Memory squad - 10° PUNTATA

Una pausa altrimenti mortale

Cronache dal futuro, a cura del docente visionario Edoardo Fleischner (Comunicazione crossmediale all’Università degli Studi di Milano, ma anche progettista crossmediale) per Agendadigitale.eu

Pubblicato il 03 Gen 2014

Edoardo Fleischner

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Una pausa altrimenti mortale

Il vecchio bus a due piani recuperò nella discesa. Prese fiato. Al piano superiore, l’unico schermo aereo funzionante seguiva diligente la mano agitata di Sama Hargo, analista del linguaggio. Gli occhi degli altri componenti la Memory Squad 11 si aggrappavano rapidi ai nomi famosi che l’agente Hargo faceva scorrere.

“Precedenza assoluta al ripristino dei Simular di Sapienza. Questi sono gli ordini. Da loro dipende tutto il sistema educativo… è chiaro? E dal sistema educativo dipendiamo tutti noi… Tutta la galassia…” la comandante Akila Khaspros respirava a strattoni, ansimava. La discesa sembrava non finire mai. Al piano terra alcune comparse urlicciavano per la velocità. Erano pagate per farlo. Ora il bus era di nuovo in piano. Stridò i freni alla fermata regolamentare. Qualcuno scese. Qualcuno salì. Anche la squadra fu fuori in pochi attimi.

Mantell era entrato nel suo solito bar alcuni minuti dopo che il Grande Ictus Mnemonico aveva sconnesso le memorie reticolari e interrotto così anche i miliardi di conversazioni coi simular, in corso in quel momento in ogni angolo della Galassia. “Ma qui non c’è nessuno!” constatò ad alta voce Mantell. “Qui non c’è nessuno!” raucheggiò un pappagallo dondolante su un tavolino. “Ci sono io…” una voce femminile nella penombra di una tenda pesante drappeggiata. “Tu che sei entrato… chi sei, come ti chiami? Vieni qui e parlami, ti prego… Altrimenti muoio di solitudine…” “Di solitudine…” echeggiò il pappagallo. “Mantell, mi chiamo Rosti Mantell… piacere…” “Continua a parlarmi Rosti, sono una simular… vivo solamente se voi mi parlate… come tutti i simular stavo conversando con qualche decina di milioni d’umani e umanidi ma, da pochi minuti, si sono tutti zittiti…” “Si sono tutti zittiti”, rimbalzò il pappagallo.

“Non so chi sei, ma forse sei uno dei pochi simular rimasti… Magari non sei uno dei Simular di Sapienza… Magari sei una simular famosa…” dialogava Rosti Mantell. “Mi chiamo Norma…” disse la simular. “Parlami di Vincenzo Bellini, allora! Che tipo era?” la incalzò Mantell. “No babe! Non quella Norma lì… Io sono Norma Jeane Mortenson!”

Mantell dopo tre ore di dialogo era già esausta ma stregata dalla conversazione. Se si fosse interrotta anche solo per un attimo, senza essere affiancata e rimpiazzata all’istante da qualcuno, il simular si sarebbe dissolto per sempre. Semplicemente sarebbe morto. Aveva capito d’essere diventato, per caso, l’unico umano della Galassia che avrebbe potuto tenerla in vita, conversando, ma senza interrompersi mai. Mantell chiese al pappagallo accucciato sul tavolino di portargli un altro tramezzino, con qualcosa da bere, magari solo dell’acqua celebrata.

Il bus ripartì e la squadra avanzò sul marciapiede in ordine sparso. “I segnali sono chiari. C’è in corso un dialogo-simular nel raggio di 300 metri” disse Xina Shaiira, agente analista del terreno e dell’ambiente. Attraversò la strada incurante delle centinaia di ciclisti che la intasavano in quel tardo pomeriggio.

“Ricordo che non sono i simular il nostro reale obbiettivo. Noi dobbiamo ritrovare le Matrici Profonde dei simular… Però nessuno, in questo momento, sa dove siano… ” chiarì la comandante Khaspros. “Sarebbe bello trovare Galileo…” buttò lì Hargo. “E’ sempre stato formidabile! Passavo delle ore a conversare con lui…” La squadra individuò il luogo. Entrò nel bar. L’agente Hargo capì all’istante che in quell’angolo, nella penombra, un simular era in dialogo con qualche umano. Stefano Magli, l’agente di Memoria Antica della squadra, la riconobbe subito, anche se non ci aveva mai parlato. Non l’attraeva.

“Ok, gentili signore, la conversazione finisce qui! Noi portiamo via madam Mortenson…” ordinò la comandante Khaspros.

“Siete gente senza testa e senza cultura… Voi non potete interrompere questa conversazione… Altrimenti mi uccidete… per sempre…” rispose la Mortenson con un amaro sorriso.

“Siete gente senza testa e senza cultura… Voi non potete interrompere questa conversazione… Altrimenti mi uccidete per sempre!” ripeté il pappagallo riempendo, per l’ultima volta, una pausa altrimenti mortale.

(10 – continua)

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