Politecnico di Milano

Tutta la banda larga che ci sarà (e che vorremmo) nel 2016

Lo sviluppo delle reti in banda larga è fortemente condizionato non tanto da una mancanza di domanda o da una immaturità del mercato, quanto da un contesto economico-regolatorio ancora instabile e incapace di definire un ambito solido per finalizzare investimenti e garantire concorrenza e apertura ai diversi operatori presenti sul mercato. La competizione infrastrutturale è una soluzione più costosa e meno efficiente che deriva da una impossibilità di definire un progetto paese su questi temi

Pubblicato il 29 Dic 2015

Alfonso Fuggetta

professore di Elettronica, Informazione e Bioingegneria, Politecnico di Milano

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Lo sviluppo di moderne reti in banda (ultra)larga è uno dei temi cardine nello sviluppo del digitale in Italia. Da tempo si discute delle modalità e degli strumenti da adottare per svilupparle. Sarà il 2016 l’anno della svolta? Alcuni segnali positivi si sono già visti nel 2015, ma nei fatti tutti i giorni sperimentiamo limiti e problemi. Per cui c’è ancora molto da fare.

Cosa quindi aspettarci e auspicare per il 2016?

Lo sviluppo della domanda

Uno dei principali problemi che da sempre è indicato come un freno allo sviluppo delle reti è la debolezza della domanda per questo tipo di servizi. Tante volte si è discusso di questo tema, ma credo valga la pena riprendere in questa sede alcuni punti particolarmente importanti.

In due recenti interviste, l’Amministratore Delegato di Telecom Italia Marco Patuano ha fatto delle affermazioni piuttosto importanti e confortanti:

“Sulla banda larga stiamo andando bene: a luglio e agosto la domanda è aumentata a ritmi che non ci aspettavamo, è stata una vera sorpresa”.

Telecom Italia spinge l’acceleratore sulla fibra ottica. “Abbiamo ampliato il corrente piano dopo aver verificato che il ritorno economico degli investimenti sia migliore delle aspettative iniziali” – ha detto l’Ad Marco Patuano in occasione dell’Assemblea.

Sono segnali che testimoniano un fatto che dovrebbe essere dato per acquisito: la domanda di infrastrutture in banda larga si può manifestare solo se si è sviluppata l’offerta. Come potrebbe mai la domanda manifestarsi in assenza di “servizi da comprare”? Peraltro, aumentano anche i servizi che necessitano di una banda sempre più ampia. Emblematico, da questo punto di vista, l’avvio in Italia di Netflix che si aggiunge ad altri operatori di servizi video come Chili-Tv e Infinity.

Detto tutto ciò, esiste una sensazione diffusa di una offerta ancora debole. Come si concilia questa sensazione con le affermazioni degli operatori secondo i quali le reti ci sono, ma non vengono utilizzate secondo il loro potenziale?

Non ho dati sistematici sul territorio nazionale, ma posso parlare della mia personale esperienza, che peraltro credo sia simile a quella di tanti altri consumatori.

• Nell’hinterland milanese, dove operano tante aziende e vivono moltissime persone che lavorano a Milano, esiste solo una offerta ADSL che spesso soffre di problemi legati all’invecchiamento del rame e alla lunghezza dei doppini. È la situazione di tante zone dove la densità abitativa è bassa, ma che in realtà ospitano fasce significative della popolazione e delle imprese italiane.

• La diffusione del 4G e delle connessioni in banda larga mobile appare disomogenea. Basti pensare all’esperienza che tutti abbiamo prendendo l’Alta Velocità tra Bologna e Roma: pur tenendo conto delle oggettive complessità di connessione su un treno ad alta velocità (peraltro tra Milano e Bologna il servizio è migliore), sulla direttrice di traffico più importante del paese, per assenza o carenza di segnale è spesso difficile non solo accedere ad Internet, ma anche completare una normale telefonata.

In altre parole, la banda larga e ultra larga è sempre disponibile laddove veramente serve?

Al di là delle statistiche e dei dati, questi sono esempi del vissuto quotidiano. Certamente, singole esperienze non possono essere assunte come rappresentative della situazione complessiva del paese. Ma, guarda caso, la European Digital Agenda Scoreboard 2015 sul tema connectivity ci pone al penultimo posto in Europa, poco prima dell’Ungheria.

È solo un problema di domanda?

I driver della domanda

Spesso, quando si parla di domanda di reti in banda larga, si citano i servizi digitali al cittadino della pubblica amministrazione. È un riferimento a mio parere sbagliato o comunque fuorviante per una serie di motivi.

• Le amministrazioni pubbliche sono organizzazioni complesse e come qualunque altro tipo di struttura privata hanno bisogno per il loro funzionamento di connessioni in banda larga. Come si potrebbero gestire in cloud i sistemi informatici delle diverse amministrazioni senza che queste siano connesse in modo adeguato alla rete? Come potrebbero scambiarsi dati e informazioni? Come potrebbe il personale delle amministrazioni utilizzare servizi come le video conferenze senza una adeguata connessione in rete? Ma tutto ciò è indipendente dai servizi digitali offerti al cittadino: la rete serve alle amministrazioni pubbliche come ad una qualunque impresa ed in questo senso esse sono certamente portatrici di una domanda significativa.

• Al contrario, i servizi digitali al cittadino non sono un driver di domanda forte che possa di per se stessi spingere l’adozione di connessioni in banda larga da parte di larghe fasce della popolazione (e delle imprese). In primo luogo, sono servizi che non richiedono di per se stessi “banda larga”. In secondo luogo, obiettivo della innovazione digitale nelle amministrazioni pubbliche dovrebbe essere quello di eliminare incombenze e obblighi. Paradossalmente, una amministrazione che funziona bene dovrebbe ridurre l’interazione con il cittadino!

In altre parole, le reti servono alle amministrazioni per portare avanti il miglioramento dei loro processi. Ma non saranno i servizi digitali al cittadino a determinare un aumento della domanda di connessioni in banda larga!

Quali sono allora i driver che spingeranno cittadini e imprese ad acquisire connessioni in banda ultra larga? In primo luogo, certamente si diffondono sempre più singoli servizi (le tanto agognate “killer application”) che richiedono banda larga. Sono i servizi di video conferenza e di video streaming (come si accennava in precedenza).

Ma i veri fattori sono secondo me altri:

1. In ufficio come in casa usiamo più applicazioni e servizi in parallelo, anche quando non ce ne accorgiamo (si pensi ai processi di sincronizzazione delle applicazioni cloud).

2. In ufficio come in casa la domanda non è quella della singola persona, ma dell’insieme delle persone che in parallelo vogliono accedere a Internet.

3. Sempre più abbiamo bisogno, anche in ambito domestico, di connessioni simmetriche che l’ADSL non è in grado di garantire.

4. Siamo sempre più impazienti e vogliamo servizi che rispondano velocemente alle nostre richieste.

In altri termini, è la domanda aggregata che determina la necessità di banda sempre più ampia, non il singolo servizio.

La questione di fondo architetturale

Negli anni scorsi si è discusso a lungo di un tema industriale importante: ha senso che gli operatori competano sul piano infrastrutturale oppure ha più senso avere una unica infrastruttura fisica condivisa (tramite forme di unbundling) tra tutti coloro che vogliano offrire servizi agli utenti finali?

Nel campo delle reti mobili mobili da sempre la competizione è infrastrutturale. Il fatto peraltro non è difficile da spiegare: il costo maggiore nello sviluppo delle reti è nell’ultimo miglio e nel caso di reti mobili questo costo si riduce drasticamente in quanto la connessione è wireless.

La competizione infrastrutturale nelle reti mobili ha fatto bene al mercato. Si è creata una offerta diversificata che ha portato ad un abbassamento dei prezzi ed ad una penetrazione tra la popolazione che ci pone ai primi posti a livello internazionale. Peraltro, la progressiva discesa delle tariffe pone requisiti sempre più stringenti agli operatori mobili che, in effetti, hanno iniziato a condividere quanto meno i siti e le infrastrutture utilizzate per le antenne.

Ma se la competizione infrastrutturale tra operatori mobili ha un suo senso, diverso è il caso degli operatori fissi:

1. Il costo dell’ultimo miglio e della cablatura dei palazzi è molto elevato.

2. Operando in modo indipendente, molti operatori puntano su proprie infrastrutture FTTC invece che su FTTH.

3. Come conseguenza, i nostri marciapiedi sempre più ospitano molteplici armadi e sistemi di distribuzione per tutti i diversi operatori attivi in un certo segmento del territorio. Ciò ha conseguenze che non si limitano ad un peggioramento dell’arredo urbano: non dovremmo pensare anche ai costi energetici e ai problemi di gestione e manutenzione di diverse infrastrutture che insistono sullo stesso territorio?

4. Ha senso che mentre ci si lamenta dei costi troppo elevati per costruire reti FTTH future proof si duplichino investimenti per reti FTTC?

Penso si possa dire senza tema di smentita che la competizione infrastrutturale nasce non come scelta elettiva degli operatori, ma per l’incapacità di trovare accordi e sistemi di regole sull’unbundling della fibra FTTH che garantiscano (o facciano sentire garantiti) tutti gli operatori interessati.

Ha senso continuare così?

La questione di fondo economico-politica

Da quanto discusso in precedenza, a mio giudizio il tema dello sviluppo delle reti in banda larga è fortemente condizionato non tanto da una mancanza di domanda o da una immaturità del mercato, quanto da un contesto economico-regolatorio ancora instabile e incapace di definire un ambito solido per finalizzare investimenti e garantire concorrenza e apertura ai diversi operatori presenti sul mercato. La competizione infrastrutturale è una soluzione più costosa e meno efficiente che deriva da una impossibilità di definire un progetto paese su questi temi. Tante sono le cause di questa situazione. Ma è indubbio che la società italiana trarrebbe un enorme beneficio se ci fosse un accordo tra tutti gli stakeholder che permettesse da un lato di ottimizzare gli investimenti e, dall’altro, di accelerare il percorso di infrastrutturazione digitale del paese.

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