L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AgCom) è intervenuta in merito alla controversia tra il gruppo editoriale GEDI e Microsoft, riguardante la presenza di articoli di stampa sul motore di ricerca Bing.
Il quadro normativo delineato dall’articolo 43-bis della Legge sul Diritto d’Autore
Questo intervento si inserisce nel quadro normativo delineato dall‘articolo 43-bis della Legge sul Diritto d’Autore (LdA), che disciplina l’equo compenso per l’utilizzo online di opere giornalistiche da parte dei prestatori di servizi della società dell’informazione e che individua l’AGCOM come l’ente preposto a stabilire i criteri metodologici per determinare l’equo compenso in caso di violazione del diritto d’autore.
Chi sono i prestatori di servizi
I prestatori di servizi, come definiti dal decreto legislativo 223/2017, sono una vasta gamma di entità digitali, tra cui piattaforme online, motori di ricerca, social media e aziende che diffondono contenuti giornalistici in rete. In particolare, sono incluse anche le imprese di media monitoring e le rassegne stampa, incluse quelle on line che hanno ultimamente acceso i riflettori su modelli di AI Generativa come Perplexity.
L’art. 43 bis della Legge sul Diritto d’Autore
L’art. 43 bis della Legge sul Diritto d’Autore è stato introdotto a seguito del recepimento in Italia (D.Lgs 177/2031) della Direttiva UE 2019/790, nota come “Direttiva Copyright”.
Uno dei precetti normativi contenuti nella norma impone ai prestatori di servizi digitali, riconoscendo agli editori di pubblicazioni giornalistiche i diritti esclusivi di riproduzione e comunicazione, la corresponsione di un equo compenso per l’utilizzo online degli articoli, includendo anche immagini e video.
Gli obiettivi della norma
L’intervento normativo mirava a bilanciare gli interessi degli editori e quelli dei prestatori di servizi digitali, garantendo una giusta remunerazione per l’utilizzo dei contenuti giornalistici online e, al contempo, preservando l’innovazione e la circolazione delle informazioni nel mercato digitale.
Il caso Microsoft-GEDI e l’Intervento dell’AGCOM
Da un punto di vista pratico, l’ottica della norma era quello invece di favorire una negoziazione diretta tra i prestatori di servizi e gli editori, prevedendo l’intervento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) come soggetto terzo in grado di determinare l’equo compenso in caso di mancato accordo tra le parti.
Nel recentissimo caso che ha coinvolto Microsoft e il gruppo GEDI in relazione al motore di ricerca Bing, che fungeva in questo caso da ‘prestatore di servizi della società dell’informazione’ come previsto dal citato articolo 43-bis LdA, le parti non avevano, secondo l’AgCom, formulato una proposta di equo compenso conforme ai criteri di cui all’articolo 4 del regolamento di cui alla delibera numero 3/23/CONS.
Il calcolo dell’equo compenso
L’AgCom ha quindi determinato l’equo compenso spettante anche a GEDI secondo quanto previsto dall’articolo 12 del regolamento.
In applicazione dell’articolo 4 del regolamento, l’equo compenso dovuto agli editori viene calcolato sulla base dei ricavi pubblicitari del prestatore derivanti dall’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell’editore, al netto dei ricavi delle vendite attribuibili al traffico di indirizzamento generato sul proprio sito web dalla pubblicazione utilizzata online dal prestatore, in questo caso agente quasi come “referral”.
L’aliquota è stata calcolata al 70%, considerando criteri come il numero di consultazioni online delle pubblicazioni, la rilevanza dell’editore sul mercato, il numero di giornalisti inquadrati ai sensi di contratti collettivi nazionali, i costi sostenuti dall’editore per investimenti tecnologici e infrastrutturali, i costi comprovati sostenuti dal prestatore per investimenti dedicati alla riproduzione delle pubblicazioni, l’adesione ai codici di autoregolamentazione e gli anni di attività dell’editore.
Questi criteri globali sono quindi quelli tenuti in considerazione anche per compenso calcolato dall’AGCOM per l’utilizzo di riassunti sul motore Bing nel biennio 2021-2022 realizzati da Microsoft, che -ricordiamo- è stata fissata a 730.000 euro per il biennio.
Trasparenza e obblighi di disclosure in capo alle piattaforme online
Da un punto di vista di accesso ai dati e trasparenza, il legislatore italiano ha introdotto degli obblighi di disclosure in capo alle piattaforme online, obbligate a mettere a disposizione, su richiesta della parte interessata o dell’AgCom, ogni dato idoneo allo scopo (art. 43 bis, comma 12).
Gli gli estratti brevi non esentati dal pagamento dell’equo compenso
Uno degli aspetti da tenere in considerazione è anche che l’AgCom, superando in tal senso la direttiva Copyright europea, non esenta gli estratti brevi dal pagamento dell’equo compenso, in considerazione del fatto che le nuove abitudini di consumo dei lettori sostituiscono spesso la lettura dell’articolo originario con la sua sintesi.
Sulla base dell’equo compenso determinato, dovrà essere stipulato un contratto tra la piattaforma digitale e l’editore. In caso di mancata adesione a tale accordo, si dovrà ricorrere ai canali ordinari per la determinazione del compenso. Trattandosi di materia di diritto d’autore e di diritti connessi, sarà il Tribunale, sezione specializzata in materia di imprese, a determinare la composizione giudiziale della lite.
La possibilità di un ulteriore intervento di un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU)
In relazione alle valutazioni dell’AgCom, è importante considerare che, da un punto di vista giuridico e procedurale, non è esclusa la possibilità di un ulteriore intervento di un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) per valutare l’eventuale “prezzo del consenso”. Questo criterio, che rappresenta uno dei principali parametri per la quantificazione dei risarcimenti in caso di violazione del diritto d’autore, potrebbe portare a risultati che si discostano da quanto previsto dall’Autorità garante.
Tale eventualità potrebbe comportare in effetti cambi sulle compensazioni che finora hanno riguardato gli scontri tra gruppi editoriali e tra gruppi editoriali e prestatori di servizi, considerando la complessità della materia e la necessità tecnica di un approccio flessibile che tenga conto sia delle determinazioni dell’AgCom sia delle peculiarità di ogni singolo caso. Inoltre, la potenziale divergenza tra la valutazione del CTU e quella dell’AGCOM potrebbe aprire nuovi scenari interpretativi e applicativi della normativa, evidenziando l’importanza di un dialogo continuo tra le diverse istanze coinvolte nella tutela del diritto d’autore nell’era digitale.
Prospettive future per gruppi editoriali e content creator
D’altro canto, in considerazione della necessità di un pacifico rispetto dei diritti d’autore, non solo dei grandi gruppi editoriali, ma anche dei piccoli creatori di contenuti, è cruciale avviare meccanismi di compenso anche per questi ultimi. I content creator, anche non necessariamente professionisti, che producono opere di ingegno come video e foto, spesso vedono il loro lavoro utilizzato senza riconoscimento della paternità, senza diritti esclusivi di pubblicazione e sfruttamento economico, e senza un meccanismo snello ed adeguato di tutela.
In questo contesto, sebbene una norma che tuteli efficacemente i gruppi editoriali avesse necessità di trovare spazio nel nostro ordinamento, è altrettanto necessario affiancare una tutela rapida ed effettiva per i content creator, spesso passivi protagonisti di violazioni da parte dei grandi gruppi editoriali senza avere la possibilità pratica, più che giuridica, di difendere i propri diritti d’autore.
Una protezione equa e accessibile dovrà quindi necessariamente essere estesa a tutti i creatori di contenuti, garantendo loro non solo la giusta remunerazione, ma anche un’efficace salvaguardia dei loro diritti d’autore e della loro capacità di ottenere un riconoscimento economico adeguato per il loro lavoro.
In mancanza, l’effettiva tutela del diritto d’autore, già messa alla prova dall’avvento dell’intelligenza artificiale generativa, rischierà di essere ancora meno attuabile.