L’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro viene letto prevalentemente in chiave “disoccupazione tecnologica”, ossia come rischio che AI elimini posti di lavoro in misura tale da creare quella che gli economisti chiamano “disoccupazione tecnologica”.
La questione, in realtà, è antica: risale alle origini della meccanizzazione e ha trovato costanti smentite nella ricerca empirica. L’innovazione tecnologica aumenta la produttività e quindi riduce la domanda di lavoro per unità di prodotto, ma riduce anche i prezzi dei prodotti, a volte ne crea di nuovi e quindi finisce con l’accrescere la domanda di lavoro aggiuntivo più di quanto non riduca la domanda di lavoro usuale.[1]
L’impatto dell’AI sull’organizzazione del lavoro
Meno esplorato e forse più interessante, anche per il perdurare a lungo termine degli effetti, è l’impatto che l’intelligenza artificiale può avere e, secondo alcuni studi, ha già manifestato sul rapporto tra lavoratori ed azienda, tra lavoratori tra di loro, tra lavoratori e cliente. In una parola l’impatto che AI può avere sull’organizzazione del lavoro.
È probabile che AI a livello aggregato fornirà più opportunità di nuovo lavoro che perdite di vecchie professioni, ma questo non è vero a livello di singola impresa, dove può essere prevalente l’effetto localizzato di riduzione della domanda di lavoro.[2]
È a livello di azienda, di processo produttivo specifico e di concreto assetto organizzativo, che l’impatto dell’intelligenza artificiale sarà più violento e difficile da gestire e da assorbire. Per una rassegna delle lavorazioni più esposte al rischio di disoccupazione ci sono ormai molte analisi che concordano nell’indicare alcune aree di specifica concentrazione dei pericoli di “spiazzamento”.[3]
Inoltre, se è vero che la diffusione potenziale di AI è pervasiva, il diffondersi di criticità sistematiche all’interno dei rapporti di lavoro porterebbe ad un diffuso rifiuto dell’innovazione o addirittura all’assuefazione a condizioni considerate sub ottimali, con effetti di demotivazione e irrigidimento nelle relazioni con gli altri lavoratori, con altri gruppi, con il management, con clienti e fornitori.
L’AI e il rischio di perdita del lavoro
Uno studio recente dimostra che l’adozione e l’applicazione dell’intelligenza artificiale può portare a disuguaglianze crescenti: gli anziani sono più esposti ai rischi di disoccupazione, ma anche le donne, i livelli salariali saranno più squilibrati perché vi saranno carenze di offerta nelle nuove posizioni lavorative ed eccessi di offerta di qualifiche più basse. A livello globale le economie più avanzate potrebbero avere i maggiori benefici dall’applicazione dell’intelligenza artificiale.[4]
Nell’organizzazione del lavoro l’analisi ha fornito evidenza che le aziende, a fronte di un cambiamento tecnologico che ridisegna i profili delle professionalità, preferiscono non assumere con contratto di lavoro stabile i lavoratori che sono più esposti a rischio di sostituzione, peggiorando in tal modo le prospettive dei meno qualificati o dei meno adattabili (più anziani, poco istruiti), in una parola di coloro che già sono precari o svantaggiati.[5] L’esigenza di disporre di regole e di organizzazioni del lavoro adatte alle nuove opportunità offerte dall’intelligenza artificiale è molto sentita: la rappresentanza sindacale è in crisi anche per questo motivo, così come è in crisi la contrattazione collettiva. Da un lato, si denuncia questo indebolimento come foriero di nuovo precariato, e il rischio, come dicevamo, è reale. Ma dall’altro, l’innovazione tecnologica apportata dall’intelligenza artificiale esige un approccio innovativo nei rapporti di lavoro, ed anche nel welfare. Non è un caso che le aziende di maggior successo, quelle che hanno bisogno di fidelizzare i lavoratori più pregiati e più difficili da sostituire, puntano a sviluppare pacchetti di welfare aziendale integrativi rispetto alla sicurezza sociale offerta dallo Stato o dai contratti nazionali.
Rimane che la protezione fondamentale dei lavoratori è affidata ai contratti a tempo indeterminato e all’essere dipendenti di grandi aziende. Chi è precario resta tale ed è a rischio di essere controllato e discriminato in modo ancor più puntuale da sistemi di gestione supportati dall’intelligenza artificiale[6].
Ma ci sono nuovi studi che sottolineano l’importanza di politiche che accompagnino in modo attivo l’introduzione dell’intelligenza artificiale per ridurre l’impatto negativo sulla motivazione dei lavoratori.[7] A questi faremo riferimento.
L’importanza della formazione continua nell’era dell’AI
La flessibilità e la motivazione dei lavoratori è oggetto di studio nell’organizzazione del lavoro, ma i risultati dimostrano che esse sono necessarie all’azienda per raggiungere risultati migliori sotto diversi profili: qualità dei prodotti/servizi, produttività, capacità innovativa, affidabilità verso il cliente, qualità delle relazioni interne al gruppo di lavoro: “La flessibilità di per sé può divenire una motivazione extra-finanziaria importante”.[8]
Nel momento in cui i lavoratori percepiscono l’introduzione dell’AI come una minaccia alla propria professionalità o al proprio posto di lavoro, l’ambiente di lavoro si deteriora. “La sfiducia dei lavoratori nell’intelligenza artificiale sul posto di lavoro deriva dalla percezione che essa minaccia l’occupazione… (Perciò) la coesistenza di intelligenza artificiale e buon ambiente di lavoro richiede nuove risorse tecniche, umane e nuove competenze concettuali, mentre i lavoratori necessitano di riqualificazione e miglioramento delle competenze continui per contribuire a una relazione simbiotica con l’intelligenza artificiale sul posto di lavoro”.[9]
La risposta alle difficoltà che l’intelligenza artificiale può introdurre nelle relazioni all’interno dei lavoratori in azienda deve fare riferimento a strumenti non nuovi di gestione e sviluppo delle risorse umane, aggiornandoli al nuovo contesto tecnologico.
Occorre investire nelle risorse che AI non ha:
- la formazione durante l’intera vita lavorativa;
- le capacità di comunicazione, l’attitudine a risolvere i problemi, la flessibilità/agilità organizzativa, ossia la capacità di assorbire l’impatto degli shock esterni e di essere resilienti ai cambiamenti di obiettivi[10].
Responsabilità, motivazione e innovazione nel contesto dell’AI
Poiché l’intelligenza artificiale viene adottata anche in supporto a decisioni con valore legale, come l’assunzione o il licenziamento, e poiché queste decisioni sono prese accumulando dati relativi ai comportamenti individuali, una parte importante della credibilità del management viene perduta e i dipendenti tendono ad assumere un atteggiamento meno responsabile.
Questo passaggio è importante, esso indica che tra i timori dei lavoratori, quello più evidente è il rischio disoccupazione, per il quale – come abbiamo visto – sono disponibili strumenti come gli ammortizzatori sociali e le politiche di formazione.
Ma più difficile, e per alcuni aspetti più pervasivo e di lunga durata, può essere il deterioramento del rapporto fiducia/responsabilità che informa la relazione management/lavoratori nelle aziende di successo.
Prendiamo una azienda innovativa, che operi in un mercato altamente redditizio e competitivo, dove nuovi protagonisti vogliono entrare. Il management deve reagire con continue innovazioni ed aggiustamenti delle proprie strategie di prodotto e di mercato. Per farlo efficacemente, deve poter contare sulla disponibilità dei lavoratori a cambiare obiettivi e quindi assetto delle responsabilità organizzative, senza perdere in motivazione e la capacità di lavorare in team[11].
L’intelligenza artificiale rappresenta un cambiamento tecnologico e organizzativo che certamente mette in discussione gli equilibri raggiunti nello scambio tra management che offre affidabilità e sicurezza e lavoratori che offrono flessibilità e responsabilità (lo scambio salario-ore di lavoro è sottostante e poniamo che si trovi in equilibrio).
Una delle risposte per ristabilire l’equilibrio nella relazione management-lavoratori è la condizione di trasparenza nello scambio reciproco di informazioni. Se l’introduzione dell’intelligenza artificiale comporta una rottura dell’equilibrio in questo scambio, si apre una crisi che può compromettere le strategie innovative o il raggiungimento degli obiettivi aziendali.
Nell’economia digitale, il servizio del prodotto e l’esperienza del consumatore sono aspetti decisivi della competitività e questo richiede creatività e dedizione. Queste sono risorse non-economiche, ma derivanti dal “sistema sociale” delle relazioni tra i lavoratori, tra questi e il management e tra i lavoratori e il pubblico nel caso dei servizi.
Ricordiamo il caso di Amazon che, nell’aprile 2019, fu accusata di controlli indebiti e di comportamenti discriminatori basati sull’applicazione dell’intelligenza artificiale nella gestione dei magazzini.[12] L’esito di quelle pratiche non si limita a creare conflitto con i lavoratori, ma anche a ridurre la fiducia nell’applicazione dell’intelligenza artificiale e ad aumentare la distanza con i lavoratori impegnati in quel settore.
L’uso dell’AI nella PA: sfide e opportunità
Lo studio approfondito sull’impatto organizzativo e motivazionale dell’intelligenza artificiale conclude che dall’analisi empirica si ricava che sia AI sia la responsabilità dei lavoratori portano benefici alla produttività dell’azienda, ma che la responsabilità dei dipendenti porta anche ad un significativo effetto positivo sull’innovazione e sulla sua efficacia. “I risultati indicano che nell’era dell’intelligenza artificiale, i principi della gestione delle risorse umane ‘orientati alle persone’ che curano la responsabilità dei lavoratori, sono ancora destinati a svolgere un ruolo importante.”[13] Se AI ha un ruolo importante nella produttività dei lavori ripetitivi, la sua applicazione non migliora la attitudine all’innovazione dell’azienda.
Ma l’articolo, basato su dati dell’economia cinese dove la presenza delle aziende pubbliche è particolarmente significativa, getta luce su un altro aspetto, di rilievo ai fini della applicazione intelligente di AI. Dallo studio emerge che il senso di responsabilità dei lavoratori cade in modo più significativo quando l’applicazione dell’intelligenza artificiale avviene nel contesto di aziende governative, non esposte agli stimoli della competizione di mercato.
Questa conclusione getta una luce significativa su uno dei settori dove l’intelligenza artificiale può sortire decisivi risultati di efficienza e di qualità dell’output: i servizi pubblici. Poiché essi non sono esposti alla concorrenza del mercato, la responsabilità e motivazione dei lavoratori è il principale stimolo alla qualità delle prestazioni e del servizio. Una introduzione dell’intelligenza artificiale puramente sostitutiva di lavoro, incurante degli aspetti di motivazione e responsabilità dei dipendenti, potrebbe incontrare ostacoli e resistenze tali da annullare gran parte dei benefici che AI può portare.
Note
[1]) Per una recentissima rassegna della letteratura sull’impatto di AI sull’occupazione, si veda: Gianluca Piero Maria Virgilio, Fausto Saavedra Hoyos, Carol Beatriz Bao Ratzemberg, The impact of artificial intelligence on unemployment. A review, International Journal of Social Economics, April 15th, 2024.
[2]) A. Arslan, C. Cooper, Z. Khan, I. Golgeci, I. Ali, Artificial intelligence and human workers interaction at team level: a conceptual assessment of the challenges and potential HRM strategies,
Int. J. Manpow. (2021).
[3]) Mark Talmage-Rostron, How Will Artificial intelligence Affect Jobs 2024-2030, Nexford University, January 10, 2024.
[4]) Mauro Cazzaniga, Florence Jaumotte, Longji Li, Giovanni Melina, Augustus J Panton, Carlo Pizzinelli, Emma J Rockall, Marina Mendes Tavares, Gen-AI: Artificial Intelligence and the Future of Work, IMF Staff Discussion Notes, January 14, 2024.
[5]) Kalleberg, Arne L., Steven P. Vallas, eds. Probing Precarious Work: Theory, Research, and Politics, in: Precarious Work. Research in the Sociology of Work, vol 31, Emerald Publishing Limited. 2017.
[6]) David Kiron, Elizabeth J. Altman, Christoph Riedl, Workforce ecosystems and AI, Brookings, April 13, 2023.
[7]) Uno dei primi studi che insisteva su questo aspetto era in: Haiyan Kong, Yue yuan, Yehuda Baruch, Naipeng Bu, Xinyu Jiang, Kangping Wang, Influences of artificial intelligence (AI) awareness on career competency and job burnout, International Journal of Contemporary Hospitality Management, 15 March, 2021.
[8]) Constantin Bran, Constantina – Ionela Udrea, The Influence of Motivation and Flexibility on Job Performance, October 2016, Conference: WLC 2016 World LUMEN Congress. Logos Universality Mentality Education. DOI:10.15405/epsbs.2016.09.17
[9]) Araz Zirar, Syed Imran Ali, Nazrul Islam, Worker and workplace Artificial Intelligence (AI) coexistence: Emerging themes and research agenda, Technovation, Volume 124, June 2023.
[10]) Talmage – Rostron, op. cit.
[11]) Il team-work diventa sempre più importante man mano che la fase di innovazione entra nel vivo del cambiamento organizzativo: M. van Rooyen, E. van der Lingen, Reducing uncertainty associated with managing technology innovation, Social Sciences & Humanities Open, Volume 9, 2024.
[12]) Colin Lecher, How Amazon automatically tracks and fires warehouse workers for ‘productivity’
/ Documents show how the company tracks and terminates workers, The Verge, Apr 25, 2019.
[13]) Wang, J., Xing, Z. & Zhang, R. AI technology application and employee responsibility. Humanit Soc Sci Commun 10, 356 (2023). https://doi.org/10.1057/s41599-023-01843-3.