Le tendenze emerse negli ultimi due anni, con l’esplosione del video streaming, a seguito della pandemia, vengono confermate anche nel 2022, rafforzando in questo modo la trasformazione dell’industria televisiva verso nuove e più avanzate modalità di distribuzione e consumo dei contenuti audiovisivi.
Tali dinamiche aprono una serie di scenari in continua evoluzione, in cui gli operatori di mercato fronteggiano il clima di incertezza – aggravato dalle crisi geopolitiche ed economiche – alla costante ricerca di strumenti per attrarre e catturare l’attenzione dei consumatori che evolve in modi rapidi e imprevedibili.
Se risulta difficile fare previsioni attendibili, in questo contesto in continuo mutamento, appare comunque utile individuare alcuni punti fermi, di non ritorno, sui quali si svilupperanno nel prossimo futuro le sfide decisive del settore.
La TV travolta dal digitale: il futuro è nella pubblicità, anche per lo streaming
Il contesto di riferimento
La tendenza da tempo in atto alla internazionalizzazione dei mercati e al passaggio dalla dimensione nazionale e quella globale, trova conferma anche nel contesto europeo, con i ricavi che seguono gli andamenti generali.
La pubblicità
La pubblicità televisiva, dopo una relativa ripresa nel 2021, non riesce comunque a recuperare quanto perso negli anni passati e il calo del 2022 (-7/-8%) accentua questa difficoltà a fronte di un contesto competitivo sempre più convergente e aggressivo, con la pubblicità online che continua a crescere e ha superato ovunque i ricavi della pubblicità televisiva. In alcuni Paesi, come il Regno Unito, la Germania e la Francia, la pubblicità televisiva, in pochi anni, da risorsa principale, è ormai diventata una componente secondaria dei ricavi pubblicitari totali.
Ne discende dunque, come anche in Europa si iniziano ad affermare, rispetto al modello tradizionale del broadcasting lineare basato sulla pubblicità, i servizi in streaming non lineari e le piattaforme di condivisione video (YouTube in primis), in grado di offrire contenuti audiovisivi gratuiti, finanziati anch’essi attraverso la pubblicità (online).
In questo nuovo scenario, l’offerta online gioca un ruolo sempre più centrale nella distribuzione del tempo e dell’attenzione dei consumatori, e in questo contesto AVOD (Pluto e altri) e social media si stanno affermando come attori decisivi per attrarre e fidelizzare gli utenti.
La Tv a pagamento
Per quanto riguarda invece la TV a pagamento, se da un lato continua a crescere, dall’altro sperimenta al proprio interno un profondo processo di riconfigurazione.
La pay-TV tradizionale, come il resto della TV lineare finanziata dalla pubblicità, ha registrato anch’essa, in occasione della pandemia, una forte contrazione, ampiamente bilanciata dall’esplosione dei servizi in streaming (SVOD in particolare).
Tutto questo determina un processo di forte rimescolamento e di redistribuzione nel settore della pay-TV: i servizi broadband in streaming (VOD), i cui ricavi hanno continuato a crescere fino al 2021, sono sempre più in competizione con gli operatori tradizionali, le cui entrate ristagnano o, in diversi Paesi, diminuiscono.
In questo processo di lenta, ma costante transizione dal broadcast al broadband, pur nella differenza delle diverse realtà analizzate, emerge pertanto con evidenza la natura sostitutiva e non più complementare, come nella prima fase del suo sviluppo, dello streaming a pagamento (SVOD modello Netflix).
Ricavi: i primi segnali di crisi dello streaming a pagamento
A partire dal 2022, però, se da un lato si registra un forte aumento degli abbonati, non si assiste ad un’analoga crescita di ricavi, essendo le offerte in streaming basate su un ARPU (ricavo medio per abbonato) meno elevato rispetto alla pay TV tradizionale. In Italia, ITMedia Consulting registra un aumento dei ricavi del settore dei contenuti audiovisivi a pagamento nel 2021 di appena l’1,6%, tasso ben inferiore a quelli registrati negli ultimi anni, nonostante un incremento del 25% nel numero di abbonati. A ciò si aggiunge anche una crescita prevista degli abbonati nei prossimi anni a livelli ampiamente inferiori rispetto al passato, a tassi in media di 2-3 volte inferiori a quelli degli ultimi due anni.
Questi fattori segnalano dunque anche i primi segnali di crisi dello streaming a pagamento (SVOD). In questo senso gli stessi operatori SVOD, a cominciare da Netflix, cercano di rispondere alla contrazione degli abbonati con la stretta sulla condivisione degli account e con l’aumento dei prezzi, che però dimostrano al contempo anche una crescente fragilità del modello di business.
L’avanzata delle offerte “gratuite”, finanziate dalla pubblicità
L’insieme di questi fattori spinge dunque sempre più il mercato televisivo verso lo streaming e quello dello streaming verso le offerte “gratuite”, finanziate dalla pubblicità[1].
Ne discende che una delle chiavi di sviluppo del settore è rappresentata proprio dall’ibridazione dei modelli di business, con il moltiplicarsi di offerte a più livelli che combinano piani di abbonamento più economici o del tutto gratuiti con supporto pubblicitario con offerte SVOD tradizionali. Negli ultimi mesi sono stati lanciati in Europa nuovi servizi (Pluto TV, Discovery+, Paramount+, Watch4) e anche i principali operatori SVOD (Netflix, Disney, Amazon) stanno entrando in questo settore sempre più affollato e promettente.
Se dunque l’interesse per i servizi streaming supportati dalla pubblicità è in aumento, in Europa la situazione è ancora in una fase iniziale, anche perché i consumatori hanno determinate aspettative sul servizio erogato. Quasi la metà (45%) degli spettatori inglesi, ad esempio, si aspetterebbe di vedere meno interruzioni pubblicitarie rispetto alla tradizionale TV lineare, mentre il 22% preferirebbe vedere annunci più personalizzati.
Questa sono alcune delle ragioni per cui ancora oggi, in termini di ricavi, l’AVOD è una piccola parte della pubblicità video online, un mercato dominato dalle piattaforme globali, dai servizi internazionali di condivisione video e dai social media (YouTube, Facebook, Snapchat, TikTok, ecc.).
Il mercato europeo
Ciononostante, anche il mercato europeo, pur partendo da numeri molto più bassi, ha visto un tasso di crescita tra il 16 e il 20% negli ultimi tre anni, grazie anche al lancio di nuovi servizi, con 14 nuove offerte solo nel 2022.
Ciò è frutto di una serie di fattori: consolidamento e acquisizioni da parte dei tradizionali player statunitensi di servizi AVOD (ViacomCBS/Pluto TV, Fox Corp./Tubi, NBC/Xumo & Vudu) ed espansione in Europa, insieme ad altri servizi americani (Amazon’s IMDb TV, Pluto TV, Chili AVOD, Roku Channel; lancio dei servizi BVOD da parte dei broadcaster europei (BVOD) per catturare il pubblico online; lancio di nuovi servizi “locali” Watch4, Rakuten TV Free, Filmstream e Joyn.
Come conseguenza di ciò, ITMedia Consulting stima che i ricavi totali del settore AVOD in Europa rappresentino circa il 16% della pubblicità televisiva nel 2022, ancora una fonte di ricavi secondaria. Tuttavia, mentre la pubblicità televisiva tradizionale rimane stabile o in diminuzione, l’AVOD dovrebbe continuare a crescere nei prossimi anni. Inoltre, in Germania e Regno Unito l’AVOD rappresenta il 32% dei ricavi totali VOD e quote inferiori nel resto d’Europa.
I ricavi dei servizi AVOD dei broadcaster (BVOD) a loro volta sono ancora un frammento dei ricavi totali AVOD, ma anche questi sono destinati a svolgere un ruolo più importante in futuro.
Il modello di video streaming finanziato dalla pubblicità appare infatti come la risposta più efficiente alla crisi economica e alla crescita dell’inflazione. I consumatori sembrano accettare maggiormente la pubblicità con l’aumento dei costi, che rende più appetibili i contenuti finanziati dalla pubblicità.
In termini di time-to-market, questo sembra il momento più favorevole per introdurre servizi streaming finanziati dalla pubblicità, così da limitare il tasso d’abbandono per gli utenti SVOD più sensibili al prezzo e per consentire ai broadcaster di entrare, utilizzando modalità più compatibili con il loro tradizionale modello di offerta (FAST, BVOD).
In questo modo i broadcaster adottano aspetti della strategia VOD che si adattano al loro posizionamento, pur mantenendo i loro punti di differenza, e le piattaforme VOD utilizzano concetti come la “TV degli appuntamenti” e la scoperta di contenuti curati, tipica dei media lineari. Il tutto finanziato dalla pubblicità.
Il modello ibrido
Al contempo, in questo nuovo scenario competitivo, si osserva un ulteriore fenomeno legato all’adozione di strategie e modelli di business, il cosiddetto modello ibrido che mescola le offerte della pubblicità AVOD con i servizi a pagamento SVOD, a prezzo ridotto, al fine di massimizzare le opportunità di ricavi.
Una delle ragioni per cui realtà come HBO Max o Disney+ e più di recente Netflix, scelgono modelli ibridi AVOD/SVOD è certamente la diversificazione dei ricavi, insieme alla possibilità di attirare abbonati con prezzi più bassi.
Modelli pubblicitari nell’offerta video streaming
Fonte: HD Forum / ITMedia Consulting
In definitiva, però, entrambi i modelli pubblicitari rischiano di creare due distinti tipi di spettatori: quelli con meno reddito disponibile, che rischiano di diventare eccessivamente bersagliati dagli annunci pubblicitari, e quelli con più reddito disponibile, che sono più attraenti per gli inserzionisti, ma più difficili da raggiungere.
Conclusioni
In conclusione, il settore si concentra e pone sempre più al centro delle proprie strategie il consumatore, che utilizza la nuova televisione con una maggiore consapevolezza dei diversi contenuti a disposizione e dei modelli di offerta, lineari e non lineari.
La TV tradizionale, broadcast, non è più in grado di controbattere alla sfida lanciata dai servizi di streaming online, che sta determinando la progressiva migrazione del pubblico dalla tradizionale tv lineare verso i servizi di video streaming a banda larga.
Tutto questo ha portato a un crescente ruolo dei nuovi entranti, che in Italia, in appena 4 anni hanno triplicato la loro quota di mercato che supera il 30%, aumentando il livello della competizione nel mercato televisivo, fino ad allora concentrato (90% del totale risorse) in appena 3 operatori.
Nei prossimi anni, tali dinamiche continueranno a manifestarsi e il mercato tenderà a spostarsi sui comparti più dinamici e innovativi, dove si stanno trasferendo ingenti risorse sottratte alla televisione tradizionale e dove nuovi operatori “non-televisivi” raccolgono gran parte delle risorse pubblicitarie.
Ne discende che una delle chiavi di sviluppo del settore sarà rappresentata proprio dallo sviluppo della TV connessa e della pubblicità online come pure dall’ibridazione dei modelli di business, con il moltiplicarsi di offerte a più livelli che combinano piani di abbonamento più economici o del tutto gratuiti con supporto pubblicitario con offerte SVOD tradizionali solo a pagamento.
Note
- A. Preta, La rivoluzione della TV in Italia: tendenze e prospettive, in Agenda digitale, 17 Febbraio 2022 ↑