Gli ultimi studi in ordine di tempo sono quelli realizzati rispettivamente da MM-One Group, che ha effettuato dei calcoli e delle valutazioni dall’ultima rilevazione per lo Scoreboard dell’Agenda Digitale Europea, rilevando come l’Italia sia globalmente, sui 13 indicatori definiti dalla Commissione Europea, la penultima in quanto a rispetto dei target, in grado di precedere la sola Romania, e dal World Economic Forum (WEF), che nell’annuale rapporto sulla Competitività, rileva un peggioramento del rank italiano, che passa dal 42° al 49° posto complessivo.
Nello studio e nella raffigurazione infografica di MM-One Group si evidenzia come il ritardo sul fronte degli obiettivi europei dell’Agenda Digitale si riscontri in pratica su tutti i fronti (con l’eccezione della copertura in banda larga – 2Mps, che è poco sopra la media europea e comunque sotto il target), dalla diffusione del commercio elettronico all’inclusione digitale all’e-government, alla diffusione di connessione in banda effettivamente larga (dai 30 Mps), che evidenzia una generale arretratezza di sistema.
Il rapporto 2013 del WEF, da questo punto di vista, è in qualche modo conseguente, ed evidenzia come questi fattori incidano pesantemente sulle performance delle diverse aree analizzate ma, soprattutto, come siano sintomi di un problema di sistema, che va dalla corruzione all’elevata burocrazia dell’amministrazione, dallo scarso peso che hanno le professionalità e le competenze nel mondo del lavoro, alla difficoltà di portare risorse finanziarie lì dove sono da sviluppare iniziative imprenditoriali innovative, con un mondo del lavoro rigidamente legato a schemi e modelli oggi inattuali. Con gravi arretratezze negli ambiti dell’innovazione e della cultura organizzativa (si veda ad esempio il fattore “Willingness to delegate authority” in cui l’Italia è valutata al 129° posto).
Ritardi nei fattori di innovazione che naturalmente sono collegate a quella che sempre il WEF chiama “networked readiness” che misura la propensione a sfruttare le opportunità offerte dall’ICT, dal punto vista non solo economico ma anche sociale, e che ha visto l’Italia in altalena tra il 51°, il 48° e nel 2013 al 50° posto, consolidando di fatto la sua regressione degli ultimi anni (ha perso 12 posizioni in 7 anni).
I fattori che più contribuiscono a questo risultato sono purtroppo noti: mancanza di strategia a livello di Governo, sistema normativo e politico sostanzialmente negativo, bassa qualità del sistema educativo, insufficiente formazione del personale aziendale, limitatezza del rapporto tra università e industria, popolazione di fatto non coinvolta nella “rivoluzione digitale”. La copertura con banda larga non è sempre adeguata, ma preoccupa ancor di più il fatto che la percentuale di cittadini che utilizzano Internet rimanga tra le più basse d’Europa.
Un Paese che ha tra i più alti tassi (39%) di occupazione su lavori ad alta intensità di conoscenza, ma non ha una legislazione del lavoro che la favorisce, come anche evidenzia l’indicatore sul Mercato del Lavoro, in cui la capacità di dare valore ai talenti (e “trattenerli”) nel rapporto WEF ci vede al 117° posto.
Gli studi e le classifiche sull’andamento dei sistemi nazionali, sottolineano però in generale un fattore che da più tempo da molte parti è messo in evidenza: l’arretratezza dell’Italia sui temi dell’Agenda Digitale è il sintomo di una crepa sempre più rilevante nella costruzione di un futuro di benessere per il nostro Paese, perché sempre più il digitale non diventa solo leva abilitante in diversi settori socio-economici, ma anche elemento di catalizzazione di una trasformazione profonda del sistema.
La consapevolezza della centralità del tema del digitale e della necessità di una strategia organica per tutto il sistema Italia, continua ad essere ancora assente in generale nelle politiche governative e nei temi di cui si dibatte in parlamento. E se il ritardo dell’Italia sugli obiettivi europei sull’Agenda Digitale è anche la conseguenza naturale dell’assenza di una Agenda Digitale Italiana , il ritardo sul fronte della competitività internazionale è risultato di una situazione che da più di dieci anni a questa parte non ha avuto risposte adeguate in termini di cambiamento di sistema.
Un sistema che continua a essere essenzialmente sfavorevole alle iniziative di innovazione.
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