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Torna a casa cloud: così l’aumento dei costi spinge la “repatriation” dei servizi

La domanda di servizi cloud continua a crescere, anche dopo l’impennata della pandemia, ma aumenta al contempo anche la spesa che le aziende devono sostenere. Potrebbe perciò profilarsi una tendenza al ritorno, almeno parziale, a soluzioni interne

Pubblicato il 31 Ago 2022

Mario Dal Co

Economista e manager, già direttore dell’Agenzia per l’innovazione

cloud repatriation

Il 2022 sembra destinato a riservare molte sorprese nel mercato dei servizi cloud: dalla sostanziale modifica alle posizioni di forza dentro al gruppo di testa dei grandi fornitori, alla definizione del nuovo indirizzo regolatorio a livello europeo, passando per le indagini avviate in Europa sulla base degli esposti che alcuni fornitori locali hanno sporto contro Microsoft, accusata di abuso di posizione dominante.

Inoltre, la domanda continua a crescere, ma anche la spesa corre e molte aziende cominciano a porsi la domanda se gli alti costi dei servizi offerti in condizioni di oligopolio, e la loro difficile governabilità, non meritino una riflessione e, in alcuni casi, non rendano interessante considerare quella che viene definita “repatriation” ossia il ritorno almeno parziale alle soluzioni interne[1].

"Cloud Repatriation" and Cloud Expectations

"Cloud Repatriation" and Cloud Expectations

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Cloud, stato del mercato e previsioni

Con una crescita del 16% sull’anno precedente, i servizi cloud hanno superato nel 2021 nel nostro paese i 3,8 miliardi. La componente più dinamica (+31%) è rappresentata dai servizi di piattaforma (PaaS) che raggiungono i 390 milioni, all’interno della voce più ampia di spesa che rimane il cloud pubblico e ibrido, che rappresenta circa i due terzi della spesa nel 2021, con una crescita del 19%. Più contenuta la crescita del Software as a Service e dell’automazione dei datacenter.

Durante il primo anno di pandemia, nel 2020, il ricorso al cloud era spesso dettato da urgenze e criticità operative, ma lo sviluppo nell’anno successivo delinea una tendenza a riorganizzare le risorse tecnologiche delle aziende e delle organizzazioni pubbliche: nel 2021 il 44% delle applicazioni risulta gestito in cloud: i nuovi progetti nascono sempre di più in cloud[2]. Anche il 2022 riserva una crescita a due cifre e tensioni sia sul lato dell’offerta sia sul lato della domanda.

Secondo Gartner la crescita a livello internazionale nel 2022 sarà di oltre il 20% sfiorando i 500 miliardi di dollari che potrebbero diventare 600 nel 2023[3].

Ora, questa crescita della domanda e della spesa ha sorpreso le stesse aziende che hanno spostato le loro attività sul cloud.

Cloud pubblico: la difficile rincorsa dell’Europa alle big tech Usa

Cloud, costi fuori controllo: aziende in allarme

L’indagine condotta nel secondo trimestre del 2021 sui responsabili delle operazioni, della finanza e dell’IT, ha dimostrato che solo il 20% era stato in grado di scoprire immediatamente le cause dell’incremento dei costi cloud; il 25% ha affermato che sono serviti diversi giorni o settimane fino a mesi per rendersi conto dell’esplosione dei costi del cloud. Infine, per coloro che spendono oltre 2 milioni di dollari al mese nell’uso del cloud, sono stati necessari giorni per scoprire l’anomalo incremento dei costi del cloud, mentre quasi il 50% segnalava incrementi compresi tra il 10 e il 20%[4].

È paradossale che la maggior parte delle aziende intervistate in una recente ricerca, dichiari che si rivolge al cloud proprio per ridurre i costi[5].

In parte l’effetto “costi sorprendentemente elevati” è determinato dalla congestione delle richieste urgenti nella fase iniziale della pandemia, con un effetto prezzo che si è scaricato sulla domanda, sfruttandone la disponibilità a pagare e facendo leva sulla tensione esistente dal lato dell’offerta. Ma in parte l’effetto è determinato dall’arricchimento dei servizi richiesti, con le tecnologie emergenti della containerizzazione (liberazione delle applicazioni dai vincoli dell’infrastruttura originaria), la virtualizzazione, l’edge computing e le applicazioni di intelligenza artificiale. Queste ultime sono voci di costo nuove, ma a volte rese necessarie proprio per controllare l’uso delle risorse cloud per cercare di evitare l’esplosione dei costi segnalata. Il cloud serve sé stesso.

Nel complesso, il mercato del cloud appare dominato sul lato dell’offerta dalle grandi aziende big tech, e scarsamente controllato, sia sotto il profilo dei costi sia sotto il profilo della pianificazione e dell’ottimizzazione dell’utilizzo dei servizi, da parte della domanda, come si vede anche dalla figura 2, dove le previsioni sull’utilizzo e sui relativi costi effettuate nel 2021 risultano complessivamente superate, anche in misura significativa, dall’utilizzo effettivo in atto nel 2022[6].

Alcuni osservatori riflettono sulla possibilità che a fronte dell’aumento dei costi e della loro imprevedibilità, vi possa essere un ritorno “a casa” ossia verso soluzioni meno esposte verso il cloud[7]. Ma i costi degli investimenti e delle risorse umane, da un lato, e la rigidità che tali scelte comportano sulla struttura dei costi aziendali, dall’altro, rendono questa prospettiva poco probabile. Anche il caso famoso, da molti citato, di Dropbox che, prima della quotazione riportò all’interno i servizi che acquisiva in cloud, deve essere considerato con attenzione[8]. La scelta di Dropbox era quella di sviluppare in proprio i servizi cloud e questa scelta comportava di per sé una ragionevole prospettiva di riduzione dei costi e di aumento dei ricavi[9].

I protagonisti sotto osservazione

Il mercato dell’offerta di servizi cloud è molto concentrato. Sappiamo che Amazon ha fatto inizialmente la parte del leone, dedicando risorse a una attività che risulta più redditizia dell’e-commerce, anche perché ne sfrutta le infrastrutture. Hanno seguito le sue orme sia Microsoft sia Google, In particolare Microsoft sembra aver messo una marcia in più, forse anche in ragione della distribuzione “preinstallata” dei suoi sistemi operativi, come vedremo.

Microsoft Azure ha registrato i maggiori successi recenti, scavalcando persino Amazon nella graduatoria dei più richiesti.

Una recente indagine mette in evidenza le diversità che esistono tra i clienti delle prime tre aziende fornitrici di servizi cloud: Amazon con AWS, Microsoft con Azure, Alphabet con Google Cloud Platform o GCP. Nella figura 3 sono riportate le penetrazioni delle tre soluzioni per classi di spesa, da meno di 600 dollari a oltre 60 milioni[10].

Figura 3. Percentuale di spesa sui tre principali servizi cloud, per classi di importo in milioni di dollari (fonte: Flexera 2021 e 2022)

Come si vede nella classe più bassa di spesa, presumibilmente quella espressa dalle aziende di minore dimensione, vi è una prevalenza netta di Google, che viene meno per classi di spesa oltre il milione. Nelle classi centrali e in quelle più elevate Google scende al terzo posto, con un distacco significativo per le spese superiori ai 20 milioni di dollari. Azure sopravanza anche AWS nelle classi centrali, comprese tra 2 e 12 milioni di dollari e tiene la posizione con AWS nella classe di spesa più elevata.

Google è quindi la soluzione di ingresso preferita, mentre la competizione sui clienti con maggiore capacità di spesa vede un forte dinamismo di Microsoft che contende ad Amazon il primato.

La richiesta d’intervento all’antitrust Ue

La Commissione europea è stata sollecitata da fornitori dei servizi locali, come OVHCloud e Nexcloud, che protestano contro Microsoft, accusandola di rendere oneroso l’utilizzo di Windows e di Office sulle piattaforme cloud altrui. Un tema che suona assai allarmante all’orecchio dell’antitrust europea, che da anni tiene sotto scrutinio le pratiche di abuso di posizione dominante delle piattaforme o gatekeeper.

In particolare la Commissione si concentra sulle licenze d’uso concesse da Microsoft ai fornitori di servizi cloud locali, per verificare che non siano più onerose di quelle praticate dalla società quando vende direttamente con il Programma Azure Hybrid Benefit. Se così fosse vi sarebbe un incentivo ai clienti finali ad utilizzare Windows Server in ambiente Azure invece che nell’infrastruttura dei competitori.

Il timore è che si ripeta quello che fece Microsoft quando eliminò la competizione nei browser, bloccando l’innovazione per almeno un decennio osservava Frank Karlitschek, amministratore delegato di Nextcloud[11].

Conclusioni

Il dinamismo dei grandi fornitori non è privo di ombre e l’impegno di comunicazione e lobby di Microsoft sta diventando assiduo per cercare di dimostrare la liceità dei propri comportamenti e schivare quell’abuso di posizione dominante che rappresenta une delle accuse più temute da Big Tech.

Il programma regolatorio dell’Unione europea per il cloud (le linee guida strategiche sono state rilasciate nel 2019[12]), deve prendere corpo quest’anno, ed è atteso anche dai protagonisti del mercato, in particolare da Microsoft. Ma è atteso anche dalle aziende, che stanno uscendo dalla fase più concitata del ricorso al cloud per entrare in una fase di pianificazione mirata delle scelte tra outsourcing e insourcing.

Note

  1. ) Christopher Tozzi, Cloud Repatriation: Why It’s More Than ‘Just? Public Cloud Retreat, ITProToday, August 17, 2020 e anche Sarah Wang, Martin Casado, The Cost of Cloud, a Trillion Dollar Paradox, Future from a16z, 14/7/2022.
  2. ) Osservatorio Cloud Transformation 2021, Politecnico di Milano, 13/10/2021.
  3. ) Colleen Graham, Amarendra, Sharat Menon, Robin Schumacher, Neha Gupta, Forecast: Public Cloud Services, Worldwide, 2020-2026, 1q22 Update, Gartner,. 30 March 2022.
  4. ) Anodot, 2021 State of Cloud Cost Report, March 2021.
  5. ) Sarah Wang, Martin Casado, cit.
  6. ) Flexera, State of the Cloud Report 2022.
  7. ) Ariel Shapira, With Rising Costs and Vendor Lock-Ins, Is a Cloud Exoidus in the Making? Entrepreneur, August 30, 2021.
  8. ) Sarah Wang, Martin Casado, cit.
  9. ) Yevgeniy Sverdlik, Here’s How Much Money Dropbox Saved by Moving Out of the Cloud, Data Center Knowledge, March 01, 2018.
  10. ) Flexera, cit.
  11. ) Paul Kunert, European antitrust watchdogs sniff around Microsoft cloud licensing deals, The Register, 4 April, 2022.
  12. ) The European Commission Cloud Strategy, 16 May 2019. Il documento presentava riflessioni ancora oggi valide. In particolare, sia quelle sulla flessibilità, la portabilità, la sicurezza e la gestione dei rischi, sono ancora valide, così come il capitolo finale dedicato alla necessità di gestire in modo intelligente le discrepanze normative e giurisprudenziali tra Stati Uniti ed Europa.

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