nuovo governo

Tlc, si riapre il dossier rete unica: 5 equivoci da smontare

Con il nuovo governo è destinato a riaccendersi il dibattito sul progetto che vede in ballo Tim e Open Fiber. Ma perché è tanto problematico realizzare una strategia del genere? Sgombriamo il campo da gioco su cui si sta disputando la partita a cominciare da errate interpretazioni (anche mainstream)

Pubblicato il 24 Set 2019

Roberto Opilio

Telecommunications Senior Business Advisor, Regional Senior Advisor del Cebf per Italia e Sud Europa

voucher banda larga pmi

Il tema della rete unica di telecomunicazione, strategica per le infrastrutture digitali del Paese, ha un interesse ciclico che appare e scompare nel dibattito pubblico da oltre un decennio. Ovviamente ciò avviene nelle forme e nei modelli più diversi e con attori che propongono soluzioni alternative sempre rivolte al “bene del paese” ma in cui è difficile orientarsi e distinguere quest’ultimo da quello, peraltro legittimo, dei diversi soggetti interessati.

È quindi facile pronosticare che il tema tornerà alla ribalta e ad interessare gli addetti ai lavori del mondo delle telecomunicazioni, mondo peraltro sempre molto ristretto, visto che è finita la pausa estiva e sono praticamente archiviate le vicende del nuovo governo.

Vorrei partire a riprendere il tema provando a rispondere ad una domanda che tante volte ho dovuto affrontare nella mia vita professionale: perché è così difficile fare una rete unica e perché in tanti anni non si è risolto il problema? La risposta è molto semplice: perché è difficile dal punto di vista tecnico e di modello di business oltre che da quello politico.

Vorrei cominciare con una premessa per affrontare il tema.

Infrastrutture digitali, le 3 parti della rete Tlc

Innanzitutto, definiamo come è composta, in modo estremamente semplificato, una rete di telecomunicazioni dal punto di vista tecnico.

Ci sono 3 componenti principali:

la rete core ossia ‘il cervello’ della rete. Per fare un paragone con il corpo umano è il sistema nervoso centrale (il cervello). Nella rete core avvengono tutte le elaborazioni e definiti i servizi per i clienti finali. Vi risiede insomma l’intelligenza.

la rete di aggregazione e trasporto ossia il sistema nervoso periferico che porta gli impulsi dai 5 sensi umani al cervello. Questa componente di rete è essenzialmente stupida in quanto dedicata esclusivamente al trasporto dei bit (dall’accesso al core).

la rete di accesso che equivale ai 5 sensi umani (tatto, olfatto ecc.) e si divide in fisso e mobile con tutte le relative sotto declinazioni (es fixed wireless access FWA o wireless to the home WTTX, soluzioni ibride fisso mobile ecc.). È certamente la parte più capillare della rete e quella che richiede più investimenti.

Effettuata la premessa mi piacerebbe iniziare a sgombrare il campo da diversi equivoci che ci sono sul tema.

Rete unica, ecco il primo equivoco in campo

Il primo equivoco da smontare è relativo al fatto che quando si parla di rete unica in realtà ci si riferisce esclusivamente all’accesso fisso in quanto tutte le altre parti della rete sono di proprietà dei diversi operatori di telecomunicazione che sono centinaia, per cui solo immaginare una rete unica di tutte le componenti è una scelleratezza non pensata in nessuna parte al mondo e totalmente irrealizzabile. Dico questo perché ho sentito più volte da personaggi politici anche di altissimo livello dire che la rete unica è indispensabile per motivi di sicurezza dei nostri dati. Il tema della sicurezza NON si risolve con la rete fissa unica in accesso ma in modi completamente differenti.

Inoltre anche la rete di accesso mobile è da escludere dal ragionamento di rete unica in quanto esistono già a livello Italia almeno 4 reti infrastrutturali ben distinte (TIM Vodafone Wind3 e Iliad) ed anche per quanto riguarda il 5G , dove si studiano forme di sinergia dell’infrastruttura sia attiva che passiva (i tralicci che sempre più vengono conferiti a società ad hoc tipo Inwit o Cellnex), la copertura e la velocità in termini di bit rate sono ancora elementi competitivi tra gli operatori (basta vedere l’enfasi con cui vengono pubblicizzate le prestazioni di rete e come queste siano strettamente correlati ai prezzi di vendita dei singoli operatori).

Nell’accesso mobile al più si svilupperanno forme più spinte di condivisione della rete a livello microcellulare dove nel futuro si prevedono centinaia di migliaia di antenne (futuro per la verità molto lontano nel tempo) ma gli attori in questa partita saranno molti (towerco, operatori, municipalizzate, infrastrutturale tipo Open Fiber) in quanto ognuno con asset specifici da valorizzare in questa competizione.

Secondo equivoco: le reti di accesso fisso

Il secondo equivoco da smontare è che in Italia esistano solo 2 reti di accesso fisso, quella di Telecom Italia e quella di Open Fiber, per cui basta unire queste 2 reti per avere una rete unica. Non è vero. In Italia esistono decine di operatori, nazionali (Fastweb e Vodafone) regionali e locali che hanno una rete di accesso fisso, prevalentemente in fibra ottica, e che continuano tranquillamente il loro sviluppo anno dopo anno.

Basta prendere gli operatori che hanno risposto alla consultazione Infratel sulle aree grigie e nere per rendersene conto.

Inoltre, tutti gli addetti ai lavori sanno che non tutti i piccoli operatori rispondono alle consultazioni Infratel (es Linkem che tanto piccolo non è) per cui quel numero è anche sottostimato. Non è infrequente che anche nelle aree bianche Open Fiber trovi, nella realizzazione della rete, qualche piccolo operatore locale che ha costruito infrastruttura in fibra in qualche area industriale piuttosto che residenziale e non è stato censito (anche se correttamente invitato alla consultazione) da parte di Infratel.

Terzo equivoco: non c’è solo l’Ftth

Il terzo equivoco da smontare è che rete di accesso fisso voglia dire solo Fiber to the home (FTTH). Non è così. Basta vedere l’osservatorio delle telecomunicazioni pubblicato trimestralmente da parte della autorità per le telecomunicazioni (Agcom) per rendersi conto che nella rete di accesso fisso esistono una pletora di tecnologie di nuova generazione (FTTC fiber to the cab – la più diffusa attualmente, FWA di origine fissa con oltre 1 milione di clienti ed in crescita, WTTX di origine mobile basata sul 4G e presto sul 5G, oltre ad altre minori tipo il bonding basato sul rame o soluzioni ibride).

Quindi la situazione è ancora più complessa ed anche la rapida convergenza tra fisso e mobile in termini complica ulteriormente il quadro.

Quarto equivoco: il nodo aree bianche

Il quarto equivoco da sfatare riguarda il tema della proprietà della rete nelle aree bianche (e nelle aree grigie in relazione a come verranno formulati i probabili nuovi bandi pubblici in quelle aree). Tale proprietà è di Infratel e non di Open Fiber che ne ha solo la gestione per 20 anni. A livello teorico qualunque operatore in futuro potrà vincere la gestione di tali aree, che rappresentano circa il 20% della rete, togliendola in una gara ad Open Fiber. Capisco che è una prospettiva di lungo periodo però ricordiamo che Infratel possiede molta infrastruttura anche in accesso esteso per cui potenzialmente è un altro attore della partita cosi come altri operatori regionali (es. Lepida ecc.).

Quinto equivoco: non sarà così per sempre

Il quinto equivoco da sfatare è che la situazione raggiunta sia immutabile nel tempo e che un altro operatore infrastrutturale di rete fissa o altro non possa decidere comunque negli anni futuri di costruire una infrastruttura alternativa in modo totale o parziale nelle aree a maggior valore. Il mondo si muove ed innova continuamente e magari con tecniche e modalità nuove si potrà sviluppare una 2 rete o pezzi importanti di essa.

Pertanto, quando si parla di rete unica di accesso fisso sarebbe più corretto riferirci semplicemente ad una operazione di fusione/accordo tra il primo ed il secondo/terzo (il livello di infrastruttura tra Open Fiber e Fastweb è allo stato attuale molto vicino) operatore infrastrutturale creando certamente un colosso nazionale ed ottimizzando in parte gli investimenti dei 2 soggettiMa certamente non si ricreerà un monopolista al 100 per cento della rete fissa in quanto altri soggetti, attuali e prospettici, con diverse tecnologie, rimarranno in campo con la propria rete fissa in competizione infrastrutturale, anche sulla fibra, con il soggetto dominante.

Spero quindi di aver contribuito meglio a chiarire il campo di gioco su cui si sta disputando la partita in essere tra Telecom Italia e Open Fiber e, anche se in piccola parte, le difficoltà che potrebbe affrontare Telecom nella eventualità di andare verso un processo di scorporo della sua rete fissa il cui perimetro oggi non è così chiaro, semplice e scontato come quando si parlava di solo rame (vi ricordate? Rete di accesso = ultimo miglio. Ora per rete di accesso si parla degli ultimi 20 km).

Vedremo presto le prossime puntate.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Analisi
Video
Iniziative
Social
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati