La relazione annuale dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) è sempre un’ottima occasione per fare il punto sulle dinamiche in atto e i prossimi appuntamenti all’ordine del giorno del mercato delle comunicazioni elettroniche.
Il primo semestre del 2023 ha rappresentato una fase di transizione che porterà, con ogni probabilità, nella seconda parte dell’anno al chiarimento di alcuni snodi importanti per il settore.
La tanto attesa separazione della rete
Con un’enfasi forse eccessiva il Presidente dell’Autorità nella sua relazione ha richiamato come “l’azione del regolatore è stata fortemente condizionata dall’incertezza relativa alla possibile trasformazione degli assetti strutturali e proprietari dell’operatore dominante (TIM)”. In realtà, è almeno dalla precedente analisi coordinata dei mercati dei servizi di accesso alla rete fissa (conclusa nel 2019) che l’Autorità è alle prese con i progetti di separazione presentati da TIM. A questi si sono aggiunti i progetti di co-investimento previsti dal nuovo quadro regolamentare comunitario.
È comunque vero come uno snodo chiave per l’intero comparto rimanga l’assetto societario di TIM e la finalizzazione delle trattative in corso, che vedono come primo passaggio quella per NetCo (la società che raggruppa le attività relative alla rete fissa, incluse Fibercop e Sparkle). Come noto, a fine giugno il CdA di TIM ha dato mandato all’Amministratore Delegato di avviare la negoziazione in esclusiva con KKR per finalizzare un accordo migliorativo entro il 30 settembre 2023 (superiore, quindi, a 23 miliardi di euro). In tale ambito andrà anche chiarito definitivamente il perimetro, modalità e tempi per l’esecuzione delle due diligence definitive. Senza dimenticare, naturalmente, come l’operazione sia soggetta all’ottenimento delle autorizzazioni di legge, incluse quelle relative alla Golden Power e Antitrust, sulle quali i diversi attori coinvolti appaiono ottimisti.
In altri termini, anche nell’ipotesi di un accordo a fine settembre, il processo rimane ancora lungo prima di arrivare ad una situazione stabile e consolidata. Inoltre, sullo sfondo rimangono le opzioni relative alla valorizzazione dei due asset probabilmente più pregiati, che sono le attività Enterprise e in Brasile.
La fiducia nella ripresa
I dati pubblicati dall’Agcom confermano la riduzione dei ricavi delle comunicazioni fisse e mobili (26,9 miliardi di euro nel 2022), che passano da -2,8% del 2021/2020, al -3,3% dell’ultimo anno, con la componente mobile in calo del -5,3% e quella fissa del -1,7%.
A fronte di volumi assoluti sostanzialmente stabili e in assenza di una killer application l’inversione di tendenza risiede innanzitutto nella dinamica dei prezzi.
Sul mercato residenziale la tendenza rimane quella di offrire il miglior servizio disponibile a parità di prezzo, con alcuni timidi tentativi di richiedere un premium price per le prestazioni più innovative. Di conseguenza, non potendo/volendo valorizzare la migrazione verso i servizi più avanzati e con volumi costanti, alcuni operatori hanno introdotto meccanismi di indicizzazione dei prezzi che potrebbero generare degli effetti significativi. Tuttavia, l’impatto dipenderà da un lato dalle dinamiche competitive e dal comportamento dei principali operatori e, dall’altro, dai vincoli che la regolamentazione e/o la normativa imporranno a tale strategia. Non a caso nel nuovo Regolamento Contratti in corso di approvazione vengono posti dei limiti agli adeguamenti automatici, a cominciare dall’applicazione ai contratti in essere, che dovranno essere esplicitamente approvati.
In realtà, sul mercato business lo scenario è sensibilmente diverso e il processo di trasformazione digitale, unitamente alle diverse forme di virtualizzazione, stanno offrendo un’importante opportunità di crescita anche agli operatori di telecomunicazione in grado di acquisire competenze in materia di cloud e sicurezza. In questo ambito, i progetti strategici nazionali vedono nella Pubblica Amministrazione un driver fondamentale.
Il ruolo della regolamentazione
Le tematiche regolamentari non suscitano particolari passioni mediatiche, ma rimangono un fattore determinante nell’evoluzione del settore. In particolare, sta passando sotto traccia l’analisi dei mercati rilevanti dell’AGCom, che si dovrà concludere entro l’anno e, per la prima volta, interviene su un orizzonte temporale di cinque anni (2024-2028) e in particolare sulla determinazione dei prezzi dei servizi all’ingrosso che dovrà applicare l’operatore dominante TIM.
Da un lato è prevista la rimozione degli obblighi sul mercato dell’accesso centrale all’ingrosso (bitstream) e, dall’altro, si confermano le dinamiche anticipate con la revisione dei prezzi 2023: vale a dire un sensibile incremento del prezzo dei servizi rame e una riduzione progressiva del prezzo dei servizi fibra.
Ulteriore tema importante e che non è stato sufficientemente dibattuto è il processo di decommissioning presentato da TIM, che è prodromico anche al progressivo switch-off delle reti tradizionali verso quelle in fibra.
Come spesso accade, la consultazione sulla delibera in oggetto abbraccia il periodo estivo, e si concluderà il 15 settembre.
Verso la revisione del piano governativo sulla banda ultralarga
Cresce la curiosità per conoscere i dettagli dell’annunciata revisione (sostanziale) della strategia nazionale per la banda ultralarga, che promette una spallata ai ritardi di realizzazione delle reti a banda ultralarga nelle aree a fallimento di mercato (piano “Aree Bianche” e “Aree Grigie”).
Per il piano Aree Bianche (che prevedeva 9,6 milioni di unità immobiliari) ci si aspetta una data definitiva, per un progetto che si doveva completare nel 2020, ma che – nella migliore delle ipotesi verrà terminato l’anno prossimo.
La prima milestone del piano Aree Grigie (6,8 milioni di civici) di fine 2022 è stata ampiamente disattesa e si attende il bilancio del primo semestre 2023, ma soprattutto di capire (ancora, dopo quasi 10 anni) quanti sono effettivamente i civici che possono/devono essere oggetto di intervento…
Fonti del Governo hanno attestato pubblicamente che è stato mancato di molto il target del 15 per cento di indirizzi civici da coprire entro il 30 giugno. Tim e Open Fiber sono poco sotto il 2 per cento.
A dimostrazione della complessità della situazione, indiscrezioni di stampa riportano i contenuti della lettera inviata da CDP (principale azionista di Open Fiber, il Concessionario per le Aree Bianche e aggiudicatario di circa metà degli interventi nelle aree grigie) al Governo per rappresentare le criticità emerse nelle Aree Bianche: “blocco dei cantieri e misure di contenimento a causa della pandemia; incrementi dei costi dovuti a dinamiche inflazionistiche innescate dalla pandemia, dal conflitto in Ucraina e aumento della infrastruttura da realizzare conseguente alla incompletezza ed erroneità dei dati di gara; incompletezza ed erroneità dei dati posti a base di gara e tempi di rilascio dei titoli autorizzativi”. Tutto questo per sollecitare un “possibile riequilibrio finanziario”, di un progetto che, va ricordato, era stato acquisito con uno sconto del 45% rispetto ai finanziamenti disponibili. Da notare anche come CDP evidenzia come nell’ambito del tavolo di confronto con il MIMIT andranno discussi gli investimenti sostenuti da Open Fiber in merito al backhauling, la rete di delivery fino alle unità immobiliari e l’upgrade della rete Fixed Wireless Access (FWA). Si tratta di elementi che sarà interessante capire come erano stati valutati nei precedenti piani e come potranno concorrere a risolvere il problema non solo dei ritardi, ma anche del limitato utilizzo della rete.
Nel caso delle Aree Grigie, la preoccupazione si concentra su “l’impossibilità di traguardare le milestone previste per il 2023, a causa di carenza di risorse, nonché per le difficoltà derivanti da inesattezza dei dati posti a base di gara” (assenza di civici per il 40%). A fronte di penali molto più stringenti rispetto a quelle delle Aree Bianche, si capisce quale possa essere l’impatto economico-finanziario, fino alla revoca del contributo pubblico. La richiesta è in questo caso di rimodulare i tempi, esigenza condivisa anche dall’altro aggiudicatario (TIM), ma già negata dalla stazione appaltante, con il rischio di attivare un contenzioso, dopo un anno dall’avvio del piano. Sempre per le Aree Grigie si aggiungono le richieste di riconoscimento dell’anticipo del 20% del contributo pubblico previsto dal decreto legge n.13 del 24 febbraio 2023, nonché di riconoscimento degli extra-costi legati all’incremento dei costi delle materie prime, come previsto dalla legge n.175 del 17 novembre 2022.
Ci aspetta una seconda parte del 2023 ricca di risposte.