Agenda digitale, digitaly, decreto crescita … un processo lungo che ha portato la Camera al sì definitivo del decreto sviluppo.
Un lavoro lungo e impegnativo iniziato con la creazione di una cabina di regia da parte governativa, conclusosi con il doppio voto di fiducia che non ha permesso di poter modificare il testo, approvato in base ai pochi emendamenti passati al vaglio della commissione competente del Senato.
Numerosi restano i punti irrisolti. Non sono mancate critiche da parte di varie associazioni della rete che hanno definito l’Agenda monca, un’occasione perduta.
Si poteva pensare che la crisi governativa portasse alla non approvazione del decreto sviluppo e quindi con un nulla di fatto per l’Italia digitale. Notevoli pressioni sono arrivate dal fronte europeo: la commissaria Kroes ha persino scritto un tweet in italiano per incentivare l’approvazione immediata del testo. L’Europa necessita di un’Italia digitale. L’Italia, per divenire tale, ha bisogno di un cambiamento forte, a partire dalla banda larga, di incentivi per le start-up e soprattutto una regolamentazione differente per il commercio elettronico. Le esportazioni e le piccole medie imprese italiane richiedono sostegni e aperture verso il digitale: l’e-commerce è da tempo una frontiera “valicabile” e l’Italia non può rimanere ferma. I prodotti italiani nel mondo sono tra i più richiesti e non possiamo permetterci di perdere competitività.
Perduta, quindi, un’occasione anche dal punto di vista del commercio elettronico.
La parte, invece, più inquietante del decreto resta l’approvazione di una norma in materia di inquinamento elettromagnetico. Si è reso molto meno netto il limite sulle emissioni. Occorrono, al contrario, paletti severi nella misurazione dei campi elettromagnetici per la salute dei cittadini.
Gravi i limiti del testo e un vero buco nero sul tema dell’inquinamento elettromagnetico. Non sono mancati, però, passi in avanti durante la discussione del decreto al Senato.
Numerosi sono gli emendamenti formulati dal gruppo del Partito democratico approvati. Grazie alla collaborazione di associazioni che lavorano sulla rete e per la rete, è stato possibile elaborare testi emendativi che hanno migliorato notevolmente il decreto a partire da una Carta dei diritti in rete fino a toccare i temi fondamentali del riuso, dell’accessibilità, delle comunità intelligenti e del piano di realizzazione del telelavoro; così come è stato confermato il rinvio di un anno, al 2014-2015 dell’obbligo di e-book e libri ibridi nelle scuole.
Di notevole importanza resta l’approvazione dell’emendamento, di cui sono primo firmatario, che prevede un’ agevolazione per le “opere d’ingegno”. Si tratta del credito d’imposta per promuovere l’offerta online, ora articolo 11-bis: “Al fine di migliorare l’offerta legale di opere dell’ingegno mediante le reti di comunicazione elettronica, è riconosciuto un credito d’imposta del 25 per cento dei costi sostenuti, nel rispetto dei limiti della regola de minimis, di cui al regolamento (CE) n. 1998/ 2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, alle imprese che sviluppano nel territorio italiano piattaforme telematiche per la distribuzione, la vendita e il noleggio di opere d’ingegno digitali. […]”
L’art 11-bis del provvedimento oltre ad introdurre il principio del credito d’imposta a favore delle start-up, prevede anche agevolazioni per gli anni 2013, 2014 e 2015 fino a un tetto di 5 milioni di euro anni e fino a esaurimento delle risorse disponibili. Il credito d’imposta è riconosciuto in misura del 25 per cento dei costi sostenuti. La prossima legislatura dovrà, però, imprimere un altro passo alla “rivoluzione” digitale.