La riflessione

Ultra broadband, imparare dagli inglesi

La copertura ha fatto un grosso salto in avanti in un anno e ora il Regno Unito è settimo in Europa. Nonostante un piano di investimenti molto frammentato. Ma il merito è di un sistema burocratico dove gli investimenti privati sono liberi da inutili ostacoli

Pubblicato il 15 Lug 2014

Rossella Lehnus

Director at Deloitte Financial Advisory

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Passeggiando per l’arsenale durante Digital Venice, in quelle giornate così europee in cui tutto aveva funzionato bene: la logistica impeccabile, la location mozzafiato, il parterre di alto livello. Quelle giornate in cui pensi che anche l’Italia può farcela, il mio sguardo capitò proprio sui digitalscoreboard 2014 stampati 2x3m che accompagnavano la passeggiata fra i vari workshops organizzati. L’Italia era sempre agli ultimi posti, sempre quel rettangolino timidamente troppo basso… Quante cose dobbiamo fare ancora noi italiani, ma fortunatamente abbiamo mediamente 25 o 26 Paesi avanti a noi che possono, con la loro esperienza, guidarci nel processo di digitalizzazione facendoci risparmiare tempo e evitandoci errori.

Come hanno fatto gli inglesi, per esempio, ad essere i settimi nella classifica EU27 per copertura alla rete di accesso di nuova generazione? Una copertura che nel 2013 supera il 90 per cento della popolazione palesando un forte salto di qualità, quasi 10 punti percentuali rispetto ai risultati del 2012 come rivela il Digital Agenda Scoreboard 2014 che si basa sulle analisi elaborate da Screen Digest and Point Topic.

Ci si chiede come abbiano fatto, poiché a quanto testimonia l’aggiornamento del 3 April 2014 brandizzato House of Commons di Jacqueline Baker and Edward White, il Piano pubblico presentato dal UK “ Britains Superfast Broadband Future” redatto nel 2010 e autorizzato circa un anno dopo alla Commissione Europea per la relativa autorizzazione, palesa 22 mesi di ritardo. Una proroga richiesta dall’operatore beneficiario della misura pubblica – British Telecom – che il Governo britannico non ha accettato di buon grado, anzi che ha pubblicamente rigettato, affermando che “It is not acceptable to hide behind arguments about commercial sensitivity” e che il Department for Culture, Media and Sport dovrà assumere un maggiore controllo del programma assicurandosi che la popolazione residente nelle aree rurali siano quanto prima raggiunte dalla banda ultralarga ad un costo ragionevole per il contribuente.

Probabilmente a rallentare il tutto è stata la grande frammentazione nell’impiego dei fondi governativi a disposizione – 530 milioni di sterline, ovvero circa 670 milioni di euro, gestiti dalle singole autorità locali che si impegnano a cofinanziare l’intervento con fondi propri o privati. Una frammentazione che ha penalizzato molti dei programmi pubblici e che, infatti, la Commissione Europea si è raccomandata di non reiterare nella nuova programmazione 2014-2020.

Nonostante il Piano pubblico non stia funzionando a dovere, il Regno Unito presenta comunque una copertura del servizio di connettività di nuova generazione oltre l’80 per cento, ovvero già oltre a quanto il Piano pubblico ambiva e che dichiara pubblicamente disatteso. Ci si chiede come e se, anche in questo caso, basti aver creato un sistema burocratico ove gli investimenti privati sono liberi da inutili ostacoli, alleggeriti da una bassa tassazione e ove, probabilmente, non c’è bisogno di sostenere la domanda poiché la popolazione già considera l’accesso a internet a banda ultralarga un bene a cui non può rinunciare. Sono, infatti, oltre l’85 per cento i cittadini britannici che utilizzano almeno una volta a settimana internet con un distacco di circa 30 punti percentuali rispetto agli italiani.

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