Memory squad - 12° PUNTATA

Un semplice negozietto

Cronache dal futuro, a cura del docente visionario Edoardo Fleischner (Comunicazione crossmediale all’Università degli Studi di Milano, ma anche progettista crossmediale) per Agendadigitale.eu

Pubblicato il 17 Gen 2014

Edoardo Fleischner

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Un semplice negozietto

Il rumore di un’aspirazione. Fulminante. Come se le avessero sfilato, in un secondo, lo scheletro dal corpo. Come se fossero stati risucchiati nel terreno tutti gli alberi dell’ampia strada davanti a casa. Come se gli umanoidi di casa fossero stati annullati tutti. Azzerati, dissolti in un respiro. Il nocciolo acustico del rumore sembrava fosse collocato in garage, nel garage quantico aggregato a ogni edificio della galassia, nuovo e vecchio, anche antico, pubblico o privato.

La giovanissima Samuella Charir fu estroflessa dal sonno inoltrato. Era buio. In pochi attimi si riempì di eccitata attenzione. Stava accadendo qualcosa. Tutto era sempre previsto nella Galassia. Tutti sapevano tutto e pre-vedevano ogni azione propria e degli altri. In quel momento invece stava accadendo qualcosa di non pre-visto. Samuella intuì all’istante che era un momento da vivere a pieni polmoni, forse unico e irripetibile. Si alzò dal letto. Si avviò verso il garage. Degustò l’ignoto. Si ingollò di adrenalina. Si ubriacò di paura. Non era mai stata così bene.

Il trasferimento era durato meno di venti minuti, per percorrere i cinquemila chilometri che li separavano dall’obiettivo. I sei agenti della Memory Squad 11 erano atterrati al centro del largo boulevard che scorreva in mezzo a ville comunitarie. L’aria salmastra li ravvegliò dal torpore di una notte che avevano pianificato insonne, dedicata ad individuare, se mai fosse stato possibile, il residuo di memoria di una stampanete 3D molecolare universale. Avevano ipotizzato che su una Grande Isola Navale da Crociera Permanente in mezzo all’oceano, forse qualche memoria poteva non essersi distaccata. “Almeno una parte, ci basta un piccolo frammento…” ripeté di nuovo Sama Hargo, analista del linguaggio e delle memorie. “I nostri informatori ci dicono che qui forse potremmo trovare più di un residuo…” spiegò, solo ora, la comandante Akila Khaspros “Se fosse un resto di Matrice Universale avremmo fatto bingo!” Si accalorò Khaspros. “Sarebbe abbastanza facile ricostruire le matrici di tutte le stampanti della galassia” aggiunse l’agente Hargo.

La squadra arrivò davanti al numero 35560 del viale. Videro la luce spegnersi nel salotto. Lei era alta. Si muoveva con agilità, come ballasse. Si spostarono in assoluto silenzio verso destra, dove nella parziale oscurità si disegnava la siluette di un possibile garage.

Samuella accese la luce, del garage. La luce attraversò le vetrate e sbiancò il prato circostante fino a pochi passi dagli agenti. Si bloccarono all’istante, lì fuori. Là dentro la stampante era spenta. Samuella sapeva che non si sarebbe mai dovuta guastare. Capì al volo che, invece, qualcosa, qualcuno l’aveva terminata. Che non avrebbe potuto più sfornare i suoi abiti, veicoli, cibi, soprattutto i suoi manufatti artistici. Sharria, accettò che fosse accaduto qualcosa di incredibile, da qualche parte, per qualche inimmaginabile ragione. Avrebbe veramente voluto ballare. Oppure urlare. Urlò di gioia, di stupore, di angoscia, di rassegnazione, di panico, di sfida e di eccitazione. Urlava con la testa china verso il pavimento. La alzò lentamente e l’urlo andò a sbattere contro le ampie finestre. Dietro i vetri vide i sei agenti della Memory Squad che la fissavano.

Il portello del garage non si apriva più a comando. Dovettero quasi abbatterlo. “Signora Samuella Charir, vero? Sono la comandante delle Memory Squad numero 11, siamo qui in missione per prelevare la sua stampante. Contiamo di ricavare una memoria base per incominciare a riattivare i miliardi di stampanti della Galassia.”

Samuella comprese che tutti gli abitanti e le case della galassia erano rimasti senza le proprie autonomie produttive. Uno sconvolgimento globale per un mondo che da più di un secolo non aveva più un negozio, un supermercato, un centro commerciale, perché ogni garage era l’unità produttiva di ogni bene necessario. A quel punto pronunciò la parola più desueta della galassia: “Ma questa è una mia proprietà! Non potete portarla via!” Guardò il garage vuoto, i volti irritati degli agenti, e più avanti, oltre il viale, vide il signor Parkin, accendere tutte le luci di casa, aprire a fatica il suo garage e disporre dei mobili, degli abiti, del latte, anche due focacce, in bella vista.

A tre ore dal Grande Ictus Mnemonico attuato con chirurgica precisione alle 3:33 di quel giorno memorabile, il 3 marzo 2333, dal dottor Annthok Mabiis, per molti già diventato il più intelligente eroe della storia dell’umanità, il vicino di casa di Samuella, il signor Parkin, stava per aprire un semplice negozietto.

(12-continuano gli episodi. Ogni episodio è “chiuso”)

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