Anche l’Italia ha il suo Piano Strategico del Turismo, approvato qualche settimana fa dal Consiglio dei Ministri. Tra gli obiettivi vi è anche quello di sostenere la cooperazione permanente e organizzata delle istituzioni e agenzie che, ai diversi livelli (nazionale, regionale e territoriale), sono titolari della governance del turismo. Le destinazioni costituiscono l’unità attorno a cui ricostruire la competitività del sistema turistico nazionale, e proprio per questo ci sembra cruciale riflettere su cosa avviene a questo livello, per comprendere anche su quali orizzonti attuativi sarà più efficace che i diversi livelli amministrativi si concentrino.
Le analisi condotte sui vari fronti dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo ce ne danno uno spaccato interessante.
Se consideriamo le opinioni rilasciate dalle Strutture ricettive, attore fondamentale nell’offerta turistica locale, si evidenzia come sia diminuita l’importanza attribuita ai portali di prenotazione e promozione territoriali. Anche l’efficacia dell’advertising su siti legati alla località è in discussione: il 14% vi investe ma solo il 3% lo valuta come uno degli strumenti promozionali più efficaci. Emerge dunque il disincanto da parte delle Strutture ricettive rispetto all’idea di togliere spazio alle OTA con i portali territoriali, su cui molti enti pubblici ancora investono (o per meglio dire sprecano) risorse. Il disincanto delle Strutture sembra da imputare, da un lato, ai risultati insoddisfacenti dei portali territoriali oggi attivi – inadatti a competere con i colossi del digitale – e, dall’altro, al progressivo avvicinamento delle OTA alle Strutture (sono numerose e insistenti le azioni riscontrate sul territorio italiano). Anche sul versante della domanda si conferma questa tendenza. Per la ricerca su Internet solo il 5% dei Turisti digitali utilizza siti delle località estere ed italiane (mentre erano il 18% nel 2015).
Di pari passo emerge un altro risultato interessante: le Strutture ricettive considerano le OTA non più come una minaccia ma come un’opportunità. Il 62% delle Strutture è soddisfatto delle OTA, nonostante in media ogni struttura stimi di aver ceduto loro il 16% del transato. La ragione è semplice: il 70% di chi è presente su queste piattaforme dichiara un aumento delle proprie prenotazioni, sia quelle intermediate, grazie al servizio svolto dalle OTA, sia quelle dirette, grazie alla visibilità online generata.
A fronte dell’oligopolio sulla ricettività, le grandi Internet Company – le OTA in primis ma non solo loro – guardano con crescente interesse alle destinazioni e in particolare agli ancillary, servizi comunemente denominati ‘aggiuntivi’ rispetto ad alloggio e trasporto ma che in realtà stanno acquisendo sempre maggiore rilevanza nell’esperienza turistica (ad esempio ristorazione, attività culturali e sportive, corsi, degustazioni). Google e Airbnb, ad esempio, stanno lanciando app e soluzioni per offrire in un unico strumento informazioni su tutti i servizi di cui il turista ha bisogno.
Anche le Agenzie di viaggio puntano a trasformarsi in promotrici di soluzioni di viaggio e servizi per i flussi incoming (sia italiani che stranieri) in arrivo sul loro territorio: è attività rilevante per il 23% delle Agenzie italiane, cui si aggiunge un 43% di Agenzie che se ne occupa non in modo prevalente. Si nota una crescita rispetto al 2015 quando se ne occupava il 43% delle Agenzie. Inoltre il 69% ritiene che nel futuro la propria specializzazione in questo ambito aumenterà.
In questo scenario in cui le destinazioni italiane stanno acquistando rilevanza come entità intorno alla quale Internet Company e Agenzie di viaggio sviluppano la loro offerta, come deve evolvere il ruolo degli enti pubblici territoriali?
Pensare di agire sulla distribuzione, cercando di sostituirsi ai grandi aggregatori dell’offerta, sarebbe utopico, sebbene a livello centrale, invece, sia fondamentale vigilare sul rispetto delle regole di competizione e antitrust. Molto può invece essere fatto sul fronte del coordinamento dell’offerta e sul fronte infrastrutturale per rendere l’esperienza digitale sempre più “smart”, anche una volta giunti in destinazione.
I campi di applicazione sono svariati. Il più basilare riguarda la formazione per gli operatori, che molto spesso hanno dimostrato di non avere gli strumenti per rimanere competitivi: per fornire un solo esempio, appena il 15% delle strutture ricettive italiane utilizza un programma di customer relationship management (CRM), mentre al 58% di esse non interessa o non sa cosa sia. Altro fronte di straordinaria importanza è la disponibilità di open data per rendere la destinazione accessibile agli operatori che intendono promuovere l’offerta del territorio. Un ambito su cui diverse città stanno investendo è quello della “smart destination”, abilitata dall’Internet of Things. L’ultima indagine dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano ha riscontrato che il 48% dei Comuni con oltre 20.000 abitanti ha attivato un progetto di Smart City nell’ambito dell’Entertainment e dei Servizi Turistici (categoria seconda solo rispetto ai servizi di Gestione del traffico). È infine ancora tutta da giocare la partita delle Carte Turistiche digitali, che potrebbero favorire un’integrazione virtuosa e benefica per gli operatori locali e offrire vantaggi concreti ai Turisti, che disporrebbero così di un unico strumento per accedere a una molteplicità di servizi anche avanzati (come i pagamenti digitali), risparmiare tempo e accumulare sconti. Qualche iniziativa è in fase di avvio (ad esempio nella Riviera Romagnola e a Roma) e ci auguriamo che diventi una buona pratica “scalabile” su molte altre destinazioni.