L’EEA – European Accessibility Act, ovvero la direttiva UE 2019/882 del 17 aprile 2019 sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi, impone a produttori e fornitori l’adeguamento a partire dal 28 giugno 2025.
La scadenza per la trasposizione di questa Direttiva, in cui verranno anche stabilite le sanzioni in caso di non conformità, è fissata per il 28 giugno 2022.
Accessibilità dei siti web: cosa cambia con l’estensione degli obblighi ai soggetti privati
Per fare alcuni esempi, saranno coinvolti: hardware e sistemi operativi informatici generici per consumatori (es. smartphone, computer, smart tv), servizi di accesso a media audiovisivi (es. Netflix), servizi di comunicazione elettronica (es. whatsapp), terminali di pagamento, siti web o app relativi a servizi di trasporto, bancari o di commercio elettronico.
L’Italia dispone già di una normativa relativa, inter alia, all’accessibilità digitale (la cd. “Legge Stanca”), che impone alcuni obblighi alle pubbliche amministrazioni e ai privati che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a cinquecento milioni di euro.
Le modalità di attuazione degli obblighi fissati dalla Legge Stanca sono indicate nelle linee guida dell’AGID – Agenzia per l’Italia Digitale, che, nella formulazione attuale, sono rivolte esclusivamente alle pubbliche amministrazioni: le nuove linee guida dovrebbero essere emanate nel corso del 2022, cosicché anche i privati si adeguino, con sanzioni previste fino al 5% del fatturato.
Accessibilità digitale: perché è necessario cambiare prospettiva
Solo nell’Unione Europea le persone con una forma di disabilità sono circa 87 milioni[1].
Persone che si scontrano quotidianamente con importanti barriere all’accesso a prodotti e servizi: le nuove soluzioni come un visore per la realtà aumentata o un’automobile che si guida (quasi) da sola, semplificano la vita di molti, ma non di tutti.
La pandemia da Covid-19 ha amplificato queste difficoltà e il problema è all’attenzione del legislatore europeo e italiano: da tempo si assiste a un crescente intervento diretto a garantire l’accessibilità dei prodotti e servizi digitali.
A voler cambiare prospettiva, un’impresa che fornisce prodotti e servizi digitali in tutta l’Unione Europea in modo non accessibile perde un’importante fetta di mercato. Per converso, un’impresa che si sia totalmente adeguata, anche in anticipo rispetto all’entrata in vigore dei relativi obblighi, potrebbe godere di un importante vantaggio competitivo.
In definitiva, se l’accessibilità dei prodotti e dei servizi digitali non è già oggi una priorità della strategia commerciale di ogni impresa, forse dovrebbe esserlo.
Accessibilità digitale: il quadro normativo internazionale
Il primo nucleo normativo inerente ai diritti delle persone con disabilità si rinviene nella Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità e il relativo Protocollo Opzionale[2], entrambi ratificati dallo Stato italiano il 24 febbraio 2009.
La Convenzione è il documento di riferimento nello stabilire i principi e le priorità degli interventi normativi e regolamentari sul tema della disabilità.
In particolar modo, l’art. 9 prevede che gli Stati contraenti debbano adottare misure adeguate affinché sia garantito alle persone con disabilità l’accesso all’informazione e alla comunicazione, compresi i relativi sistemi e tecnologie.
Rispetto ai privati, l’art. 21, lett. c) e d), impone agli Stati membri di richiedere agli enti privati che offrono servizi al grande pubblico come i mezzi di comunicazione di massa e Internet, di fornire informazioni e servizi con sistemi accessibili e utilizzabili dalle persone con disabilità.
Nel solco tracciato dalla Convenzione, la Commissione Europea si è mossa per la definizione di norme minime a tutela delle persone con disabilità.
In tema di accessibilità digitale, le innovazioni più rilevanti si sono recentemente avute con la WAD – Web Accessibility Directive[3] e con l‘EEA – European Accessibility Act[4].
La WAD, attuata in Italia dal D. Lgs. 10 agosto 2018, n. 106, ha rappresentato il primo passo per l’armonizzazione della normativa europea sulla fornitura di siti web e applicazioni mobili accessibili alle persone con disabilità e ha introdotto importanti modifiche alla Legge Stanca, imponendo il rispetto dei quattro principi di accessibilità, ossia percepibilità, utilizzabilità, comprensibilità e solidità[5], e dello standard europeo EN 301 549 v3.2.1 (2021-03)[6].
Tuttavia, le norme della WAD si riferiscono esclusivamente agli enti pubblici degli Stati membri e non anche alle aziende private.
Poco tempo dopo l’entrata in vigore della WAD, l’emanazione dell’EAA ha segnato una svolta nell’approccio comunitario al tema dell’accessibilità digitale.
Invece di focalizzarsi sulle imprese, l’EAA incentra i propri obblighi su prodotti e servizi, raggiungendo una vastissima platea di operatori economici, anche privati, con l’esclusione delle sole microimprese.
Gli obblighi variano a seconda della posizione ricoperta dall’operatore economico considerato (i.e. fabbricante o suo rappresentante autorizzato, importatore o distributore). Tra gli obblighi più rilevanti vi è senza dubbio quello relativo all’apposizione della marcatura CE – nonché tutte le attività accessorie – da parte del fabbricante, a garanzia del rispetto dei requisiti tecnici previsti nella direttiva.
A tal proposito, ai sensi dell’art. 15 dell’EAA, i prodotti e i servizi coinvolti si presumeranno conformi all’EAA stessa, e alla sua futura implementazione italiana, ove conformi agli standard che la Commissione renderà noti sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea.
La scadenza per la trasposizione dell’EAA in Italia è fissata per il 28 giugno 2022 e, le previsioni ivi contenute, saranno in vigore dal 28 giugno 2025.
Al momento è disponibile online una prima bozza del decreto di attuazione[7], attualmente sottoposta al parere delle competenti Commissioni parlamentari, che riproduce in larga parte il testo dell’EAA con alcune precisazioni sulle autorità di vigilanza competenti in Italia (il Ministero dello Sviluppo Economico e l’AgID) e le sanzioni (fino ad euro 40.000), cumulabili con quelle previste dalla Legge Stanca.
Accessibilità digitale: cosa prevede il quadro normativo italiano
La norma di riferimento per l’accessibilità digitale in Italia è la cd. “Legge Stanca”[8], il cui scopo primario è quello di favorire l’accesso di soggetti con disabilità agli strumenti informatici.
Secondo la Legge Stanca, un servizio informatico o sito web può definirsi “accessibile” quando le modalità di accesso alle informazioni in esso contenute siano, per l’utente, facilmente fruibili; l’efficienza nell’uso è garantita dalla separazione tra contenuto, presentazione e modalità di funzionamento delle interfacce, nonché dalla possibilità di ottenere la stessa informazione attraverso modalità sensoriali differenti, indipendentemente dal dispositivo utilizzato per l’accesso.
Più volte sottoposta ad emendamenti, per quanto qui d’interesse la Legge Stanca è stata modificata dapprima nel 2018 con il recepimento della WAD (“Primo Aggiornamento”), successivamente nel 2020 con il Decreto Legge n. 76 del 16 giugno 2020 convertito in Legge n. 120 dell’11 settembre 2020 (“Secondo Aggiornamento”) e, da ultimo, con la Legge n. 233 del 29 dicembre 2021 (“Terzo Aggiornamento”).
I destinatari a cui la Legge Stanca faceva originariamente riferimento erano:
- enti pubblici economici;
- aziende private concessionarie di servizi pubblici;
- aziende municipalizzate regionali;
- enti di assistenza e riabilitazione pubblici;
- aziende di trasporto e di telecomunicazione a prevalente partecipazione di capitale pubblico e aziende appaltatrici di servizi informatici;
- organismi di diritto pubblico nonché tutti i soggetti che usufruiscono di contributi pubblici o agevolazioni per l’erogazione dei propri servizi tramite sistemi informativi o internet.
Tuttavia, con il Secondo Aggiornamento, l’ambito di applicazione della Legge Stanca è stato esteso anche a grandi imprese private che offrono servizi pubblici attraverso siti web o applicazioni mobili, con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a cinquecento milioni di euro.
I soggetti destinatari della Legge Stanca:
- Devono realizzare siti web e applicazioni accessibili – ossia conformi alle linee guida emanate dall’AgID;
- Devono fornire ed aggiornare periodicamente una dichiarazione di accessibilità particolareggiata, esaustiva e chiara sulla conformità dei rispettivi siti web e applicazioni mobili alla Legge n. 4 del 2004. Tale dichiarazione deve comprendere, inter alia, le indicazioni alle parti del contenuto del sito web o dell’applicazione mobile non accessibile per onere sproporzionato[9], con adeguata motivazione delle ragioni che ne giustificano l’inaccessibilità e di eventuali soluzioni di accessibilità alternative fornite dai soggetti coinvolti, ma anche la descrizione del meccanismo di feedback per gli utenti e relativo link. La dichiarazione di accessibilità viene pubblicata sul sito web del soggetto coinvolto, dal quale deve essere facilmente fruibile per l’utenza. Va inoltre specificato che il modello di dichiarazione, uguale per siti web e applicazioni mobili, è definito con le linee guida di cui all’art. 11 della Legge Stanca, nel rispetto di quanto stabilito dalla Commissione europea e va redatto necessariamente attraverso un portale presente sul sito dell’AgID.
- Non possono stipulare contratti per la realizzazione e la modifica di siti web e applicazioni mobili quando non è previsto che essi rispettino i requisiti di accessibilità stabiliti nelle linee guida dell’AgID, pena la nullità degli stessi. In caso di rinnovo, modifica o novazione di contatti vigenti al momento della data di pubblicazione delle linee guida di cui all’art. 11, sono adeguati, a pena di nullità, alle disposizioni di sopracitata legge circa il rispetto dei requisiti di accessibilità, con l’obiettivo di realizzare tale adeguamento entro dodici mesi dalla medesima data di adozione delle predette linee guida.
- Devono mettere a disposizione del dipendente con disabilità la strumentazione hardware e software e la tecnologia assistiva adeguata alla specifica disabilità, anche in caso di telelavoro, in relazione alle mansioni effettivamente svolte.
È bene notare che, in realtà, questa disposizione si applica a tutti i datori di lavoro pubblici e privati e non soltanto ai destinatari della Legge Stanca.
Un profilo di particolare interesse riguarda le linee guida che l’AgID[10] ha emanato ai sensi dell’art. 11 della Legge Stanca per stabilire i requisiti tecnici per l’accessibilità degli strumenti informatici. La loro ultima versione, infatti, è stata adottata prima del Secondo Aggiornamento ed è quindi indirizzata esclusivamente ai soggetti pubblici o “para-pubblici”[11]. Pertanto, le grandi imprese private non hanno attualmente alcun riferimento tecnico ufficiale per adeguarsi agli obblighi contenuti nella stessa legge.
Oltre alla redazione delle linee guida di cui all’art. 11, la Legge Stanca ha attribuito all’AgID numerosi compiti, tra cui la vigilanza rispetto all’accessibilità dei servizi digitali erogati dai soggetti coinvolti.
Nel caso in cui la violazione delle disposizioni sia posta in essere dalle grandi imprese private, l’AgID può compiere gli accertamenti necessari e fissare una scadenza entro cui il soggetto coinvolto è tenuto ad adeguarsi.
In caso di inottemperanza alla diffida, l’AgID si riserva di applicare sanzioni amministrative pecuniarie fino ad un ammontare pari al 5% del fatturato del soggetto coinvolto.
Tuttavia, in assenza delle nuove linee guida di AgID, le imprese private non hanno gli strumenti tecnici necessari per adeguarsi agli obblighi previsti dalla Legge Stanca.
Ad esempio, la dichiarazione di accessibilità viene redatta e pubblicata utilizzando esclusivamente l’applicativo presente sul sito dell’AgID[12]. Anche qualora un soggetto privato volesse redigere una propria dichiarazione di accessibilità vi sarebbe impossibilitato, dato che la piattaforma è riservata alle pubbliche amministrazioni.
Allo stesso modo, come potrebbe un’impresa privata stipulare un contratto per la realizzazione di un sito web con una clausola di rispetto dei requisiti di accessibilità stabiliti nelle linee guida quando queste linee guida non sono indirizzate a privati?
In conclusione, non resta che auspicare un intervento chiarificatore e risolutivo dell’AgID con l’emanazione delle nuove linee guida per soggetti privati.
Accessibilità digitale: i nodi da sciogliere sulle imprese private
Ad oggi, gli obblighi in materia di accessibilità digitale non sono molti e sono contenuti nella Legge Stanca.
Il meno controverso è previsto dall’art. 4, co. 4, il quale impone a tutti i datori di lavoro pubblici e privati di fornire ai dipendenti con disabilità la strumentazione hardware e software adeguata alla specifica disabilità, anche in caso di telelavoro, in relazione alle mansioni effettivamente svolte.
Ai fini di un più puntuale adempimento a questo obbligo, l’AgID ha emanato delle specifiche tecniche rispetto ad hardware, software e tecnologie assistive delle postazioni di lavoro a disposizione del dipendente con disabilità[13]. Ciò detto, i vari prodotti assistivi esistenti sul mercato non risultano equivalenti per tutti gli utenti, anche a parità di funzione e di costo.
L’uso di ciascuno di essi andrà concordato tra il datore di lavoro e il dipendente, dando precedenza, nei limiti del possibile, alle preferenze di quest’ultimo, ove comprovate da specifiche conoscenze pregresse dello strumento e della sua usabilità: a fronte di casi di dipendenti con stessa disabilità, occorrerà tenere conto delle singole particolarità.
Tuttavia, per quanto riguarda gli altri obblighi, applicabili soltanto alle grandi imprese private definite all’art. 3, co. 1-bis, vi sono vari profili di ambiguità.
Il principale obbligo previsto dalla Legge Stanca, ossia la garanzia rispetto all’accessibilità di siti web e applicazioni, non può essere pienamente rispettato, data l’assenza di linee guida AgID applicabili anche a tali soggetti privati.
Vi sarebbe poi l’obbligo di non stipulare contratti per la realizzazione e la modifica di siti web e applicazioni mobili quando non è previsto che essi rispettino i requisiti di accessibilità stabiliti nelle linee guida, pena la nullità degli stessi; a questo proposito, come notato sopra, non è chiaro come un soggetto privato possa richiedere ad una controparte contrattuale privata il rispetto di linee guida non applicabili a nessuno dei due soggetti.
Allo stesso modo, un soggetto privato non può attualmente conformarsi nemmeno all’obbligo di pubblicazione della dichiarazione di accessibilità, atteso che la piattaforma AgID su cui quest’ultima deve redigersi non è accessibile a privati.
Questa situazione di incertezza, tuttavia, è destinata a cambiare.
Conclusioni
Nel corso del 2022 si attendono delle linee guida AgID riferibili alle grandi imprese private come definite dall’art. 3, co. 1-bis della Legge Stanca e quindi anch’esse dovranno adeguarsi alle specifiche ivi contenute. È verosimile, inoltre, che nello stesso periodo l’AgID aggiorni la propria piattaforma online così da permettere anche a tali imprese di pubblicare la dichiarazione di accessibilità.
A decorrere dal 28 giugno 2025, tutti i soggetti rientranti nell’ambito di applicazione dell’EAA, ossia moltissimi operatori economici del settore digitale fatte salve le sole microimprese, dovranno adeguarsi agli obblighi contenuti nel decreto di attuazione che verrà emanato nel corso di quest’anno.
Dunque, nei prossimi tre anni – ma non ci stupiremmo se ciò accadesse nell’arco di molto meno – si assisterà ad un’accelerazione del processo di attuazione della normativa in materia di accessibilità digitale.
I nuovi requisiti (e le potenziali sanzioni) impongono a tutti gli operatori economici coinvolti un ripensamento delle politiche sul tema. Chi si occupa di sviluppo di siti, software o hardware sa bene quanto possa essere complesso integrare nuove caratteristiche strutturali in un prodotto il cui design è già stato ultimato e sa anche che, talvolta, ciò può significare riprogettare il prodotto nel suo complesso.
Fare la differenza significa essere consapevoli di quali obblighi la normativa applicabile impone attualmente e imporrà negli anni a venire. Prenderli in seria considerazione, e farlo per tempo, è il primo, necessario, passo per evitare pesanti sanzioni nel prossimo futuro.
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Note
- Commissione Europea, “Un’Unione dell’uguaglianza: strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030″, 2021, pag. 1. ↑
- Disponibili al seguente link: UN Convention on the Rights of Persons with Disabilities. ↑
- Direttiva (UE) 2016/2102 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, relativa all’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici. ↑
- Direttiva (UE) 2019/882 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi ↑
- Si veda anche l’art. 4 e Considerando n. 37 della WAD. ↑
- Tale standard risulta correntemente applicabile ai sensi della Decisione di esecuzione (UE) 2021/1339 della Commissione dell’11 agosto 2021. ↑
- Reperibile al seguente link: https://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/docnonleg/44271.htm ↑
- Legge 9 gennaio 2004, n. 4, recante disposizioni per favorire l’accesso degli utenti e, in particolare, delle persone con disabilità agli strumenti informatici. ↑
- Ai sensi dell’art. 3-ter, della L. n. 4/2004, per “onere sproporzionato” si intende un importante impedimento organizzativo o finanziario che possa pregiudicare la capacità dei soggetti coinvolti di adempiere ai propri obblighi, tenuto conto del probabile beneficio o pregiudizio che ne deriverebbe per i cittadini ed in particolar per persone diversamente abili. La lunghezza dei tempi necessari per predisporre i servizi informatici o la necessità di acquisire informazioni occorrenti per garantire il rispetto degli obblighi previsti per legge non possono in nessun caso costituire oneri sproporzionati. ↑
- L’ultima versione è presente sul sito dell’AgID al seguente link: https://docs.italia.it/AgID/documenti-in-consultazione/lg-accessibilita-docs/it/stabile/introduzione.html#soggetti-destinatari (ultimo accesso 9 marzo 2022). ↑
- A ben vedere, l’art. 1.4 delle Linee Guida – rubricato “Soggetti destinatari” – non effettua alcun richiamo all’art. 3, co. 1-bis della Legge Stanca. ↑
- Si veda al seguente link: https://form.agid.gov.it (ultimo accesso: 9 marzo 2022) ↑
- Si veda al seguente link: www.agid.gov.it/sites/default/files/repository_files/circolari/agid_specifiche_postazioni_lavoro_0.pdf (ultimo accesso: 9 marzo 2022) ↑