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Accesso all’algoritmo e segreto industriale, che dice la giurisprudenza in Italia

Una sentenza del Tar ha esplicitato l’interpretazione sistematica dei diritti di proprietà intellettuale in riferimento agli algoritmi e, così facendo, ha anticipato il Legislatore nazionale, che, per parte sua, dovrà assicurare una tutela omogenea al segreto industriale. Ecco le prospettive

Pubblicato il 26 Apr 2018

Valeria Falce

Jean Monnet Professor of EU Innovation Policy; Professor in Digital Transformation and AI Policy; Ordinario di diritto dell’economia nell’Università Europea di Roma e Direttore ICPC – Innovation, Regulation and Competition Policy Centre

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Il rapporto tra controllo e accesso all’algoritmo è al centro di un rinnovato interesse.

Il tema, infatti, si è presentato di recente in relazione ad una richiesta di consultazione delle procedure amministrative informatizzate sulla base delle quali è gestito il trasferimento interprovinciale dei docenti scolastici.

A fronte di un accesso alla documentazione rilevante che è stato sì riconosciuto dal MIUR ma con modalità ritenute insoddisfacenti dal soggetto direttamente interessato, è stato interpellato il Giudice amministrativo che ha chiarito se e a che condizioni l’Amministrazione debba garantire la trasparenza degli algoritmi sottostanti.

In particolare, il TAR, con una sentenza appena pubblicata (T.A.R. Roma, (Lazio), sez. III, 21/03/2017, n. 3742, estensore Cons. Quiligotti) ha puntualizzato che è un algoritmo quello che gestisce il software relativo ai trasferimenti interprovinciali del personale docente e che ad esso può essere ricondotta l’individuazione concreta della sede di spettanza del singolo docente in sede di mobilità per l’anno scolastico in corso.

Sin qui niente di nuovo. L’algoritmo è infatti un procedimento che fornisce una soluzione (sede) attraverso una serie finita di passi (variabili) ognuno dei quali è elementare nel senso che non può essere scomposto in altri passi.

Certo, su quell’algoritmo possono insistere diversi diritti di proprietà intellettuale. Il diritto autoriale protegge il software utilizzato nella sua veste formale esterna, ma non anche la funzione svolta; il diritto brevettuale protegge viceversa la funzione svolta, sempre che il software utilizzato qualifichi un’invenzione tecnica; in sé e per sé l’algoritmo è tutelato dal segreto industriale, oggi disciplinato da una direttiva europea in fase di recepimento.

Tuttavia, precisa il TAR, gli istituti di proprietà intellettuale non ostano all’accesso alle sottostanti informazioni sotto forma di visione ed estrazione di copia se e nella misura in cui tali azioni siano funzionali e proporzionate alla tutela degli interessi legittimi di chi richiede l’accesso.

La ragione è semplice, incalza il Giudice: la disciplina dettata a tutela del diritto di autore e della proprietà intellettuale è funzionale a garantire gli interessi economici dell’autore ovvero del titolare dell’opera intellettuale, mentre la normativa sull’accesso agli atti è funzionale a garantire altri interessi e, in questi limiti, deve essere consentita la visione e anche l’estrazione di copia.

Le conclusioni cui perviene il TAR riflettono un approccio sistematico del tutto condivisibile e trovano nella recente Direttiva sul segreto industriale una autorevole conferma.

La direttiva sul segreto industriale

In forza della Direttiva, ad esempio, tanto le condotte lecite quanto quelle illecite risentiranno del diritto dell’Unione o del diritto nazionale, che ora potranno qualificare lecite condotte di acquisizione, utilizzo o divulgazione di un segreto commerciale ove richiesti o autorizzati (art. 3, comma 2), ora, viceversa, potranno respingere una richiesta di applicazione delle misure, delle procedure e degli strumenti di tutela del segreto qualora la sua presunta acquisizione, utilizzo o divulgazione siano avvenuti al fine di tutelare un “legittimo interesse” riconosciuto come tale dal diritto dell’Unione o dal diritto nazionale (art. 5 lett d).

Ancora, sarà legittima l’utilizzazione (non autorizzata) del segreto per l’esercizio di diritti “altri”, come quello all’informazione e alla consultazione da parte di lavoratori o loro rappresentanti, l’esercizio dei diritti dei lavoratori e dell’attività sindacale; la libertà di espressione e d’informazione nell’interesse pubblico generale; la rivelazione di una condotta scorretta o illecita nel perseguimento dell’interesse pubblico generale (art. 3 e 5).

Il TAR, in altri termini, ha esplicitato l’interpretazione sistematica dei diritti di proprietà intellettuale e, così facendo, ha anticipato il Legislatore nazionale, che, per parte sua, dovrà assicurare una tutela omogenea al segreto industriale, consapevole che in caso di contrasto con l’esercizio di diritti fondamentalissimi, dovranno essere questi ultimi a prevalere.

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