C’è un’altra grande occasione per la digitalizzazione del Paese, e anche questa rischia di essere gettata al vento per la mancanza di una politica chiara del Governo. Si tratta dei voucher per la banda ultralarga, un tesoretto da 1,5 miliardi di euro totalmente dimenticato dal 2017, rispolverato grazie a una Risoluzione della Lega in IX Commissione alla Camera nel dicembre del 2019 e, purtroppo, ancora oggi non tradotto in misure concrete e palpabili.
I soldi perduti per la banda larga nelle scuole
A maggio il ministro Pisano, al termine di una riunione del Cobul, aveva annunciato di aver sbloccato fondi per un totale di 1.546 milioni, di cui 400 per il piano scuole e 1.146 per i voucher.
Per quanto riguarda le scuole sappiamo bene come (purtroppo) sia andata a finire: dei 400 milioni ne sono rimasti la metà, la campanella del primo giorno è suonata e della connessione a un 1 giga per 32.000 istituti italiani nemmeno l’ombra.
I problemi dei voucher
Più complessa e a tratti preoccupante la situazione del miliardo e cento milioni per i questi bonus internet e pc destinati agli italiani, prima a quelli con Isee sotto i 20.000 euro annui, poi per imprese e famiglie con redditi ISEE fino a 50.000 euro all’anno.
Per ragioni di opportunità – o più probabilmente perché non obbligatorio – il Governo ha preferito non porre in consultazione la fase 1, diretta alle famiglie con ISEE inferiore a Euro 20.000,00. Fretta, superficialità o altro, il risultato è che i 500 euro destinati alle famiglie hanno l’aspetto di un ‘pasticciaccio brutto’, soldi veri ma con qualche incomprensibile vincolo che rischia di annebbiare la liberalità dell’erogazione e fa sorgere qualche dubbio. In pratica il voucher, oltre che per servizi di connettività, potrà essere utilizzato anche per acquistare hardware (tablet o pc) ma a condizione che siano forniti dal medesimo operatore che ha offerto il servizio.
Sbagliato obbligare a passare dagli operatori telefonici
Tradotto: per acquistare un computer dovrò rivolgermi a un operatore telefonico e non a un negozio di vicinato o a un centro commerciale. Dalla partita sono stati esclusi gli operatori economici attivi sul mercato della produzione, dell’importazione e della distribuzione di tali prodotti. Limitando così anche la libertà dell’utente, la sua facoltà di scelta. Perché? Lo abbiamo chiesto pochi giorni fa al ministro Stefano Patuanelli, intervenuto alla Camera in IX Commissione, ma non abbiamo per ora ricevuto risposta.
Questa anomalia è stata sottolineata, con un articolato documento inviato a Infratel, da Assoprovider. Nel testo si evidenzia come i voucher debbano rispettare la libera scelta dell’utente anche in materia di apparati come sancita dal Regolamento (EU) 2015/2120 e dalla Delibera 348/18/CONS e pertanto l’utente debba rimanere libero di acquistare ed utilizzare hardware (modem/router, tablet, e computer) di propria scelta, senza alcuna imposizione, anche indiretta, da parte degli operatori o della PA. “Laddove il voucher copra, direttamente o indirettamente, il costo di tali hardware – si legge nel documento – l’utente deve essere parimenti libero di spendere il relativo importo presso rivenditori di propria scelta, senza essere vincolato all’acquisto di specifici apparati venduti dal proprio operatore di telecomunicazione”.
E’ drammatico constatare come in uno scenario da analfabetismo digitale (quasi ultimi nell’indice Desi, scuole senza connessione, un terzo delle famiglie italiane senza banda ultralarga, nessuna strategia nazionale sulla rete unica), persino sui voucher non si riesca a fare la cosa più semplice: erogarli alle famiglie e lasciare che sia il mercato, dentro la cornice dettata dallo Stato, a indirizzare le scelte dei consumatori. La Lega chiederà il rispetto di questa semplice misura di buonsenso.