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Verso il Digital Network Act: le sfide per il rilancio delle tlc Ue



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In risposta alla recente consultazione europea sul futuro delle comunicazioni elettroniche e delle infrastrutture, il Commissario europeo al Mercato interno, Thierry Breton, annuncia un “Digital Network Act” con l’obiettivo di ristrutturare il quadro regolamentare del settore e permettere agli attori europei di sfruttare le nuove opportunità offerte dai cambiamenti in atto

Pubblicato il 13 nov 2023



reti chip ia

La recente pubblicazione dei risultati della consultazione europea sul futuro del settore delle comunicazioni elettroniche e delle infrastrutture è stata l’occasione per l’annuncio, da parte del Commissario europeo al Mercato interno (Thierry Breton) di un “Digital Network Act” per ridefinire l’assetto regolamentare del settore e consentire agli attori europei di cogliere le nuove opportunità del cambiamento di paradigma in atto.

In realtà, l’esito della consultazione “omnibus” si è rivelato largamente inferiore alle aspettative, senza reali contributi originali al dibattito sui principali temi di interesse. Al di là di qualche dubbio, già discusso all’epoca della consultazione , sulla bontà del metodo, i risultati sono largamente scontati e privi delle evidenze quantitative da alcuni auspicate.

Tuttavia, volendo ricercare il bicchiere mezzo pieno, emergono alcuni spunti che vale la pena di riportare, anche solo come possibile sintesi dei cambiamenti in atto.

La sintesi della voce degli stakeholder

La consultazione di febbraio 2023 aveva l’ambizione di indagare quattro tematiche: (i) scenari tecnologici e di mercato; (ii) equità per i consumatori; (iii) barriere per il Mercato Unico; (iv) Fair Share. 62 le domande, molte delle quali “chiuse” (a scelta multipla, con una scelta spesso scontata) e numerose tabelle quantitative destinate a raccogliere evidenze sui flussi di dati e degli investimenti dei principali attori.

437 le risposte (di cui 124 di singoli cittadini), corredate da 164 position paper (probabilmente la documentazione più utile di tutta l’operazione). 108 i contributi delle imprese dei vari settori interessati, 87 associazioni imprenditoriali, 47 organizzazioni non governative, 16 istituti di ricerca, 14 associazioni di consumatori e 5 sindacati, oltre a 17 Autorità pubbliche.

Ad oggi sono state pubblicate la sintesi della consultazione e le risposte rese accessibili dai partecipanti. Per il momento, nessuna delle tabelle quantitative richieste ha dato luogo ad un risultato pubblico.

Tre i takeaway enfatizzati nella sintesi (qui riportati in inglese, a salvaguardia della retorica…):

  • We need innovation and efficient investment;
  • We need to leverage the Single Market to boost investment and innovation;
  • We need to secure our networks.

Scenari tecnologici e di mercato

La prima informazione lapalissiana riportata riguarda l’impatto delle nuove tecnologie (domanda a scelta multipla che confrontava la virtualizzazione delle reti con le batterie a lunga durata) e viene sostanzialmente confermato l’ordine di apparizione nel questionario, con il ruolo prioritario atteso della Network Virtualisation, dell’Intelligenza Artificiale, degli Open Networks (Network Disaggregation and cloud RAN) e dell’Edge Cloud.

Le reti cloud based

Ci siamo ormai definitivamente convinti che le reti del futuro saranno “cloud-based, virtualised and software defined”, garantendo un’elevata flessibilità nella configurazione di un crescente numero di ambiti applicativi, con infrastrutture che si adeguano a specifiche esigenze verticali (slicing). Tutto questo richiede naturalmente reti ad altissima capacità, resilienti e sicure.

Riguardo all’immancabile valutazione dell’impatto ambientale, tutti concordano sugli effetti positivi e sull’utilità del rapido switch-off verso le reti di nuova generazione.

Traffico dati

Passando al traffico dati, viene confermata la crescita medio annua attesa tra il 20% e il 30% fino almeno al 2030 (in linea con il passato), ma non viene pubblicata la classifica dei generatori di traffico, al netto della citazione di Netflix come il principale attore, seguito da Facebook, Google e altri attori considerati rilevanti come Tik Tok, servizi di streaming come DAZN, Hulu, nonché i più popolari siti porno.

Gli operatori di telecomunicazione hanno tenuto a ribadire che l’evoluzione dei codec e delle tecnologie di compressione non sono stati sufficienti a compensare le dinamiche di traffico. Inoltre, il tentativo di mappare il traffico a seconda delle modalità di instradamento non ha portato a risultati utilizzabili.

Gli investimenti

I dati sugli investimenti sembrano fare riferimento essenzialmente alle dichiarazioni degli operatori di telecomunicazioni (o alle loro associazioni), che hanno ribadito l’argomentazione retorica che gli investimenti sono cresciuti in modo significativo per seguire la dinamica del traffico, a fronte di ricavi nella migliore delle ipotesi costanti. L’”extra-investimento” (ovviamente autocertificato) rispetto ai piani 2017-2021 viene valutato nel 15-20%. Con riferimento al gap di 174 miliardi di euro stimato dalla Commissione fino al 2030, vengono presentate dei dati ancora più pessimistici, ma alcuni partecipanti riconoscono il ruolo significativo dei contributi pubblici stanziati.

Le sfide da affrontare

Per quanto concerne le sfide da affrontare, i temi che emergono sono di grande attualità anche in Italia. In effetti, a fronte di ricavi e margini in sofferenza, cresce l’interesse per nuovi soggetti infrastrutturali (wholesale only), ovvero si aprono nuove opportunità per modelli di business legati a operatori “virtuali”. Allo stesso tempo, è ampiamente condivisa la necessità di rivedere l’assetto regolamentare europeo per tenere conto delle trasformazioni in atto. I dati sugli investimenti (da milioni a centinaia di milioni) necessari per supportare il processo di trasformazione degli operatori non sono, ovviamente, interpretabili senza fare riferimento alle singole situazioni.

Le fonti di remunerazione dei nuovi investimenti

Le fonti di remunerazione dei nuovi investimenti continueranno a provenire innanzitutto dagli operatori privati, che manterranno un business model basato sulla connettività, ma permane la richiesta di accesso a fondi pubblici, ovvero alle misure di incentivo nazionali e comunitarie. Permangono invece delle perplessità sull’effettivo contributo per il settore che può derivare da nuove applicazioni verticali (es. guida automatica, sanità, etc…).

Equità per i consumatori

È largamente condivisa l’inadeguatezza della strumentazione attuale in materia di servizio universale, ma le posizioni che rimangono polarizzate, tra coloro che richiedono nuove misure e altri che ritengono più efficace ed efficiente affidarsi al mercato. Allo stesso tempo, il parere sulla modalità di finanziamento di un eventuale fondo per il servizio universale varia dal ricorso alla finanza pubblica al finanziamento da parte degli operatori.

Una maggiore uniformità di posizioni si rileva invece per l’utilizzo di strumenti selettivi e temporanei come i voucher per favorire l’adozione dei servizi.

Infine, dalle associazioni dei consumatori emerge la richiesta di mantenere alta l’attenzione sui cap all’incremento dei prezzi.

Le barriere al mercato unico

Sul fronte delle barriere al Mercato Unico la situazione presenta delle sensibili differenze a seconda dei singoli Paesi. Mentre la maggiore parte degli stakeholder lamenta un mercato europeo ancora troppo frammentato, quando vengono chieste le possibili modalità di uniformazione emergono molto chiaramente i timori per gli effetti sui singoli mercati nazionali. Di fatto, prevale la richiesta di creare le condizioni per un maggiore consolidamento all’interno dei mercati nazionali (aggregazione di operatori), mentre permane l’esigenza di mantenere delle specificità nei singoli Paesi europei. La materia dell’armonizzazione dello spettro radio (ampiamente condivisa) e delle condizioni di accesso alle risorse spettrali (per le quali emergono molti distinguo) è forse il migliore esempio della dicotomia che permane all’interno dell’Unione Europea.

Il tema del Fair Share

Il tema dell’”equo contributo” (fair share) al finanziamento delle nuove reti era probabilmente l’argomento più atteso della consultazione. In effetti, il questionario cercava sia di dimensionare l’ipotizzato sbilanciamento, che di identificare i possibili modelli di intervento.

La prima informazione che emerge, e forse poco nota, è che la situazione è abbastanza eterogenea a seconda dei Paesi, ma anche che i diversi protagonisti hanno già dato luogo a modalità di remunerazione del traffico (transito e interconnessione), sebbene non in modo soddisfacente dal punto di vista degli operatori di telecomunicazione.

Gli operatori di telecomunicazione confermano come l’identificazione dei soggetti rilevanti (i principali generatori di traffico, Large Traffic Generators, LTGs) possa essere fatta sulla base di una soglia del 5% e un contributo diretto è necessario per sostenere la crescita attesa del traffico nei prossimi anni. La motivazione di tale contributo viene ricondotta innanzitutto all’asimmetria negoziale nei confronti dei grandi attori globali. I benefici prospettati vanno dallo sviluppo degli investimenti e l’accelerazione della costruzione delle nuove reti, fino alla qualità e il prezzo dei servizi, nonché l’impatto occupazionale e ambientale. Il modello di intervento proposto è incentrato sulla negoziazione in buona fede tra le parti, un meccanismo di risoluzione di eventuali dispute e un arbitrato.

All’opposto, la posizione dei fornitori di contenuti (Content Applications Providers CAPs) e dei LTGs è altrettanto netta e rimanda ai meccanismi di mercato per definire modalità e condizioni. I rischi derivanti dall’introduzione di un contributo a loro carico vengono associati al disincentivo all’innovazione, al possibile impatto negativo sui consumatori in termini di prezzi e varietà dei servizi, ma anche sulle dinamiche competitive.

Infine, la maggior parte dei rispondenti è contraria alla creazione di un fondo europeo e ritiene comunque che la soluzione migliore sia un’armonizzazione della tassazione all’interno dell’Unione Europea.

Non pervenuti i dati sul dimensionamento dei flussi di dati…

In attesa del Digital Network Act

Ritornando alle dichiarazioni del Commissario Breton su LinkedIn, la ricetta per ridare slancio alla crescita e all’innovazione del settore, nonché alla competitività degli operatori di telecomunicazione europei è fatta di quattro ingredienti.

Il primo ingrediente consiste nella facilitazione delle operazioni transfrontaliere e la creazione di veri operatori infrastrutturali pan-europei in grado di cogliere le opportunità del mercato europeo. Allo stesso tempo, il consolidamento del mercato va indirizzato anche all’interno degli Stati membri, tutelando i benefici per i consumatori e l’innovazione.

Il secondo aspetto riguarda l’adeguamento del quadro normativo e regolatorio per la riduzione dei costi e il rapido dispiegamento delle nuove tecnologie. Il Gigabit Infrastructure Act ha posto le basi per la realizzazione dell’ultimo miglio, ma ora serve un approccio più ampio che coinvolga anche la gestione dello spettro radio, per molti Stati la gallina d’oro delle telecomunicazioni.

Un ulteriore ingrediente consiste nella capacità di attrarre nuovi capitali nel settore delle telecomunicazioni, visto che l’attuale dinamica degli investimenti non consente di raggiungere gli obiettivi del Digital Compass. Il dibattito sul fair share è solo una parte, minore, del problema, che richiede uno sforzo imponente non solo per le telecomunicazioni, ma per l’insieme delle tecnologie digitali.

L’ultimo snodo strategico riguarda la sicurezza delle reti, a maggior ragione in un mondo fortemente interconnesso e caratterizzato da tensioni geopolitiche. L’Unione Europea deve garantire il pieno controllo dei processi decisionali in settori strategici come quello delle infrastrutture di telecomunicazioni, evitando pericolose interferenze esterne. Lo spettro radio e i cavi sottomarini sono due degli ambiti dove intervenire in via prioritaria.

Benvenuto al Digital Network Act.

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