento delle infrastrutture è necessario garantire delle finestre temporali congrue per l’adeguamento da parte di tutti gli operatori e in particolare un periodo di end of service commerciale e, successivamente, un end of service tecnologico. Si può immaginare un piano accelerato su un periodo più breve, ma diventa urgente un tavolo di concertazione per definire obiettivi, modalità e tempi.

L’anno che verrà

Guardando al futuro prossimo si può cercare di definire un’agenda di massima per l’anno che verrà, riassumibile nei seguenti temi:

  • Il closing dell’operazione NetCo. Il closing dovrà comprendere anche la componente Sparkle, con la definizione di un assetto definitivo dello Stato nel comparto delle telecomunicazioni. Si continuerà anche a parlare di un possibile e necessario (almeno in parte) processo di integrazione con Open Fiber, ma l’agenda sarà verosimilmente quella degli anni successivi;
  • La realizzazione dei piani pubblici. Il 2024 sarà l’anno della verità riguardo all’effettiva capacità degli attori in campo di completare i piani entro giugno 2026 come ci chiede l’Europa. Entro fine anno si arriverà alla quinta milestone e sarà chiaro se gli operatori saranno stati in grado di recuperare il ritardo finora accumulato, senza incappare nelle pesanti penali. Allo stesso tempo, dovrebbe finalmente avvicinarsi il completamento del Piano Aree Bianche nato nello scorso decennio;
  • Consolidamento settoriale. Il tema non è strettamente, o solamente, infrastrutturale, ma i tempi sono maturi per ulteriori consolidamenti societari anche in Italia, a cominciare dal futuro di Vodafone;
  • Mercato retail. Il futuro delle infrastrutture influenza, ma è anche condizionato dagli scenari sul mercato retail.A seguito dell’intervento dell’AGCom, l’indicizzazione dei prezzi annunciata sarà verosimilmente calmierata, ma sarà interessante vedere la reazione del mercato. Con il dispiegamento delle reti 5G Stand Alone si potrà, inoltre, apprezzare il pieno potenziale dei servizi innovativi mobili;
  • Europa. Il 2024 sarà un anno elettorale e di transizione, che porrà le basi per il futuro assetto regolamentare e per dare nuovo impulso al comparto.

In sintesi, il 2024 dovrebbe essere un anno in cui potrebbe prevalere l’execution, rispetto a grandi pensieri strategici. Benvenuto 2024!

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