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AI, la mappa globale degli investimenti: Europa in ritardo, Italia ultima



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Nel panorama globale dell’intelligenza artificiale, la Cina sembra al momento leader indiscussa. Gli investimenti strategici e l’innovazione tecnologica guidano questa competizione, con le startup americane che mantengono un ruolo chiave. L’Europa cerca di adattarsi, mentre l’Italia rimane indietro, evidenziando la necessità di politiche efficaci e investimenti mirati

Pubblicato il 26 apr 2024

Mario Dal Co

Economista e manager, già direttore dell’Agenzia per l’innovazione



intelligenza artificiale ai act

Nel campo dell‘intelligenza artificiale la competizione non riguarda soltanto il progresso scientifico, ma si inserisce in una cornice geopolitica più ampia, dove le strategie degli Stati giocano un ruolo cruciale.

Investimenti e ricerca sono i motori di questa corsa, ma devono essere spinti da politiche in grado di combinare regolamentazione e attrazione di capitali.

Gli equilibri del settore sono mutevoli. Proviamo allora a tracciare una mappa che ci permetta di comprendere lo stato dell’arte.

La mappa dell’intelligenza artificiale

La mappa definisce i limiti dei diritti di proprietà[1]. È uno strumento nato per rappresentare l’estensione del potere sulla terra, sulle cose, sugli uomini. Le mappe moderne, con i diversi strati di dati che possono rappresentare, portano in superficie realtà più complesse, fino all’estremo opposto delle mappe antiche e cioè al fatto che in alcuni casi non esistono diritti di proprietà individuali, come per l’ambiente e la natura.

L’intelligenza artificiale presenta mappe in frenetico divenire: il suo dominio sembra estendersi ovunque, ci dicono coloro che investono e in particolare coloro che guidano gli investitori, i consulenti.

Ad esempio, nella figura 1 la lista degli strumenti e dei campi applicativi è quella che ChatGPT propone come mappatura semplificata della “potenza” oggi dispiegabile dall’intelligenza artificiale.

La competizione geopolitica

Nel 2022 il mercato globale dell’intelligenza artificiale è valutato in 137 miliardi di dollari, con una crescita attesa del 37% media all’anno fino al 2030. Ma quale è la mappa della crescita attesa per le diverse aree?

La Cina sarà il maggior beneficiario dello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Il Paese è sicuramente avanti nella tecnologia (lato sinistro di figura 1), ed ha possibilità applicative amplissime nei settori richiamati sulla destra, dalla finanza, alla salute al real estate. Il governo ha spinto su questo settore tecnologico soprattutto per dotarsi di strumenti sofisticato di controllo sociale e di sicurezza militare, ma avendo lavorato in modo sistematico sulle risorse umane, ha ottenuto risultati eccellenti. L’America settentrionale è messa meglio dell’Europa, ma nettamente peggio della Cina: la sfida è aperta, ma sembra che il suo esito sia scontato. Se i dati fossero attendibili, la figura 2 è la mappa della sconfitta dei paesi occidentali rispetto alla Cina.

La mappa degli investimenti

La mappa del potere sull’intelligenza artificiale è quindi già definita? Guardiamo agli investimenti prima di esprimere un giudizio, che comunque resta provvisorio. Infatti la dinamica del settore è rapida e ogni previsione deve tener conto di una grande variabilità nelle condizioni dinamiche su cui si basano le previsioni.

Stati Uniti

Guardando alle startup, che sono un indicatore importantissimo della vivacità del settore e delle potenzialità delle diverse aree geopolitiche, vediamo che gli Stati Uniti prevalgono per numero di imprese e per volume di investimenti.

Si noti che il periodo considerato è il decennio 2013-2022, dove sicuramente gli Stati Uniti godevano di una posizione di partenza favorevole. Il divario tra Cina e Stati Uniti potrebbe quindi essersi ridotto in anni recenti e questo potrebbe spiegare in parte almeno la previsione iniziale di Forbes, secondo cui il maggiore impatto della crescita dovuta all’intelligenza artificiale si avrebbe sul prodotto interno lordo cinese.

Europa

In Europa, soltanto il Regno Unito sembra avere le possibilità di svolgere un ruolo significativo nella battaglia economica per “entrare” nel futuro dell’intelligenza artificiale. Tuttavia, non bisogna credere che le posizioni siano cristallizzate. Sia per le dinamiche che sconvolgono il mercato, sia perché gli ultimi arrivati hanno il vantaggio di salire sull’onda tecnologica più recente, evitando i costi di sviluppo iniziali, che sono assai elevati, è possibile che le graduatorie possano cambiare in modo sorprendente,

L’importante è non farsi attirare da politiche inefficaci, dettate da una percezione del tutto irrealistica della propria posizione sul mercato globale. Questo vale soprattutto per l’Italia, che non appare neppure nelle graduatorie dei primi dieci paesi che sviluppano AI. Tutto ciò che possiamo fare, senza illuderci che i risultati siano misurati con la clessidra della sabbia elettorale, è di attrezzarci per avere un mercato dei capitali semplice, vivace, ampio e aperto per infondere risorse private nella ricerca e nella formazione. Due investimenti a lungo termine che avranno sicuramente effetti durevoli e incrementali nel lungo periodo.

Investimenti e ricerca

Oltre alla normativa, l’Unione ha adottato una linea di indirizzo per accelerare l’adozione dell’intelligenza artificiale nella scienza e nell’innovazione[2]. Sulla base di quell’indirizzo l’European Research Council ha adottato linee di finanziamento della ricerca e dell’innovazione sull’intelligenza artificiale, riassunte nella figura 5.

Stiamo comunque parlando di un arco temporale ventennale che va dal 2007 al 2027, con un ammontare di investimenti che è mediamente di 100 milioni all’anno. Numeri, invero, assai modesti anche se crescenti nel tempo.

Italia fanalino di coda

Come sta l’Italia in questo processo?

Siamo dietro Germania, Regno Unito, Francia e anche Olanda: uno dei grandi paesi dell’Unione che si posiziona ancora una volta primo degli ultimi.

Negli Stati Uniti la competizione tra gli Stati è ormai esplosa: Boston contende il primato alla California, nuovi stati (Texas, Arizona) si contendono non solo gli investimenti nel settore dei Chip, ma anche lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. La competizione tra Stati ha spento di recente la governatrice Maura Haley del Massachussetts alla creazione di una task force sull’intelligenza artificiale per accelerarne l’adozione nell’educazione, nelle scienze e nella finanza.

Nel nostro paese, intanto, la tutela dei diritti d’autore nella fase di addestramento dei modelli di intelligenza artificiale generativa viene considerata nel provvedimento legislativo in discussione al consiglio dei ministri. Il provvedimento si deve raccordare con le norme europee, ma stiamo parlando di questioni marginali: il grosso dell’addestramento avviene in inglese e la rilevanza dell’addestramento in italiano è marginale. Lo stesso dicasi per immagini e musica.

Ancor più velleitaria appare la dotazione di 148 milioni in due anni per il sostegno alle start up dell’intelligenza artificiale: la capacità dell’amministrazione pubblica in materia di venture capital è inesistente[3].

Altro discorso va fatto per Cassa Depositi e Prestiti, che nel venture capital ha qualche maggiore capacità e possibilità di intervento, tant’è che nel piano industriale 2024-2028 ha postato un miliardo per questa voce.[4] Ma è il mercato che guida la corsa: nel 2023 gli investimenti sono quasi decuplicati rispetto al 2022, superando i 22 miliardi di dollari.[5]

E gli investimenti seguono la dotazione di capitale umano: se la Cina avrà più vantaggi che svantaggi, come sembra dalle previsioni, è anche perché con la preparazione dei suoi ingegneri e dei suoi laureati e dottorati, le consentirà di cavalcare e non essere travolta dalla irresistibile corsa dell’intelligenza artificiale.

Normativa e attrazione di investimenti nell’AI

Non entriamo in questa sede nel merito dell’impatto che le norme europee sull’intelligenza artificiale possono avere sullo sviluppo degli investimenti in questo settore. È chiaro, tuttavia, che ogni intervento limitativo, sia esso riferito alla tutela dei diritti di autore, sia esso riferibile alla tutela della privacy, sia esso riferito al controllo dei contenuti e della lor distribuzione, influisce in modo significativo sulla propensione ad investire.

È molto probabile che la capacità di attrarre investimenti da parte del Regno Unito, abbia a anche fare con il fatto che quel mercato è esterno all’Unione europea, che esso ha un buon sistema formativo e di ricerca e infine che ha un eccellente sistema finanziario. Simmetricamente, è assai probabile che l’Unione si sia preoccupata troppo delle politiche limitanti e troppo poco di quelle promotrici rispetto all’intelligenza artificiale e al digitale in generale. Fino ad oggi, 61 modelli rilevanti di intelligenza artificiale sono stati prodotti negli Stati Uniti, 21 nell’Unione e 15 in Cina.[6]

L’Unione ha promosso una legislazione che tutela alcuni dei diritti dei cittadini, ma non altri. In particolare non ha considerato che, a fronte della sfida posta dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale, è importante anche promuovere il diritto ad avere sistemi formativi d’avanguardia, un sistema finanziario in grado di affrontare le sfide dell’innovazione e della creazione di nuove imprese, un mercato meno chiuso all’interno dell’Unione, nei confronti del resto del mondo[7]. Ma anche negli Stati Uniti si assiste ad un incremento delle iniziative per regolamentare l’intelligenza artificiale. [8]

Il rumoroso dibattito se l’intelligenza artificiale porti nuova occupazione o porti disoccupazione non si risolve soltanto sul piano teorico né il confronto più produttivo è quello ideologico. La discussione più interessante è sulle politiche, intese in senso largo. Il successo indiscusso della Cina nella digitalizzazione e nell’intelligenza artificiale è anche il risultato di una lungo costante investimento nella qualità del sistema universitario.

Note

  1. ) J. B. Harley, Maps, Knowledge, and Power, in D. Cosgrove & S. Daniels (eds.), The Iconography of Landscape: Essays on the Symbolic Representation, Design and Use of Past Environments , Cambridge: Cambridge University Press, 1988..
  2. ) Daniel Petkova, Laura Roman, AI in science. Harnessing the power of AI to accelerate discovery and foster innovation : policy brief, Directorate-General for Research and Innovation (European Commission), 2023.
  3. ) Andrea Bondi, Carmine Fotina, Intelligenza artificiale, compromesso sulla tutela del copyright, 13 aprile 2024.
  4. ) CDP, Presentazione Piano Industriale 2024-2028 CDP Venture Capital “Shaping Future”, 8 aprile 2024.
  5. ) Stanford University Human-Centered Artificial Intelligence, Artificial Intelligence Index Report 2024.
  6. ) Ivi.
  7. ) Troels Krarup, Maja Horst, European artificial intelligence policy as digital single market making, Big Data and Society, April 15 th 2024.
  8. ) Stanford, op cit.

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