progetto seed

Agricoltura digitale, questa è la formazione necessaria

Al momento in Italia solo il 2% della superficie agricola italiana utilizza robot e sensori per l’agricoltura di precisione. Il mercato ha quindi enormi potenzialità e il nostro paese è in prima fila nella formazione imprenditoriale ‘intelligente’ in agricoltura digitale. Tutte le tecnologie e competenze necessarie

Pubblicato il 13 Nov 2018

Fulvio Ananasso

Presidente Stati Generali dell’Innovazione - Consigliere Club Dirigenti Tecnologie dell’Informazione

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La trasformazione digitale nel settore agroalimentare gioca un ruolo cruciale nella nostra società e per contrastare i fattori critici della globalizzazione e il crescente impatto (spesso negativo) dell’umanità sull’ambiente. In Italia, il potenziale di crescita del mercato delle le soluzioni di “Agricoltura 4.0” e “Farming 4.0” è molto alto, alla luce della bassissima adozione di tecnologie quali robot e sensori di precision farming, il cui impatto  nel settore è determinante anche in seguito alla integrazione con i sistemi ICT/geo-spaziali. Per gestire questa evoluzione sono ovviamente necessari nuovi percorsi di formazione, nuove competenze e funzioni specifiche. Data l’importanza dell’agrifood per la nostra economia, è  importante sottolineare che l’Italia è in prima fila nella formazione imprenditoriale ‘intelligente’ in Agricoltura Digitale nell’ambito del progetto Europeo SEED (Smart Entrepreneurial Education and training in Digital farming), recentemente lanciato in Umbria per sviluppare competenze in agricoltura attraverso la trasformazione digitale  in Europa.

I numeri del mercato agroalimentare

Il settore Agroalimentare è estremamente rilevante per la nostra Economia. La sola Floricoltura occupa circa un milione di ettari nel mondo, e i principali paesi produttori Europei (nell’ordine Italia, Olanda, Regno Unito, Germania, Spagna e Francia) ne ricavano un fatturato di circa 60 miliardi di euro all’anno, pari a circa il 20% del PIL agricolo. In Italia, questo indicatore sale al 37%, cioè oltre un terzo della ricchezza prodotta dal settore agricolo nazionale.

L’Agricoltura/farming di precisione (per molti aspetti analoga a Impresa 4.0) intende gestirne la variabilità, sia spazialmente – da vasti territori, alla singola fattoria, ai vari settori componenti, alla singola pianta (o stalla, nel caso degli allevamenti) – che temporalmente — dalla preparazione del terreno, alla semina, alla raccolta (ovvero alimentazione degli animali, mungitura, ecc.). In questo contesto, le soluzioni di “Agricultura 4.0” si integrano con quelle di “Farming 4.0”, un approccio in realtà non recentissimo (risale, infatti, agli anni ’90) basato principalmente sulla geo-localizzazione dei veicoli per la guida assistita, il carotaggio/prelevamento di campioni, la raccolta dei dati sul campo, l’uso di macchine a dosaggio variabile, ecc.

Le contaminazioni tra agrifood e settore geospaziale

Con il significativo progresso tecnologico degli ultimi decenni, l’Agricoltura/Farming 4.0 possono trarre vantaggio da “contaminazioni” tra varie tecnologie ICT/geo-spaziali. Ad esempio, relativamente al monitoraggio remoto ad alta risoluzione per lo sviluppo dell’Agricoltura di precisione, due pilastri dell’industria geo-spaziale riguardano i sistemi globali di navigazione satellitare (Global Navigation Satellite Systems, GNSS) e informativi geografici (Geographic Information Systems, GIS). Tali sistemi possono essere combinati e integrati con sensori di prossimità (meteo, dendrometri, biosensori, ecc.), sistemi di connettività, protocolli e standard che garantiscano l’interoperabilità tra diversi dispositivi. E’ cioè possibile un monitoraggio remoto affidabile attraverso rilevamenti spazio-temporali e spettrali, in grado di monitorare i fenomeni a livello di singoli siti da varie posizioni altimetriche – satelliti geostazionari (Geostationary Earth Orbit, GEO) e in orbita bassa (Low Earth Orbit, LEO), palloni sonda, droni/velivoli a pilotaggio remoto (Remotely Piloted Aircraft/Unmanned Aerial Vehicles, RPA/UAV), sensori di prossimità/identità (Internet of Things, IoT ), ecc.

Ciò porta ad un’enorme quantità di dati rilevati/generati, aprendo la strada allo sviluppo di modelli di previsione e supporto alle decisioni (Decision Support Systems, DSS), resi possibili dalla disponibilità di servizi avanzati (GIS-based) di (big) data management “as a service” — Cloud, Big Data/Analytics, Intelligenza Artificiale/Machine Learning, ecc. Tecnologie di Augmented & Virtual Reality (A&VR) sono poi in grado di rivoluzionare i sistemi di visualizzazione/rendering e DSS per Agricoltura/Farming 4.0, come ad esempio applicazioni di manutenzione da remoto (AR) o simulatori di guida (VR), ovvero mescolando la realtà virtuale con tecnologie di scansione 3D  (e.g. 3D Building Information Modeling-BIM) per progettare composizioni floreali disponibili in forma di ologrammi in cataloghi online.

Blockchain, IoT e tecnologie geo-spaziali per la sicurezza dell’agrifood

Analogamente, la tecnologia blockchain applicata alla filiera agroalimentare consente di garantire un ambiente trasparente, sicuro e condiviso per la tracciabilità dei componenti e dei processi di trasformazione dei prodotti alimentari offerti al consumatore. Ad esempio, l’italiana Foodchain consente di raccogliere, registrare, analizzare, validare e certificare in modo sicuro (e decentralizzato) i dati, le informazioni e la documentazione in ogni fase della supply chain, attraverso le funzionalità aperte di blockchain — sostanzialmente, un Enterprise Resource Planning (ERP) integrato in blockchain attraverso l’uso del concetto di “smart contract”.

A tale riguardo, le tecnologie geo-spaziali possono fornire una connessione tra mondo digitale e mondo reale, agendo da ‘agenti decentralizzati’ (trustless) che abilitano gli “oracoli” (terminologia di Ethereum) richiesti per verificare / attivare le clausole degli smart contract. La blockchain può infatti essere integrata con gli oggetti fisici utilizzando piattaforme crittografiche incentrate sulla geo-localizzazione delle cose (blockchain + GIS / IoT), come fa XYO Network, una rete di localizzazione che rende il mondo fisico programmabile e accessibile agli sviluppatori (ad esempio di smart contracts Ethereum), facendoli interagire con il mondo reale come se fosse un’Application Programming Interface (API). I nodi della rete di localizzazione agiscono come “oracoli” per smart contract, e robusti protocolli crittografati consentono di certificare la posizione dei componenti di sistema — Proof of Location (PoL).

In generale, l’integrazione blockchainIoT attraverso un sistema di localizzazione trasparente, sicuro e decentralizzato appare molto promettente, considerando che nel prossimo futuro le tecnologie “location-embedded” – ad esempio veicoli a guida autonoma, droni di consegna (UAV / RPA), comunità intelligenti che si sviluppano e autogestiscono autonomamente – renderanno la nostra vita dipendente dai dati di posizione, e quindi la nostra sicurezza direttamente correlata all’accuratezza (e cybersecurity) dei dati di localizzazione utilizzati dai sistemi citati.

Combinando varie feature delle tecnologie blockchain – ad esempio quelle sviluppate da Foodchain e XYO Network, eventualmente integrate con le moderne tecniche di quantum computing – si possono realizzare applicazioni per soddisfare la domanda sempre crescente dei consumatori a garanzia del territorio di origine dei prodotti agrifood — “produce of …”. Infatti, oltre ai dati sull’ubicazione relativa (sensori di prossimità), si possono utilizzare specifici protocolli di archiviazione sulla blockchain (Quadhash) dei dati di posizioni assolute (startup LayerOne).

Sintetizzando, sono disponibili sistemi e tecnologie come GIS /infrastrutture geo-spaziali, reti (ultra)broadband (UBB) fisse e mobili – con le interessanti opzioni applicative di network slicing e softwarization dell’imminente 5G (network function virtualization / software defined radio, NFV / SDR) – Internet of Things (IoT), Intelligenza Artificiale, Blockchain, Realtà Aumentata e Virtuale, ecc. Questi rendono possibile la fornitura di servizi digitali tramite piattaforme intelligenti per applicazioni di “green & sustainable development” (Agricoltura di precisione / Farming 4.0, tracciamento della filiera alimentare, e-health, ecc.), utilizzando caso per caso le combinazioni più appropriate delle tecnologie citate. Sostanzialmente, con la disponibilità di competenze e tecnologie avanzate fruibili “as a service” nel Cloud, e il supporto di ricercatori ed esperti nei vari “verticals”, è possibile realizzare iniziative (market-driven) per la fornitura di servizi “digitalizzati” a valore aggiunto nel campo dello sviluppo ‘green’ – rendendo ovviamente ‘trasparente’ agli utenti il mix di tecnologie avanzate, ai quali vanno trasferiti non tanto aspetti tecnologici più o meno dettagliati, quanto consapevolezza di applicazioni che aggiungano “valore” alle proprie attività operative “verticali”.

Il potenziale di crescita del mercato e le competenze per sfruttarlo

Esiste del resto un enorme potenziale di crescita e sviluppo di mercato nel settore. Il Presidente di Coldiretti Puglia afferma che solo il 2% della superficie agricola italiana utilizza robot e sensori di precision farming. Per di più, tale superficie appare non uniformemente distribuita nelle varie Regioni del Paese, dove l’agricoltura “digitale” (ICT-assisted) è stimata oscillare tra meno di 1 e il 4-5%, a fronte di 40-70% in Cina, Israele e USA. Il mercato dei sensori, robot (senza contare quello, ben più ampio, dei servizi di data science collegati all’utilizzo/sfruttamento dei dati rilevati) è previsto in 4,5 miliardi di euro nel mondo (1 miliardo solo in Europa) entro il 2023, con una crescita media annuale (compound annual growth rate, CAGR) del 20%.

Ovviamente, il prerequisito è la formazione di adeguate competenze professionali al riguardo, in un settore caratterizzato da un livello di cultura ‘aziendale’ e processi operativi basati più sul trasferimento di competenze e conoscenze generazionali che sull’innovazione e ottimizzazione dei processi produttivi – quanto più gli operatori sono piccoli.

Ad esempio, relativamente al settore dell’informazione geografica, la recente Norma UNI 11621-5:2018 (26 aprile 2018) ne definisce i relativi profili professionali, tenendo conto delle conoscenze, abilità e competenze richieste dalla continua trasformazione tecnologica, applicativa e organizzativa entro cui il professionista dell’informazione geografica si trova a dover operare. Essi devono essere in grado di fungere da divulgatori, acceleratori e gestori per l’utilizzo dei dati geo-spaziali all’interno di una Spatial Data Infrastructure (SDI) – ad esempio una comunità intelligente (agricola o meno). Ciò richiede nuovi profili professionali (di terza generazione), che secondo la nomenclatura dell’European e-Competence Framework (e-CF) possono essere messi in relazione con il quadro dei 23 profili professionali ICT di seconda generazione, onde coprire l’intero processo di business rappresentato dalla dimensione 1 dell’e-CF, cioè dalle cinque aree di e-competence derivate dai processi business dell’ICT:  pianificare (plan), realizzare (build), operare (run), abilitare (enable) e gestire (manage).

Percorsi formativi e nuovi profili specifici

Stati Generali dell’Innovazione (SGI) e AMFM GIS Italia sono parte attiva di un’iniziativa dell’Agenzia di regolazione UNINFO (di cui SGI è Socio Onorario), sostenuta dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID) per stabilire norme di regolamentazione dei profili di informazione geografica. Ciò ha portato all’introduzione di due profili specifici: Geographic Information Manager (GIM) e Geographic Knowledge Enabler (GKE). All’interno della rete di stakeholder, il GIM ha il compito di promuovere la crescita del livello di qualità e competenze tecniche, mentre il GKE deve principalmente promuovere la consapevolezza e il pensiero spaziale.

Oltre alle (pur rilevanti) competenze geo-spaziali, è però indispensabile che siano attivati percorsi formativi che preparino professionisti dell’Agricoltura Digitale, mettendoli in grado di interagire con le differenti competenze, tecnologie e processi trasversali di cui si è detto.

Il progetto SEED

A tale riguardo, una importante iniziativa per la formazione imprenditoriale sull’agricoltura digitale è rappresentata dal progetto Europeo SEED (Smart Entrepreneurial Education and training in Digital farming), recentemente lanciato (29-30 ottobre) in Umbria per sviluppare competenze in agricoltura attraverso la trasformazione digitale. Il progetto, della durata di 2 anni, sosterrà percorsi formativi e sviluppo di una qualifica di Vocational Education and Training (VET) congiunta EQF5 (European Qualification Framework, livello 5) sull’agricoltura digitale, coinvolgendo Enti di formazione, Aziende agrarie / ICT e studenti. Le competenze sviluppate verranno mappate sul Quadro di Riferimento per le Competenze in Imprenditorialità (Entrepreneurship Competence Framework, EntreComp) e European Digital Competence Framework (DigComp). L’apprendimento basato sul lavoro (“hands on”) sarà la caratteristica principale del progetto, prevedendo rilevanti attività formative sul posto di lavoro.

Il progetto SEED mira a:

  • aumentare il tasso di occupazione dei giovani, sostenendo lo sviluppo di una forza-lavoro altamente qualificata, professionale e mobile, anche grazie al collocamento transnazionale;
  • sostenere lo sviluppo di una qualifica congiunta VET a livello UE;
  • promuovere l’apprendimento basato sul lavoro, supportato da una componente di mobilità transnazionale — 3 mesi per 10 beneficiari per ciascuno dei 4 Paesi UE aderenti.

I principali prodotti del progetto saranno:

  1. la definizione di un nuovo profilo di qualifica professionale “Esperto in Agricoltura Digitale”
  2. il curriculum in Agricoltura Digitale;
  3. l’elaborazione di standard di valutazione per gli operatori del settore.

I gruppi target saranno gli studenti VET e le piccole e medie imprese (PMI) impegnati nell’agricoltura. Il progetto sosterrà i contatti tra di loro facilitando lo sviluppo di capacità e competenze per soddisfare le esigenze del mercato del lavoro e anticipare le lacune delle competenze future. L’obiettivo previsto, oltre a definire una qualifica comune in materia di VET e promuovere la trasparenza, la comparabilità e il riconoscimento delle qualifiche, è anche creare una cooperazione sostenibile tra i partner, al fine di creare sinergie a lungo termine.

E’ importante sottolineare come l’Italia (Regione Umbria, in questo caso) sia in prima fila nella formazione imprenditoriale ‘intelligente’ in Agricoltura Digitale. Il Progetto SEED, presentato da EGINA e coordinato da UmbraFlor, prevede ben 7 partner di assoluto rilievo nel panorama agrifood europeo:

supportati da 13 partner associati (tra cui Stati Generali dell’Innovazione).

Le questioni cruciali della digital transformation nell’agrifood

Sostanzialmente, il progetto SEED e le iniziative Stati Generali dell’Innovazione mirano ad affrontare questioni cruciali della digital transformation nel settore agrifood:

  • in che modo la trasformazione digitale stia impattando sulle filiere dell’agroalimentare;
  • lo stato attuale della digitalizzazione nell’agricoltura e comparto agroalimentare in genere;
  • come analizzare gli impatti della digital transformation sulle filiere dell’agroalimentare (carne, pesce, caseario, vegetali, in modo da evidenziarne punti di contatto (cross-filiera) e implicazioni economiche e sociali;
  • quali tecnologie digitali hanno (avuto) e possano avere un maggiore impatto sulle singole filiere dell’agroalimentare, sui settori di contatto / intersezione cross-filiera e sugli elementi trasversali alle diverse filiere.

Il progetto SEED e altri analoghi approfondimenti in corso, in collaborazione con ricercatori ed esperti dello specifico “vertical”, rappresentano altrettanti building block di una iniziativa all’esame di Stati Generali dell’Innovazione per la fornitura di servizi digitali tramite una piattaforma intelligente in cloud per applicazioni di “green & sustainable development”. La presenza in SGI di competenze senior STEM (science, technology, engineering & mathematics), ma anche di filosofi, giuristi, sociologi, … ne sottolineano l’approccio inter-/cross-disciplinare nell’Innovazione “at large”, rendendone credibili le capacità di presidiare sia i processi organizzativi che le tecnologie precedentemente citate, funzionali al dispiegamento di una tale iniziativa di inclusione / innovazione sociale e respiro globale.

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