L’agricoltura digitale è a un punto di svolta. Mercato in espansione per gli aspetti tecnologici e organizzativi, si stima che crescerà del 12% l’anno nel prossimo quinquennio. Ma per agevolare l’aumento di una agricoltura fortemente specializzata, di alta qualità e capace di dare un contributo importante allo sviluppo della sostenibilità e della circolarità, serve che l’Ict diventi protagonista nei servizi distribuiti sul territorio.
Un problema mondiale da risolvere
Oggi la popolazione mondiale è di circa 7,7 miliardi di persone. Raggiungerà i 10 miliardi nel 2050. Le persone senza accesso all’acqua potabile sono oggi circa 900 milioni, e per malattie connesse alla qualità dell’acqua negli ultimi 12 mesi sono decedute oltre 188.000 persone. L’overshoot day, ossia il giorno dell’anno oltre il quale nel mondo si consumano risorse non riproducibili, coincide con l’inizio di agosto, mentre produzione annuale e consumo annuale di risorse erano in equilibrio negli anni ’60.
L’uso dell’acqua, particolarmente intenso in agricoltura (15 tonnellate d’acqua per chilo di carne bovina), e la produzione di cibo sono due temi strategici per lo sviluppo sostenibile e quindi pacifico: scarsità di acqua e di cibo diverranno le questioni più urgenti dei prossimi decenni, come lo sono stati carbone nel XIX e il petrolio nel XX secolo.
A partire dagli anni ‘80 si è affacciato il termine agricoltura di precisione, con cui si mettono insieme le ricerche e le applicazioni che utilizzano i dati satellitari e georeferenziati per migliorare la gestione degli interventi di irrigazione, fertilizzazione e antiparassitari in agricoltura.
Poi, nel nuovo secolo, con lo sviluppo di internet e delle app, l’agricoltura di precisione è rientrata nel più esteso concetto di agricoltura digitale.
L’agricoltura digitale è considerata, anche dai grandi player della consulenza come Accenture, un settore in espansione per gli aspetti tecnologici e organizzativi[1].
Da un lato si attende che il mercato dell’agricoltura digitale cresca del 12% all’anno nel prossimo quinquennio, dall’altro indicazioni che provengono dal campo, come quelle del Dipartimento dell’agricoltura americano, dimostrano che, nonostante siano già offerti servizi per modulare trattamenti e interventi in base a parametri climatici e biosanitari, l’utilizzo di questi servizi è ancora limitato ad un numero di aziende e ad una dimensione che escludono il grosso delle coltivazioni. Infine la disponibilità di dati a grana fine, ossia rilevanti per quanto riguarda le singole aziende e le coltivazioni che esse conducono, non è ancora sufficientemente diffusa.
Cos’è l’agricoltura digitale
La ricerca ha sviluppato attività sull’agricoltura digitale, che può essere schematizzata, per aree di interesse, come in figura 1.
Figura 1: Distribuzione % per materia delle pubblicazioni scientifiche sull’agricoltura di precisione (2092-2017)[2]
Figura 2: impatto delle tecnologie ICT sulla filiera agroalimentare [3]
L’impatto delle nuove tecnologie è significativo e diffuso: su questo aspetto insiste il documento di Accenture. Esso propone l’immagine di un contadino circondato da molti punti interrogativi, una totale incertezza espressa nel linguaggio dei fumetti. Questa incertezza è riconducibile, secondo Accenture, alla grande quantità di dati in cui ormai l’agricoltore è immerso e alla difficoltà di decidere il da farsi: da qui l’utilità del servizio di consulenza offerto.
La rappresentazione della crisi da saturazione di dati e informazioni non è tuttavia, a nostro giudizio, completa: in massima parte essa dipende non tanto dall’affollamento delle informazioni, ma dal venir meno del know how tradizionale di cui le generazioni precedenti di contadini disponevano. Perchè questo know how si è perduto?
Innanzitutto per un motivo generazionale e culturale: i contadini stanno invecchiando e le nuove generazioni non intendono assoggettarsi ad un sapere orale non discutibile e non verificabile.
In secondo luogo i giovani imprenditori, che non hanno un sapere consolidato, vogliono innovare anche perché l’offerta di strumenti, sementi e soluzioni fitosanitarie è enormemente aumentata, mentre si sono differenziati i gusti dei consumatori e le esigenze della distribuzione.
Inoltre, i giovani lavoratori agricoli, spesso immigrati da altri paesi con altre specializzazioni agricole, non sono in grado di decidere in autonomia. Ecco allora che la gestione dell’azienda agricola non può fare più affidamento su saperi consolidati di tradizione orale e consuetudinaria.
Da qui l’importanza delle tecnologie ICT: esse non solo introducono nuovi strumenti di valutazione, ma possono anche ripristinare conoscenze che si sono perdute nella trasformazione socioeconomica intervenuta.
La proposta di integrare le conoscenze delle condizioni meteo, di mercato e fitosanitarie, fornendole agli agricoltori, in particolare ai piccoli agricoltori che dispongono di minori conoscenze e strumenti di intervento, supplisce non solo ad un problema di mancanza di informazioni, ma anche di mancanza di formazione.
Le tecnologie adottate
Questo aspetto del processo di introduzione dell’agricoltura digitale dovrebbe essere tenuto presente ed enfatizzato nelle attività delle organizzazioni datoriali e sindacali di settore: si spianerebbe la strada ad un diffusione dei servizi di consulenza che si basano sulle applicazioni in cloud e sulle informazioni derivate dagli analytics e riferite alle esigenze delle diverse coltivazioni.
Nell’ambito di settori innovativi come idroponica ed acquaponica, che sono nati parallelamente alla rivoluzione digitale, gli imprenditori non hanno le resistenze culturali e generazionali del settore agricolo tradizionale a conduzione familiare.
Qui, la coltivazione e la produzione sono innervate dalle nuove tecnologie, dai sensori, alle app per il monitoraggio e controllo, all’internet delle cose per poter seguire la crescita di aree, o di gruppi o di singoli animali.
Questi due settori di attività agricola sono intrinsecamente digitali, anche se questa definizione viene applicata prevalentemente per indicare l’evoluzione verso il digitale dell’attività agricola tradizionale sui campi e negli allevamenti.
Le differenze tra idroponica e acquaponica sono riconducibili al fatto che l’idroponica fa crescere le piante in un contesto controllato e protetto, riducendo le variazioni e i rischi, con un fine tuning di tutto il processo, dal controllo dei substrati, delle temperature, delle illuminazioni, dei nutrienti etc.
L’acquaponica, invece, associa la coltivazione idroponica all’allevamento di selezionate specie di pesci, le cui deiezioni forniscono, dopo una trasformazione batterica, il nutrimento alle coltivazioni. In questo modo non occorre usare concimi, e l’acqua può essere riciclata con un consumo finale molto limitato (dell’ordine del 10% di quello normale necessario nelle coltivazioni tradizionali).
Nell’acquaponica il controllo e i servomeccanismi di allarme e correzione si estendono sia all’allevamento dei pesci sia alla coltivazione delle piante: il suo successo tecnico e quello economico dipendono in modo decisivo dalla digitalizzazione dell’intero processo.
L’utilizzo dell’acquaponica
Ricordiamo il quadro richiamato: un crescente fabbisogno di cibo, un vincolo crescente sull’uso dell’acqua, una esigenza di estendere la sostenibilità ambientale della produzione agricola.
L’acquaponica, assai più dell’idroponica, si pone come settore di sviluppo della produzione agricola e dell’allevamento in condizioni ottimali di rispetto dell’ambiente e di riciclo delle risorse.
Il pesce produce un effluente ricco di sostanze nutritive che, elaborate da colinie batteriche specializzate, fertilizzano le piante, e le piante a loro volta filtrano l’acqua per il pesce eliminando i rifiuti. Questa rimozione dei nutrienti non solo migliora la qualità dell’acqua per il pesce ma anche ne riduce il consumo complessivo, limitando la quantità rilasciata dall’impianto come effluente.
Le figure 3A e 3B riproducono gli schemi proposti dalla FAO[4], dove si schematizza il ciclo dell’acqua nei passaggi: dalla vasca dei pesci l’acqua carica di deiezioni viene portata alle piante dopo aver subito un trattamento da parte di batteri che trasformano dapprima l’ammoniaca delle deiezioni dei pesci in nitriti e poi i nitriti in nitrati, che sono fertilizzanti per le piante.
Figura 3A: ciclo dei batteri nitrificatori
Figura 3B: ciclo dell’acqua
La relazione sinergica tra crescita del pesce e crescita delle piante contribuisce a consolidare la percezione che l’acquaponica sia caratterizzata da una elevata circolarità e sostenibilità ambientale.
Il problema che sorge con un sistema di acquaponica è la quantità di monitoraggio e analisi dei dati e di manipolazioni/interventi per ottimizzare i risultati. Tra le variabili da monitorare ci sono: fattori ambientali come la temperatura dell’aria, dell’acqua, l’umidità, il pH, l’intensità luminosa, il livello dell’acqua, il flusso. Si tratterebbe di un compito improponibile senza gli strumenti dell’IOT e del cloud poiché debbono essere effettuati continuamente.
L’interesse dell’Ict per l’acquaponica
L’interesse per gli sviluppi di idroponica ed acquaponica è presente non solo in ambito agricolo, ma anche nelle politiche generali ed in particolare nelle politiche sull’uso del territorio da parte anche dei pianificatori e degli urbanisti.
Gli impianti di acquaponica possono infatti essere ospitati da strutture edilizie che sono disponibili nelle città, sotto forma di capannoni, che possono sostituire efficacemente le serre offrendo usi alternativi di spazi che la trasformazione urbana e del tessuto industriale, rende difficilmente riciclabili. Si parla, in questo caso di agricoltura verticale o agricultura urbana, della quale si propongono due effetti positivi: l’avvicinamento tra produzione e consumo (sostenibilità) e la capacità di riciclare aree e stabilimenti che sono ormai privi della destinazione produttiva originaria e necessitano di nuove possibili utilizzazioni (riuso urbano).
Senza gli strumenti digitali in cloud e le app le attività di monitoraggio costante del ciclo produttivo e distributivo dell’acquaponica sarebbero impossibili, mentre gli impianti di acquaponica debbono poter mantenere un livello di competitività con la produzione tradizionale, sia sul fronte qualitativo sia su quello dei costi, e lo possono fare solo in presenza di una digitalizzazione integrata dell’impianto e dei processi di monitoraggio e correzione.
Si accentuerà, nei prossimi anni, l’interesse anche delle aziende ICT per questo settore, dove applicazioni cloud, IOT e consulenza di progetto e di gestione possono contribuire a rendere avvicinabili e convenienti le tecnologie di acquaponica anche per i piccoli operatori.
Il progetto Bluegrass
Un progetto sperimentale e dimostrativo assai significativo – Bluegrass – è stato finanziato dall’Unione Europea nell’ambito degli Interreg tra Slovenia e Italia. Guidato dall’Università di Ca’ Foscari con partner l’Università di Lubiana e realtà territoriali come l’Unione Territoriale dei Comuni del Noncello, KZAgraria Koper e la Società Cooperativa Shoreline.
Il progetto ha creato due impianti di piccole dimensioni in Friuli e in Slovenia e svilupperà un modello matematico flessibile per determinare le combinazioni ottimali e compatibili di allevamento dei pesci e di coltivazioni ortofrutticole nell’ambito dei parametri climatici e delle esigenze di marketing locali.
Questo passaggio è essenziale. Ritorniamo alla figura 2, dove la catena del valore era affiancata a quella delle tecnologie ICT che si applicano nelle varie fasi, ebbene il tema del marketing e delle preferenze del consumatore (come direbbe un economista) entrano in scena nelle scelte produttive e di dimensionamento degli impianti. Infatti, le tecnologie ICT hanno la caratteristica di disseminare a livello molto fine, di operatore singolo, le informazioni e le possibilità di ottimizzare le decisioni.
Nel modello fordista, quello della catena di montaggio per intenderci, l’ottimizzazione del processo produttivo e della qualità era assicurata da procedure di comando e controllo di tipo gerarchico, che ben si adattavano alle imprese di grande dimensione, dove il sapere era concentrato nel ristretto gruppo di ingegneri che controllavano gli impianti e la qualità della produzione. Un sapere che deteneva il controllo sulle tecnologie di produzione di massa e che era in grado di condizionare anche le catene del marketing e della distribuzione.
Le tecnologie ICT sgranano, per così dire, questa concentrazione di know how, distribuendola, attraverso il cloud e le app, le connessioni mobili e internet, a livelli dimensionali molto piccoli, fino al produttore isolato.
Inoltre il valore degli investimenti in impianti, non più integrati verticalmente, si riduce e l’efficienza aumenta. Il potenziale di queste tecnologie è quindi molto rilevante per rendere più indipendenti ed autonomi i decisori economici minuti, i piccoli operatori e imprenditori agricoli, togliendoli ad una condizione di sudditanza rispetto alle grandi aziende, alle multinazionali dei fertilizzanti e dei pesticidi, alle catene di distribuzione di scala mondiale o continentale.
Non a caso alcune interessanti ricerche sull’acquaponica vengono da paesi in cui la dimensione dell’impresa agricola è piccola (India, Sud Est Asiatico, alcuni paesi africani), ed il problema della sostenibilità ambientale delle piccole produzioni locali, ormai un tema sentito.
Ma torniamo a Bluegrass, che presenterà i progressi del progetto in un seminario che si terrà a Cà Foscari il 15 aprile, con una partecipazione non solo di ricercatori, ma anche di operatori e decisori politici, tra cui la Regione Veneto e il sottosegretario all’Agricoltura Franco Manzato.
L’Italia ha sicuramente bisogno di sviluppare l’agricoltura verticale, ancora oggi, in piena crisi di eccesso di offerta di abitazioni e di stabilimenti, con un patrimonio inutilizzato stimato almeno al 10% nel Veneto, per quanto riguarda i capannoni, continua a consumare suolo, nonostante la stasi demografica e la bassa densità delle nostre città: nell’ultimo anno (2016-2017) altri 5.211 ettari sono stati sottratti alle attività agricolo-forestali.
Ma per agevolare la crescita di una agricoltura fortemente specializzata, di alta qualità e capace di dare un contributo importante allo sviluppo della sostenibilità e della circolarità, occorre che il settore ICT diventi protagonista nei servizi distribuiti sul territorio, con un gradiente economico (costi dei servizi informativi e di supporto alle decisioni) in grado di consentire l’accesso alle piccole imprese e di coinvolgere i piccoli imprenditori con una attenzione all’usabilità delle app particolarmente curata.
- https://www.accenture.com/_acnmedia/Accenture/Conversion-Assets/DotCom/Documents/Global/PDF/Digital_3/Accenture-Digital-Agriculture-Point-of-View.pdf
- https://www.researchgate.net/profile/Giorgia_Bucci/publication/324212481_Precision_agriculture_as_a_driver_for_sustainable_farming_systems_State_of_art_in_literature_and_research /links/5bf281694585150b2bc13d0c/Precision-agriculture-as-a-driver-for-sustainable-farming-systems-State-of-art-in-literature-and-research.pdf
- Ramundo, L., Taisch, M., & Terzi, S. (2016, September). State of the art of technology in the food sector value chain towards the IoT. In Research and Technologies for Society and Industry Leveraging a better tomorrow (RTSI), 2016 IEEE 2ndInternational Forum on (pp. 1-6). IEEE
- FAO (2014), Small-Scale Aquaponic Food Production.