smart city

Comuni, ri-progettare l’innovazione con il Piano Triennale Agid

Il Piano triennale per l’informatizzazione della PA presentato da Agid rappresenta un importante quadro di riferimento nell’indirizzare i processi di digitalizzazione. I Comuni colgano l’occasione anche per coinvolgere le migliori energie e le idee delle imprese che operano a livello nazionale e internazionale

Pubblicato il 20 Giu 2017

Michele Vianello

consulente e digital evangelist

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Le osservazioni che seguono intendono segnalare alcune opportunità che potranno mettere molti Comuni in sintonia con quanto previsto dalla legislazione in materia di digitale (CAD/FOIA) e con gli indirizzi del Piano Triennale per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione 2017-2020.

Mi spiego meglio.

Il cosiddetto “Bando per le periferie” ha messo a disposizione di tutti i capoluoghi di provincia ingenti risorse (2.1 miliardi di euro) per la rivitalizzazione di importanti aree delle nostre città.

Qualche Sindaco, a tal proposito, ha citato la nota idea del “rammendo” proposta da Renzo Piano.

Poteva essere, quella del Bando Periferie, una straordinaria opportunità per dare vita a veri e propri “laboratori all’aria aperta” di riqualificazione urbana dove, ad interventi più tradizionali (ristrutturazione scuole, strade ecc.), si potevano unire azioni le quali, utilizzando le potenzialità messe a disposizione dalle piattaforme e dalle infrastrutture digitali, riqualificavano davvero il “vivere” e il “lavorare” negli ambienti cittadini.

Insomma, materiale ed immateriale uniti in un unicum organico.

Inoltre, l’auspicabile (e premiato nel punteggio) partenariato tra pubblico e privato poteva consentire di sancire accordi con importanti operatori del mondo delle TLC. I campi di intervento potevano essere quelli dell’utilizzo di IOT e di piattaforme per gestire i dati e renderli utilizzabili ai cittadini e alle PA.

Purtroppo il “Bando periferie” si è limitato, in troppi Comuni, ad una occasione di finanziamento dell’ordinario. Per carità, niente di disdicevole, ma si è finanziata una idea “antica” di recupero (rammendo) delle periferie.

Le Città Metropolitane (e i Comuni siciliani di Catania e Messina) hanno a disposizione quasi 900 milioni di euro messi a disposizione dal filone di finanziamento comunemente denominato “PON Metro” 2014/2020.

Le Città metropolitane dovranno poi estendere, in “riuso”, le loro realizzazioni agli altri Comuni dell’area. Come si capirà bene una quota rilevante dei Comuni italiani, i principali centri urbani, hanno a disposizione le risorse finanziarie per innovare davvero i loro tessuti urbani e il loro modo di operare.

Come è noto, i Comuni italiani in questi anni, in assenza di dotazioni finanziarie adeguate non hanno potuto realizzare adeguate politiche di innovazione.

I Bandi Pon Metro sono articolati secondo due assi di intervento (Smart City) Agenda digitale metropolitana e Sostenibilità dei servizi e mobilità urbana, e due assi di intervento (Innovazione sociale) Servizi per l’inclusione sociale e Infrastrutture per l’inclusione sociale, e un asse denominato Assistenza Tecnica.

Qui vorrei concentrarmi soprattutto sui primi due assi, definiti, un po’ pomposamente come Smart City.

Le diverse Città, ad oggi, esprimono diversi livelli di avanzamento nella fase di progettazione e di realizzazione di quanto programmato. Una lettura attenta dei diversi progetti presentati ci offre una situazione nella quale si sommano almeno tre tipi di progettualità/ interventi:

  • ammodernamento (molto spesso manutenzione evolutiva) della dotazione informatica dei Comuni metropolitani;
  • progettualità rivolta alla interoperabilità di piattaforme gestionali, ai sistemi di sorveglianza urbana e allo sviluppo degli ecosistemi di Internet of Things;
  • interventi assolutamente tradizionali volti a realizzare strade, ponti, ecc.. Insomma, le tradizionali, giuste, infrastrutture civili.

Gli assi 4 e 5, rivolti all’inclusione sociale, sono declinati, quasi sempre in modalità molto tradizionale. Come noto, invece, inclusion è uno dei parametri smart che andrebbero maggiormente sviluppati.

Anche in questo caso, l’utilizzo di piattaforme digitali potrebbe facilitare i processi di inclusione, soprattutto nel mondo globalizzato.

Tornando agli assi 1 e 2 l’impressione è che i Comuni abbiano rispolverato molti progetti chiusi nei cassetti e mai realizzati per assenza di risorse (trovo nei progetti presentati troppi “gestionali dei lavori pubblici” o “sportelli unici edilizia privata”).

Come ho già avuto occasione di scrivere, il Piano triennale per l’informatizzazione della PA presentato da Agid rappresenta un importante quadro di riferimento nell’indirizzare i processi di digitalizzazione.

I Bandi PON Metro, sia per l’importanza della platea investita (non solo i più importanti Comuni capoluogo, ma obbligatoriamente tutti i comuni dell’area metropolitana), che per la dotazione finanziaria, andrebbero valutati e coordinati al Piano triennale che, altrimenti, si ridurrebbe ad una mera esortazione.

Ciò non vuole dire abbandonare i progetti già presentati. All’opposto, soprattutto nei Comuni dove ancora la fase progettuale è ad uno stadio meno avanzato e dove le gare non sono state bandite, bisognerebbe avere il coraggio di rielaborare la progettualità, confrontandola con l’Agid e con il team di Piacentini.

Insomma, finalmente, un minimo di organicità negli interventi.

Questa elaborazione e le realizzazioni conseguenti potrebbero davvero, a questo punto, diventare delle best practice da condividere sull’intero territorio nazionale.

Naturalmente in questa fase progettuale sarebbe opportuno coinvolgere, anche attraverso procedure concorsuali, le migliori energie e le idee delle imprese che operano a livello nazionale ed internazionale nell’Information technology.

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