la risoluzione

Voucher fibra, troppi ritardi. Capitanio (Lega): “Il Governo esca dall’impasse”

Con la delibera CIPE n. 71/2017 sono stati assegnati al Ministero dello sviluppo economico 1,3 miliardi di euro (a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione) a sostegno della domanda di servizi di connettività a banda ultra-larga. Cosa aspettiamo a spenderli?

Pubblicato il 26 Nov 2019

Massimiliano Capitanio

Commissario Agcom

ultrabroadband

Non ci può essere rivoluzione del 5G senza infrastrutture digitali. E allora è fondamentale che dal Governo arrivi un segnale forte e convinto al mondo delle telecomunicazioni che ha versato nelle casse dello Stato 6,5 miliardi per le frequenze del 5G.

Se un Governo crede nell’innovazione e nella digitalizzazione del Paese, allora è conseguente che non possa “dimenticare” 1,3 miliardi di euro destinati ai voucher per il consumo di banda ultra-larga.

La proposta di Risoluzione che verrà discussa domani, mercoledì, nella IX Commissione della Camera, ha un valore concreto ma anche un significato simbolico: approvarla significa dire “ci crediamo”, significa dire “non possiamo più attendere”, significa dimostrare che questa partita non ha colori politici e proprio per questo è condivisa da tutti.

Del resto, è dal marzo 2015 che il “Piano di investimenti per la diffusione della banda ultra larga”, approvato ad integrazione della Strategia italiana per la Banda ultra-larga prevede “incentivi alla domanda (voucher) per incrementare il numero dei sottoscrittori di servizi ad almeno 100 Mbps”. Con la delibera CIPE n. 71/2017 sono stati assegnati al Ministero dello sviluppo economico 1,3 miliardi di euro (a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione) a sostegno della domanda di servizi di connettività a banda ultra-larga. Cosa aspettiamo a spenderli?

I ritardi infrastrutturali dell’Italia

La copertura in Italia con tecnologie che abilitano connessioni ad oltre 100 Mbps è pari al 22%, rispetto ad una media europea del 58% e con riferimento alla penetrazione della banda larga fissa sopra i 100 Mbps, in Italia si registra un valore pari a circa il 5% delle abitazioni rispetto ad una media europea intorno al 15%.  Senza entrare nel ginepraio delle cause e delle responsabilità, i numeri relativi ai piani di Open Fiber parlano di un Comune “terminato” a fronte di 5554 Municipi dove la rete dovrà essere realizzata, collaudata, e, aspetto non secondario, commercializzata.

Cosa fare con 1,3 miliardi? In primo luogo, introdurre incentivi per generare sconti sul prezzo di acquisto o per sostenere in qualche modo l’attivazione di servizi di connessione alla rete internet ad almeno 100 Mbps in download. Rispettando la neutralità tecnologica e senza trascurare il fondamentale apporto del Fixed wireless access nella riduzione del digital divide, chiediamo inoltre che tali incentivi siano usufruibili in particolare da cittadini e PMI attualmente privi di collegamento alla banda ultra-larga. E se questi fondi possono supportare lo sviluppo della rete nei comparti industriali (oltre 7000 non arrivano ai 30 mega), si trovi il modo di incanalarli in parte in questa direzione.

Se vogliamo lavorare seriamente, questo è solo un primo passo. Chi, come tanti parlamentari, fa o ha fatto l’amministratore locale, sa benissimo che cittadini, scuole, imprese non posso aspettare il pieno rispetto dei parametri dell’Agenda digitale. Molti Comuni, dove il segnale Rai non è pervenuto e la Bul è un acronimo sconosciuto, si accontenterebbero di molto meno di 100 mbps in download: sarebbe sufficiente garantire il lavoro da casa, il funzionamento delle Lim a scuola, la fruibilità delle tv on demand. La normalità: è questo il primo obiettivo da garantire.

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