Nei giorni scorsi ha suscitato un certo impatto l’affermazione di Mustafa Suleyman, responsabile dell’AI di Microsoft, che ha dichiarato che qualsiasi materiale pubblicato su internet può essere preso e riutilizzato a piacimento dalle aziende per addestrare l’AI.
Le affermazioni di Mustafa Suleyman e il “contratto sociale” dell’uso dei dati
Secondo Suleyman esisterebbe infatti un “contratto sociale” in vigore dagli anni Novanta che prevede che tutte le informazioni disponibili sul web possano essere utilizzate liberamente in un contesto di fair use.
Al di là delle improvvide affermazioni del rappresentante di un’azienda che per decenni ha combattuto la pirateria senza tregua in tutto il mondo, i concetti espressi sembrano riportare le aziende tech ai tempi di Napster, quando nel 1999 Shawn Fanning e Sean Parker lanciavano la piattaforma di musica all’insegna del free sharing sostenendo la non responsabilità dell’infrastruttura tecnologica e del fatto che la condivisione non a fine di lucro tra gli utenti era fair use. I giudici erano di un’altra opinione e la piattaforma fu condannata per “contributory infringment” chiudendo i battenti.
La teoria del “fair use” fu smontata sistematicamente dai giudici e la causa divenne un precedente rilevante aprendo poi la strada anche al futuro della musica digitale, grazie alla creazione di nuovi modelli di business.
La responsabilità legale delle aziende tech nella gestione dei contenuti
La situazione connessa agli sviluppi dell’AI generativa è per alcuni versi simile agli albori della musica e dei contenuti in rete: aziende tech che investono nel nuovo scenario e start-up che propongono soluzioni innovative, ma senza tenere conto della necessità di rispettare i diritti di proprietà intellettuale, che non sono per niente superati dall’evoluzione tecnologica.
Nella causa delle major discografiche contro Udio e Suno, due piattaforme che peraltro hanno raccolto ingenti fondi dagli investitori, si evidenzia: “le società di intelligenza artificiale, come tutte le altre imprese, devono rispettare le leggi che proteggono la creatività e l’ingegno umano. Non c’è nulla che esoneri la tecnologia dell’intelligenza artificiale dalla legge sul copyright o che esoneri le società di intelligenza artificiale dal rispettare le regole”.
Innovazioni nel campo della musica grazie all’AI generativa
E ancora: “qui ci sono sia promesse che pericoli dell’intelligenza artificiale. Man mano che emergono strumenti di intelligenza artificiale sempre più potenti e sofisticati cresce la capacità dell’intelligenza artificiale di integrarsi nei processi di creazione, produzione e distribuzione della musica. Se sviluppati con il permesso e la partecipazione dei titolari dei diritti d’autore, gli strumenti di intelligenza artificiale generativa saranno in grado di assistere gli esseri umani nella creazione e produzione di musica nuova e innovativa. Ma se sviluppati in modo irresponsabile, senza riguardo per le tutele fondamentali del copyright, quegli stessi strumenti minacciano danni duraturi e irreparabili agli artisti discografici, alle etichette discografiche e all’industria musicale, riducendo inevitabilmente la qualità della nuova musica disponibile per i consumatori e diminuendo la nostra cultura condivisa”. È pertanto evidente che la struttura legale alla base delle normative sulla proprietà intellettuale può solo portare ad accordi di licenza tra le imprese di AI generativa e i titolari di contenuti.
Partnership strategiche tra industria musicale e piattaforme AI
Da un lato l’evoluzione tecnologica non può essere fermata e certamente non è possibile ipotizzare un blocco normativo di un’innovazione epocale che prescinde dal settore dei contenuti e che offrirà opportunità mai viste in tanti segmenti delle nostre vite. Dall’altro è nella storia dell’evoluzione dei contenuti che nuovi modelli tecnologici abbiano semplificato e ampliato l’accesso dei fan, ad esempio, a musica e film.
Guardando oltre e definendo con cura i contorni legali, come ad esempio ha fatto l’AI Act europeo in tema di trasparenza e connessione con le norme sul copyright comunitario, è opportuno ragionare su quali possono essere i nuovi scenari che si aprono con l’impiego commerciale dell’AI generativa nell’industria.
Universal Music con Soundlabs
Si può citare il recente annuncio di Universal Music con Soundlabs per un tool di nuova generazione per creare modelli vocali ufficiali ad altissima fedeltà per gli artisti utilizzando i propri dati vocali per l’addestramento, pur mantenendo il controllo sulla proprietà e dando loro piena approvazione artistica e controllo dell’output. MicDrop è un plug-in in tempo reale (AU, VST3, AAX) compatibile con tutte le principali DAW. Consente ad artisti e produttori di esplorare trasformazioni vocali all’avanguardia, tra cui voce-voce, voce-strumento, parlato-canto, trasposizione linguistica e una miriade di trasformazioni vocali precedentemente impossibili. Insieme, UMG e SoundLabs stanno collaborando per consentire agli artisti di Universal di creare modelli vocali personalizzati che saranno disponibili per l’attività creativa esclusiva e non disponibili al grande pubblico.
YouTube e le trattative con le major
YouTube, secondo quanto annunciato dal FT, sarebbe in trattativa con le major per ottenere le licenze e monetizzare le creazioni con AI. Google già da tempo, con il gruppo di lavoro Deep Mind, sta sviluppando modelli che integrano voci e altri contenuti degli artisti in nuove produzioni. Intanto la piattaforma ha introdotto Dream Screen, ossia sfondi originali generati con l’AI da utilizzare durante la creazione degli Shorts che si sincronizzano anche con la musica.
Di recente, Sam Altman di OpenAI, dopo essersi assicurato l’accordo con News Corp, nel maggio scorso ha effettuato un tour tra le major di Hollywood per confrontarsi sull’evoluzione di Sora, la piattaforma per creare video. Anche se non risultano ancora accordi è evidente che l’industria cinematografica, così come quella musicale, sta osservando da vicino le potenzialità di queste piattaforme.
Nuove funzionalità AI nelle piattaforme di streaming: il caso Spotify
E Spotify, la principale piattaforma di streaming musicale, ha annunciato una recente funzionalità che coinvolge la discovery e creazione delle playlist degli utenti: le playlist AI. Per ora in fase beta solo per gli utenti Premium in Australia e nel Regno Unito, la funzionalità playlist AI permette ai fan di generare playlist personalizzate semplicemente inserendo un prompt testuale.
L’origine di Spotify, più che Napster, potrebbe costituire invece l’esempio di evoluzione e innovazione tra AI e industria dei contenuti. La creatura di Daniel Ek e come, anche con alcune difficoltà e resistenze, condusse alla più grande rivoluzione del settore musicale è forse l’esempio più evidente di come industria tech e industria di contenuti possano individuare una soluzione win-win anche nel segmento dell’AI generativa.
Come ha osservato Dennis Kooker, President Global Digital Business di Sony Music: “Dobbiamo continuare a imparare continuando a sviluppare e accrescere le opportunità per un’intelligenza artificiale responsabile in collaborazione con i nostri artisti, partner tecnologici e fan”.