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App store sotto attacco: regolamenti e cause legali minacciano il duopolio Apple-Google



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L’era degli smartphone è caratterizzata dal predominio di Apple e Google negli app store, con Apple che genera entrate più elevate nonostante Google superi i download. Oltre ai due giganti, esistono app store alternativi come Amazon AppStore e Huawei AppStore. La regolamentazione, come il Digital Markets Act dell’UE, mira a promuovere la concorrenza e l’innovazione

Pubblicato il 7 giu 2024

Barbara Calderini

Legal Specialist – Data Protection Officer



Apple pay commissione ue

Nell’epoca degli smartphone, la possibilità di installare app di terze parti è diventata una funzione imprescindibile. Attualmente, oltre cinque miliardi di persone utilizzano Internet, con la maggior parte che accede tramite dispositivi mobili attraverso app e browser.

Si stima che dal 2008 al 2022, gli utenti iOS abbiano scaricato app più di 370 milioni di volte. Attualmente, l’App Store offre circa 1,8 milioni di app, un numero 123 volte superiore rispetto alle migliaia disponibili alla fine del 2008.

Apple SACUDIDO: Las demandas que FORZARON su cambio

Il numero di app presenti nel Google Play Store è invece stato recentemente posizionato a 2,43 milioni, dopo aver superato 1 milione di app nel luglio 2013.

Tuttavia, questo scenario è quasi interamente dominato da due giganti: Apple e Google, che governano rispettivamente l’App Store per iOS e il Google Play Store per Android. Anche se il Google Play Store offre più app e registra più download, l’App Store di Apple continua a generare entrate più elevate.

Oltre ai due colossi, esistono anche altri app store alternativi come l’Amazon AppStore e il Windows Store. L’Amazon AppStore, ad esempio, si concentra esclusivamente su Android, con un picco di 488mila app all’inizio del 2022, mentre il Windows Store offre principalmente app gratuite per smartphone e tablet.

In Cina, dove il Google Play Store non è disponibile, ci sono vari Android Store, tra cui Huawei AppStore che detiene il 44,31% del mercato delle app Android. La sua AppGallery vanta oltre 580 milioni di utenti attivi mensili in tutto il mondo, mentre Quick App conta 170 milioni di utenti attivi mensili. A causa delle restrizioni sui servizi Google sui dispositivi Huawei, AppGallery è diventato l’unico distributore di app preinstallate su tali dispositivi dal 2023.

Questi sviluppi sollevano domande cruciali: quanto è dannoso il duopolio di Apple e Google per la concorrenza e l’innovazione? Dovrebbero i governi intervenire per regolare gli app store? Quali sono i rischi e i potenziali benefici degli app store alternativi? Come possiamo garantire che i consumatori abbiano accesso a un’ampia gamma di app di qualità a prezzi accessibili?

La discussione è aperta. La battaglia per il futuro degli app store è appena iniziata, e le sue conseguenze avranno un impatto significativo su tutti noi che utilizziamo gli smartphone.

Alternative al duopolio Apple-Google per gli app store: un panorama in evoluzione con implicazioni globali

Il panorama delle tecnologie moderne ci pone dunque di fronte a questioni cruciali.

La concentrazione di potere di Apple e Google, che alimentano insieme il 99,2% degli smartphone mondiali, solleva dubbi sulla concorrenza e l’innovazione nel settore.

Una delle caratteristiche più importanti dei dispositivi informatici moderni è la capacità di eseguire software sviluppato da terze parti, cioè da soggetti diversi dai produttori dell’hardware o dagli sviluppatori del sistema operativo principale. Storicamente, questa possibilità non è stata priva di controversie e richiama casi legali che coinvolsero Microsoft riguardanti l’integrazione di Internet Explorer e Windows Media Player con il sistema operativo Windows, che favoriva il software interno dell’azienda durante le “guerre dei browser” degli anni ’90.

Il modello a doppio lato, tipico delle piattaforme digitali come Apple e Google, presenta un intermediario, come un ISP, che regola prezzi e servizi per fornitori e consumatori. Questo intermediario, che possiede informazioni cruciali, può influenzare le dinamiche di mercato, potenzialmente conducendo a discriminazioni abusive.

Anche se l’ISP non ha necessariamente un monopolio, le sue informazioni extra gli consentono di prendere decisioni più informate, potenzialmente portando a discriminazione abusiva.

Ebbene, la vasta letteratura antitrust che si è sviluppata negli ultimi vent’anni riguardo alla rapida espansione degli app store digitali ha generato un corpus ampio di evidenze e analisi. Questo ha alimentato proposte significative per riforme legislative volte a regolamentare preventivamente gli app store dominanti. Il persistente dominio di Google e Apple è senza dubbio il principale motore di questa crescente esigenza di intervento normativo.

L’App Store di Apple, lanciato nel 2008 (era il 10 luglio 2008 quando Steve Jobs annunciava a Usa Today la nascita dell’App Store, il negozio digitale rivoluzionario che avrebbe cambiato per sempre il modo in cui smartphone e tablet sarebbero stati utilizzati. Un ecosistema in continua evoluzione che ha generato nuove opportunità di business e ha dato vita a un numero incalcolabile di professioni. Sviluppatori, designer, marketer e tanti altri hanno trovato nell’App Store una piattaforma ideale per esprimere la propria creatività e raggiungere un pubblico globale), ha introdotto la possibilità per gli utenti di installare app di terze parti sui loro dispositivi iOS, offrendo agli sviluppatori una piattaforma per distribuire app gratuitamente o a pagamento, con Apple che però avrebbe trattenuto una commissione del 30% sulle entrate. Malgrado le critiche e le azioni legali riguardanti queste commissioni e altre restrizioni, Apple ha comunque mantenuto un controllo rigoroso sul modo in cui gli utenti possono installare software sui propri dispositivi. Questo approccio restrittivo includeva ovviamente anche il sideloading, che Apple continua a sostenere possa compromettere la sicurezza degli utenti, nonostante analisi indipendenti abbiano suggerito quanto l’App Store non fosse immune da app dannose.

Android, il sistema operativo mobile con una quota di mercato globale del 70%, adotta invece una filosofia open source, sviluppata e gestita dalla Open Handset Alliance[1]. Tuttavia, Google domina Android, imponendo che i produttori preinstallino app proprietarie, inclusa l’app store di Google, Play Store. Sebbene gli utenti Android possano effettuare il sideloading delle app, il processo rimane scomodo e disabilitato per impostazione predefinita. Questo controllo ha portato Google a subire multe, come quella di 5,05 miliardi di dollari inflitta dalla Commissione Europea nel 2018 per pratiche anticoncorrenziali.

Nonostante le differenze tra Apple e Google, entrambe esercitano un controllo massimo sui rispettivi ecosistemi, attirando critiche e sanzioni.

Un’analisi di mercato approfondita da parte della Competition and Markets Authority (CMA) del Regno Unito ha concluso che queste due aziende “detengono un effettivo duopolio nella fornitura di sistemi operativi per dispositivi mobili” e hanno “un potere di mercato sostanziale e consolidato sugli utenti dei loro sistemi operativi mobili” e “nella distribuzione delle app all’interno dei loro ecosistemi”.

Analogamente, la Commissione europea ha rilevato che Google detiene una posizione dominante nel mercato globale degli app store per Android, esclusa la Cina[2], dal 2011.

Le pressioni su Apple e Google

Governi di tutto il mondo stanno aumentando la pressione su Apple e Google per limitare il loro potere e aprire il mercato a una maggiore concorrenza.

Le preoccupazioni riguardano l’esclusione dei concorrenti, che potrebbero risultare dannose per i consumatori, causando aumenti di prezzo, diminuzioni di qualità e riduzioni dell’innovazione.

Gli Stati Uniti sono al centro di numerose cause legali di alto profilo, mentre significative modifiche legislative sono state attuate in Corea del Sud e nell’Unione Europea, con ulteriori proposte legislative in corso negli Stati Uniti (Open App Markets Act), in Cina e in altre giurisdizioni come Giappone e India.

Il Digital Markets Act europeo

In particolare, nell’Unione Europea, dopo due anni di dibattito tra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo, nel maggio 2022 è stato raggiunto un accordo su un ampio pacchetto di misure normative nel Digital Markets Act (DMA). Questo regolamento, con l’intento di migliorare rapidamente il livello di “contendibilità e l’equità” dei mercati digitali, introduce requisiti ex ante per le aziende “gatekeeper”, come Google e Apple, al fine di aprire le loro piattaforme e app store ai concorrenti, anziché fare affidamento solo su un’applicazione restrittiva delle leggi sulla concorrenza ex post.

Tra le disposizioni del DMA, i gatekeeper sono tenuti a “consentire, anche a livello tecnico, l’installazione e l’utilizzo efficace di applicazioni software di terzi o di negozi di applicazioni software che utilizzano il suo sistema operativo o che sono interoperabili con esso. Oltre a permettere l’accesso a tali applicazioni software di terzi o negozi di applicazioni software attraverso mezzi diversi dai servizi di base della piattaforma pertinente.

Il gatekeeper non può impedire agli utenti di impostare come predefiniti le applicazioni software scaricate o i negozi di applicazioni software di terzi, se lo desiderano, e deve facilitare agli utenti la modifica di tali impostazioni in modo semplice. Inoltre, il gatekeeper può adottare misure per garantire che le applicazioni software di terzi o i negozi di applicazioni software non costituiscano rischi per l’integrità dell’hardware o del sistema operativo fornito dal gatekeeper, purché tali misure non siano eccessive e siano giustificate dal gatekeeper” (DMA, articolo 6, paragrafo 4). In più, l’articolo 6, paragrafo 7, della DMA impone ai gatekeeper di garantire ai fornitori di servizi e hardware l’interoperabilità effettiva e l’accesso alle stesse funzionalità hardware e software controllate attraverso il sistema operativo o assistente virtuale designato. Inutile dire che tanto limiterebbe la capacità di aziende come Apple e Google di controllare le funzionalità dei loro dispositivi e sistemi operativi, compresi i servizi di pagamento, sia attraverso i loro app store che direttamente attraverso i sistemi operativi.

A livello nazionale, si segnalano le iniziative del governo del Regno Unito che ha proposto una legislazione per imporre una regolamentazione anticipata della concorrenza a queste imprese con “status di mercato strategico”, mentre la Germania ha già modificato la propria legge sulla concorrenza per imporre norme specifiche alle imprese “di fondamentale importanza tra mercati diversi”.

Abusi di potere e pratiche anticoncorrenziali negli App Store: perché tanta attenzione?

La risposta è corposa e articolata.

Abusi di potere di mercato

Apple e Google hanno ampiamente abusato del loro potere di mercato, favoriti dall’integrazione verticale (fusioni e pratiche predatorie) che ha condotto a comportamenti abusivi[3].

Inefficacia dei rimedi antitrust

Non esistono rimedi antitrust efficaci, considerando che le indagini di mercato hanno già richiesto oltre un decennio prima di giungere alla definitiva applicazione (anche le multe multimiliardarie, come quella nel caso T-612/17 Google Shopping, rappresentano un costo relativamente basso per aziende dal valore di trilioni di dollari. Sia Google che Apple inoltre continuano a presentare ricorsi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea).

Nuove regolamentazioni

Le aspettative riposte nelle neo regolamentazioni delle piattaforme, in particolare il Digital Markets Act dell’UE, e la riforma legislativa promessa dal governo del Regno Unito, alimentano ulteriormente l’attenzione.

Redditività degli app store

La straordinaria redditività degli app store di Apple e Alphabet è un altro fattore. Nel terzo trimestre del 2022, il fatturato lordo delle app nel Google Play Store ammontava a livello mondiale a circa 10,4 miliardi di dollari USA. Nell’ultimo trimestre misurato l’App Store di Apple ha generato 21,2 miliardi di dollari di spese dei consumatori per acquisti in-app, abbonamenti e app premium. .Si stima che nel 2023 entrambi abbiano generato rispettivamente 27 e 13 miliardi di dollari in commissioni e pubblicità. Dal 2008 al 2022, il giro d’affari degli sviluppatori iOS sull’App Store ha superato i 320 miliardi di dollari. Uno studio degli economisti di Analysis Group ha rilevato che nel 2022 l’App Store ha generato un giro d’affari di 1,1 trilioni di dollari, con un aumento del 29% rispetto al 2021, e circa il 90% delle transazioni in-app non ha comportato commissioni per Apple. Durante la conferenza sugli utili del primo trimestre fiscale 2024, quando il CEO di Apple Tim Cook e il CFO Luca Maestri hanno discusso i recenti cambiamenti per l’App Store nell’Unione Europea, come le opportunità di fatturazione alternative, app store alternativi e nuove funzionalità NFC per app di banca e portafogli, Maestri ha tenuto a precisare che il mercato dell’UE rappresenta solo il 7% del fatturato globale dell’App Store di Apple.

Controllo sulle app disponibili

Un’altra motivazione alla base della crescente attenzione riguarda la capacità di controllo appannaggio delle due piattaforme digitali: i governi sono allo stesso tempo attratti e preoccupati per il potere immenso che Apple e Alphabet hanno su quali app sono disponibili per miliardi di utenti. Questo potere inteso come controllo può infatti essere utilizzato per limitare la concorrenza, soffocare l’innovazione e persino censurare contenuti e polarizzare l’opinione pubblica.

Non è un caso che alcuni governi stiano sempre più cercando di esercitare controllo sul mondo digitale tramite i guardiani delle app. Il numero di richieste di rimozione app ricevute da Alphabet e Apple da parte delle autorità di regolamentazione e dei tribunali è notevolmente aumentato. Nel 2019, Alphabet ha ricevuto 496 richieste per rimuovere app dal suo Google Play Store, un numero che è salito a 1.743 l’anno scorso. Nello stesso periodo, Apple ha rimosso 1.474 app dal suo store in risposta a tali richieste, rispetto alle 558 del 2019, con la maggior parte delle richieste provenienti dal governo cinese. Le ragioni di queste richieste sono variegate e “geopliticamente sfumate”: da quelle mirate a limitare l’accesso a contenuti sensibili come pornografia e raffigurazioni di suicidio, a quelle che riguardano la censura del dissenso[4].

Il secondo rapporto annuale sulla trasparenza dell’App Store, contiene dati significativi. Nel 2023, con 1.870.119 app disponibili, Apple ha esaminato 6.892.500 candidature, respingendone 1.763.812 principalmente per problemi di prestazioni, design e violazioni legali. Di queste, 277.923 sono state successivamente approvate dopo modifiche. Sono state rimosse 116.117 app, principalmente nelle categorie Utilità, Giochi e Business. Le rimozioni includevano 76.887 app per violazioni delle linee guida sul design e 35.245 per tentativi di frode. Su richiesta del governo cinese sono state rimosse 1.285 app e 103 su richiesta del governo sudcoreano, con altre rimozioni in vari paesi come India, Russia, Indonesia, Lituania e Ucraina.

Il report evidenzia che 398 milioni di account utente effettuano ricerche settimanali sull’App Store e 166.360 app appaiono tra i primi 10 risultati di almeno 1.000 ricerche settimanali. Inoltre, Apple ha disattivato 373 milioni di account utente e prevenuto frodi per 1,8 miliardi di dollari.

Specifici problemi antitrust, casi legali, reazioni aziendali. Posizione dei governi e capacità di mantenere un’immagine pubblica

Una diversa ragione di apprensione ha a che fare con gli specifici e perduranti problemi antitrust: gli sviluppatori di app lamentano le alte commissioni richieste dagli app store (fino al 30%) e le restrizioni imposte su come possono vendere i loro prodotti.

Una serie di cause antitrust e questioni normative hanno posto le aziende al centro di un dibattito globale sulla concorrenza e la legalità delle corrispondenti pratiche commerciali.

Nella disputa legale in corso tra Apple e il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (caso US et al. contro Apple Inc., numero 2:24-cv-04055, presso il tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il distretto del New Jersey), una denuncia di 88 pagine del Dipartimento di Giustizia, supportata da un gruppo bipartisan di 16 procuratori generali, ha aperto un nuovo capitolo [5] incentrato sulle politiche di apertura delle grandi aziende tecnologiche. Questo caso completa il quartetto delle tanto attese controversie antitrust governative già in corso contro Google, Meta e Amazon.

In risposta alle critiche e alle pressioni, Apple ha dichiarato di aver preso misure concrete per rendere la sua piattaforma più accessibile ai terzi, mantenendo al contempo elevati standard di sicurezza. Tuttavia, avverte che una vittoria del governo potrebbe compromettere seriamente l’innovazione tecnologica.

“Questa causa minaccia chi siamo e i principi che distinguono i prodotti Apple in mercati fortemente competitivi. Se avesse successo, ostacolerebbe la nostra capacità di creare il tipo di tecnologia che le persone si aspettano da Apple, dove hardware, software e servizi si intersecano,” ha affermato il portavoce della compagnia. “Costituirebbe anche un pericoloso precedente, dando al governo il potere di esercitare un ruolo pesante nella progettazione della tecnologia delle persone”.

“Crediamo che questa causa sia sbagliata sia in fatto che in diritto, e ci difenderemo vigorosamente”, ha aggiunto Apple.

Apple è quindi determinata a difendersi con forza dalle accuse di monopolio avanzate dal governo degli Stati Uniti, sostenendo che queste si basano su informazioni obsolete e inaccurate. Secondo i sostenitori di Apple, il Dipartimento di Giustizia potrebbe avere difficoltà a dimostrare danni concreti ai consumatori, rischiando di subire perdite significative in tribunale.

Apple contesta anche la definizione di “mercato rilevante” proposta dal governo, sostenendo che l’esclusione degli smartphone entry-level non riflette accuratamente il panorama del settore. Inoltre, Apple fa leva su precedenti giudiziari favorevoli, come il recente successo nella causa relativa all’algoritmo della frequenza cardiaca su Apple Watch, dove l’accusa di comportamento anticompetitivo è stata respinta.

Un punto centrale della difesa di Apple è la citazione del caso Pacific Bell Telephone Co. contro LinkLine Communications, Inc. del 2009, in cui si stabilisce che un’azienda non è obbligata a favorire i concorrenti se ciò peggiora l’esperienza utente. Apple sostiene di fornire agli sviluppatori strumenti per creare app innovative e riafferma il suo impegno nell’adozione dei Rich Communication Services (RCS) per migliorare l’interoperabilità. Inoltre, la società respinge l’accusa basata su un’email interna del 2016 in cui un dirigente discuteva con il CEO Tim Cook sull’eventualità di portare iMessage su dispositivi Android, dichiarando: “portare iMessage su Android ci danneggerebbe più di quanto ci aiuterebbe“. Apple afferma che questo frammento è stato estrapolato da un contesto più ampio e non dovrebbe essere considerato una prova definitiva di pratiche anticoncorrenziali.

Non solo Apple considera la causa ingiustificata, ma trova anche il sostegno di Alden Abbott, ex consigliere generale della Federal Trade Commission e attualmente ricercatore presso il Mercatus Center della George Mason University. Abbott ha dichiarato che, secondo i precedenti della Corte Suprema degli Stati Uniti, “Apple non ha alcun obbligo antitrust di assistere i suoi concorrenti o di concedere loro un accesso speciale a determinati aspetti della sua piattaforma“. Inoltre, Abbott ha criticato gli Stati Uniti e l’Unione Europea per il tentativo di “microgestire la concorrenza digitale e ostacolare i principali concorrenti americani, inclusa Apple”, sostenendo che questa strategia indebolisce la competitività del settore digitale statunitense e avvantaggia nazioni concorrenti come la Cina.

Nonostante ciò, il Dipartimento di Giustizia continua ad accusare Apple di “imporre una serie di regole e restrizioni mutevoli” sull’App Store e sugli accordi con gli sviluppatori di app, permettendo così ad Apple di “limitare le alternative competitive“, addebitare commissioni fino al 30% e danneggiare i consumatori riducendo l’innovazione, la sicurezza e la qualità dell’esperienza utente.

Il Dipartimento di Giustizia ha per l’appunto dichiarato: “La condotta anticoncorrenziale di Apple non solo limita la concorrenza nel mercato degli smartphone, ma si ripercuote anche sui settori interessati da queste restrizioni, tra cui servizi finanziari, fitness, giochi, social media, mezzi di informazione, intrattenimento e altro ancora

Il Dipartimento ha inoltre aggiunto:“Apple sta rapidamente espandendo la sua influenza e accrescendo il suo potere nei settori automobilistico, della creazione di contenuti e dell’intrattenimento e dei servizi finanziari, e spesso lo fa in modi esclusivi che rafforzano e approfondiscono ulteriormente il fossato competitivo attorno all’iPhone.”

Nonostante Apple difenda le sue azioni sostenendo di aver rispettato le leggi antitrust federali, molti esperti legali e difensori dei consumatori supportano con convinzione l’azione del governo, affermando che l’azienda ha significativamente limitato la scelta dei consumatori e rallentato l’innovazione.

Nel frattempo, Apple ha avviato il processo per presentare una mozione di archiviazione del caso: il 21 maggio scorso ha depositato la richiesta in conformità con la scadenza. Il Dipartimento di Giustizia ha tempo fino al 30 maggio per rispondere, e la Corte deciderà entro il 17 giugno se accogliere o meno la mozione di Apple.

Le controversie in atto superano di gran lunga i confini degli Stati Uniti, con l’Unione Europea che già ha avviato indagini formali contro Apple per presunte violazioni delle normative antitrust e del Digital Markets Act. Le modifiche proposte da Apple per conformarsi al DMA[6] sono state criticate da sviluppatori e altre grandi aziende tecnologiche, ritenendole ancora insufficienti a garantire una concorrenza equa sul mercato digitale.

Negli ultimi dieci anni, Apple ha mantenuto un’immagine impeccabile, trasformando ogni nuovo prodotto in un’icona culturale e un successo commerciale. Tuttavia, il 2024 presenta una serie di sfide che mettono alla prova la resilienza del gigante tecnologico di Cupertino.

Apple, Epic Games e Google: la battaglia legale che potrebbe cambiare gli App Store

A questo si aggiunge la battaglia legale tra Apple, Epic Games e altre aziende, destinata a influenzare il futuro dell’App Store e dell’ecosistema tecnologico globale, con implicazioni significative per sviluppatori, utenti e il panorama competitivo complessivo.

Nei prossimi cinque mesi, anche il tribunale federale di Melbourne sarà il palcoscenico di un confronto tra Epic Games, Apple e Google, esaminando il controllo esercitato da Apple sul suo impero e le pratiche di Google nell’ecosistema Android.

Le cause legali, inizialmente avviate nel 2020 e sospese nell’aprile 2021 in attesa degli esiti delle cause parallele negli Stati Uniti, vedono nuovamente Epic Games contro Apple e Google, entrambe accusate di abuso di potere di mercato nei rispettivi app store.

Sebbene Epic abbia parzialmente perso la causa antitrust contro Apple nel 2021, ha ottenuto una vittoria contro Google alla fine dello stesso anno. Ora, i casi, inizialmente separati, sono riuniti in un unico processo dinanzi al giudice Jonathan Beach, per evitare la duplicazione delle prove testimoniali.

Recenti aggiornamenti dagli Stati Uniti vedono invece il giudice federale della California, Yvonne Gonzalez Rogers, interrogare Phil Schiller di Apple riguardo al nuovo programma dell’azienda che impone una commissione del 27% sulle transazioni effettuate al di fuori dell’app. Sembra che Apple abbia adottato questa commissione dopo aver appreso che anche Google aveva imposto tariffe simili sulle transazioni in Corea del Sud.

Persistono dubbi sul fatto che questo programma mantenga un ambiente anticoncorrenziale a vantaggio di Apple. Schiller ha difeso le nuove regole come necessarie per proteggere i consumatori dalle frodi, ma il giudice ha messo in discussione se queste regole danneggino anche gli sviluppatori legittimi e violino l’ingiunzione[7] del 2021, che richiedeva alla società di concedere agli sviluppatori più libertà per indirizzare gli utenti verso opzioni di pagamento al di fuori dell’ecosistema Apple. L’udienza proseguirà il 31 maggio.

La situazione non è migliore per Google, che dopo aver perso una causa antitrust contro Epic Games, dichiarata dal giudice federale James Donato come monopolio illegale del Play Store, ora si trova ad affrontare nuove richieste. Epic ha chiesto al giudice di vietare i contratti di Google che scoraggiano la concorrenza e di obbligare Google a supportare i negozi concorrenti nell’elencare più app. Questo consentirebbe a Epic di aumentare le entrate elaborando gli acquisti in-game di Fortnite senza utilizzare il sistema di pagamento di Google e di promuovere i giochi tramite il proprio app store.

Google, che ha presentato appello contro il verdetto, sostiene che le richieste di Epic minacciano la sicurezza degli utenti e danneggerebbero i partner commerciali. Tuttavia, il giudice Donato ha espresso dubbi su queste argomentazioni, sottolineando che Google dovrà affrontare sanzioni per il suo comportamento monopolistico. Queste sanzioni mirano a porre fine al dominio illegale di Google e a eliminare i guadagni illeciti.

Nel definire il rimedio per le pratiche anticoncorrenziali di Google, il giudice Donato ha fatto riferimento alla sentenza chiave del 1972 Ford Motor Company contro Stati Uniti, che stabilisce che un rimedio antitrust efficace deve smantellare le pratiche illegali che hanno ostacolato la concorrenza e creare un mercato equo e aperto. Nel caso di Google, questo potrebbe includere la rimozione delle restrizioni contrattuali, tecniche o finanziarie che limitano la distribuzione di app Android al di fuori del Play Store e consentire agli sviluppatori di utilizzare sistemi di pagamento alternativi e di lanciare i propri app store all’interno del sistema operativo Android.

Il giudice Donato ha quindi sottolineato come la sentenza Ford Motor contro Stati Uniti fornisca un precedente solido per il rimedio che sta cercando di definire. Durante l’udienza, ha anche discusso di come semplificare il requisito di Google che obbliga le app nel Play Store a usare il suo sistema di fatturazione, riducendo l’attrito per gli utenti che vogliono scaricare app da store alternativi. Le sanzioni ufficiali sono previste per settembre, dopo le argomentazioni finali di agosto.

Ancora in Europa, DMA a parte, la Commissione Europea torna a colpire Apple con una multa di 1,8 miliardi di euro per pratiche anticoncorrenziali nell’App Store, accusando l’azienda di impedire ai rivali dello streaming musicale di offrire promozioni e aggiornamenti di abbonamenti agli utenti. Situazioni simili si sono verificate nei Paesi Bassi e in Corea del Sud, dove Apple è stata multata per pratiche sleali relative ai pagamenti all’interno delle app.

Inoltre, Apple è al centro di un’azione legale collettiva nel Regno Unito, dove oltre 1.500 sviluppatori chiedono un risarcimento di 785 milioni di sterline, pari a 1 miliardo di dollari, per le tariffe applicate sull’App Store.

Questa azione legale segue una serie di iniziative simili da parte di governi e organizzazioni in tutto il mondo contro le politiche dell’App Store di Apple. La società è stata oggetto di indagini o accuse di pratiche anticoncorrenziali in paesi come Francia, Germania e Giappone. Sempre nel Regno Unito, l’Autorità per la concorrenza e i mercati (CMA) ha avviato un’indagine sulle condizioni dell’App Store di Apple sin da marzo 2021.

Mentre le diverse parti si preparano a difendere le proprie posizioni, l’esito di queste dispute avrà un impatto duraturo sul modo in cui le grandi piattaforme tecnologiche operano e sono regolamentate in tutto il mondo.

Le implicazioni del Digital Markets Act (DMA) dell’UE per gli App Store: sfide e prospettive

Regolatori e sviluppatori osservano con interesse le possibili implicazioni del Digital Markets Act (DMA), l’ultima iniziativa dell’Unione Europea per incentivare la concorrenza nei mercati digitali. Le speranze sono riposte in una maggiore competizione, promossa dall’interoperabilità tra sistemi operativi (art. 5, par. 8, del DMA che vieta il tying tra i servizi della piattaforma principale), dalla disintermediazione dei gatekeeper (art. 5, par. 4, del DMA), e da una maggiore equità (art. 6(12) del DMA) tramite commissioni di accesso eque, ragionevoli e non discriminatorie per gli sviluppatori e tariffe più basse per gli utenti finali.

Molti esperti ritengono che il DMA potrebbe aprire il mercato degli app store a nuovi attori, come Microsoft e Epic Games, che hanno già manifestato interesse a lanciare i propri store su iOS e Android. Si prevede l’emergere di app store specializzati, pensati per bambini o per nicchie specifiche, con un controllo più rigoroso sui contenuti.

Un esempio concreto è AltStore, disponibile per gli utenti iPhone in Europa, che offre un numero limitato di app ma rappresenta un segnale di cambiamento nel mercato. Tuttavia, gli sviluppatori di AltStore lamentano ritardi nel processo di “notarizzazione” delle loro app da parte di Apple, un servizio obbligatorio di scansione antimalware per le app distribuite al di fuori dell’App Store ufficiale.

Non tutti vedono favorevolmente questa apertura. Alcuni temono che la proliferazione di app store di nicchia possa favorire la diffusione di contenuti illegali o dannosi, come pornografia o gioco d’azzardo online. C’è anche preoccupazione per l’espansione dei produttori di smartphone cinesi, come Huawei e Oppo, che potrebbero lanciare i loro app store in Europa, sollevando questioni geopolitiche.

Apple e Google, oltre a controllare le app, offrono servizi specifici agli sviluppatori, specialmente ai più piccoli, includendo la revisione delle app per garantire sicurezza e assenza di software dannoso, un aspetto apprezzato da molti utenti. Attualmente, gli utenti sembrano preferire la comodità degli app store unici offerti da Apple e Google. Nonostante la possibilità di app store alternativi su Android, nessun concorrente serio di Google Play è emerso.

La protezione dei dati personali e la sicurezza rimangono questioni cruciali, in particolare riguardo a chi sarà autorizzato a offrire app store alternativi.

Certamente sarà essenziale un’efficace applicazione delle normative da parte della Commissione Europea per bilanciare le restrizioni necessarie a prevenire servizi pericolosi con l’esigenza di mantenere la contestabilità del mercato.

Conclusioni

Il futuro del duopolio Apple-Google negli app store è incerto. Il DMA potrebbe rappresentare un’opportunità per il cambiamento, ma il successo delle nuove alternative dipenderà da vari fattori, inclusa la capacità di offrire un’esperienza utente convincente e di affrontare le preoccupazioni relative alla sicurezza e alla frammentazione del mercato.

Siamo quindi a un punto di svolta? Solo il tempo dirà se il DMA e l’arrivo di nuovi attori riusciranno a scuotere significativamente il mercato degli app store. Per ora, l’era degli smartphone sembra destinata a proseguire con il duopolio Apple-Google ancora dominante.

Note


[1] L’Open Handset Alliance è un accordo di differenti compagnie con Google come capofila, ASUS, HTC, Intel, Motorola, Qualcomm, T-Mobile, Samsung e NVIDIA il cui obiettivo è sviluppare “standard aperti” per dispositivi mobili.

[2] European Commission DG Competition (2018), Google Android, case ATT.40099.

[3] La commissione del 30% che Apple applica per i pagamenti di “beni o servizi digitali” nell’App Store è considerata abusiva e potenzialmente discriminatoria (a seguito di pressioni significative, nel gennaio 2021 Apple ha ridotto le commissioni al 15% per gli sviluppatori che guadagnano meno di 1 milione di dollari all’anno dallo store). Apple è accusata di imporre condizioni sleali, come impedire agli sviluppatori di informare gli utenti su metodi di pagamento alternativi, utilizzare i dati dei consumatori per imitare servizi di successo ed escludere la concorrenza con i propri servizi, ad esempio richiedendo ai browser alternativi di usare il proprio software WebKit. Questi aspetti sono centrali nel caso AT.40437 della Commissione europea e nei casi statunitensi Apple v Pepper (2019) ed Epic v Apple (2021).

A differenza di Apple, Google non blocca gli app store alternativi su Android, ma obbliga i produttori di telefoni a includere il Play Store se vogliono preinstallare le app premium di Google.

[4] Il governo cinese ha chiesto ad Apple di rimuovere le app di messaggistica come WhatsApp e Telegram dalla sua versione locale dell’App Store. Il presidente Biden ha firmato una legge che obbligherebbe gli app store americani a vietare TikTok, se la sua azienda madre, Bytedance, non avesse dismesso le sue attività negli Stati Uniti entro nove mesi. La stessa app è già stata bloccata in India.

[5] Il caso è stato assegnato al giudice distrettuale Michael Farbiarz, un nuovo arrivato con esperienza nel campo antiterrorismo e nel settore legale.

[6] La Commissione europea ha aperto la prima indagine ai sensi del Digital Markets Act (DMA) su diverse pratiche delle grandi aziende tecnologiche, inclusi Alphabet, Apple e Meta. Le indagini riguardano questioni quali il “steering” e il “self-preferencing” nei servizi di Google e Apple, il modello “paga o acconsenti” di Meta e altre pratiche su Amazon. La Commissione sospetta che queste misure non rispettino gli obblighi imposti dalla DMA. Le indagini mirano a valutare la conformità delle politiche aziendali alle regole della concorrenza e della protezione dei consumatori. Inoltre, la Commissione ha emesso ordini di conservazione dei documenti e concesso a Meta una proroga per adeguarsi agli obblighi di interoperabilità. Le prossime tappe includono la conclusione delle indagini entro 12 mesi e, in caso di violazione, possibili ammende fino al 10% del fatturato mondiale delle aziende coinvolte, insieme ad altre misure correttive. Per approforndimenti: https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/competenze-digitali/apple-tutte-le-dispute-antitrust-dma-ecco-cosa-sta-succedendo/

[7] Il caso è Epic Games contro Apple, Corte distrettuale degli Stati Uniti, distretto settentrionale della California, n. 4:20-cv-05640

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