Ancora una volta, le Big Tech si trovano nel mirino delle Autorità Garanti: nel caso in esame, si tratta di Apple, al centro di un’indagine avviata nel giugno 2020 che aveva lo scopo di verificare se, mediante il servizio Apple Pay, fossero attuate pratiche anticoncorrenziali.
Secondo quanto annunciato dalla Commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager, Apple, impedendo ai propri concorrenti di sviluppare sistemi di pagamento elettronico alternativi al suo sistema sui dispositivi dotati di NFC, avrebbe posto in essere una pratica di abuso di posizione dominante, garantendosi l’esclusiva sui pagamenti mobile.
Sempre Margrethe Vestager, ha dichiarato al riguardo che “I pagamenti mobili svolgono un ruolo in rapida crescita nella nostra economia digitale. Per l’integrazione dei mercati europei dei pagamenti è importante che i consumatori beneficino di un panorama dei pagamenti competitivo e innovativo. Abbiamo indicazioni che Apple ha limitato l’accesso di terze parti alla tecnologia chiave necessaria per sviluppare soluzioni di portafoglio mobile rivali sui dispositivi Apple. Nella nostra comunicazione degli addebiti, abbiamo preliminarmente riscontrato che Apple potrebbe aver limitato la concorrenza, a vantaggio della propria soluzione Apple Pay. Se confermata, tale condotta sarebbe illegale ai sensi delle nostre regole di concorrenza”.
Today we have send @Apple a statement of objections. We are concerned that @Apple may have illegally distorted competition in the market for mobile wallets on @Apple devices. Now @Apple can answer our concerns.
— Margrethe Vestager (@vestager) May 2, 2022
La sanzione per l’eventuale violazione della normativa sulla concorrenza potrebbe, inoltre, essere determinata in maniera proporzionale al fatturato derivante dai servizi di pagamento mobile (fino al 10% del fatturato annuo globale).
Apple, le indagini della Commissione europea
Come riportato all’interno del comunicato stampa, le indagini sinora condotte sul servizio di Apple Pay avrebbero fatto emergere un fenomeno di abuso di posizione dominante. Le odierne contestazioni muovono da un’indagine avviata nel giugno 2020, il cui scopo era di verificare anche l’eventuale presenza di fenomeni abusivi all’interno dell’App Store proprietario, oltre che di analizzare il funzionamento del sistema Apple Pay.
La necessità di avviare delle indagini su detti applicativi dipendeva anche dal ruolo duplice ricoperto dalla Big Tech: quello di fornitore del sistema operativo e di venditore di software e servizi all’interno della piattaforma medesima. Molti fornitori di terze parti, infatti, tra cui Spotify ed Epic Games, avevano rilevato come Apple attuasse delle policy atte a limitare fortemente la concorrenza nell’ambito di servizi che essa stessa forniva (come, appunto, App Store, servizi di pagamento da mobile e streaming musicale).
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Conclusa la fase preliminare delle indagini, la Commissione ha rilevato, in particolare, che Apple avrebbe limitato l’accesso “agli input chiave necessari per sviluppare ed eseguire app di pagamento mobile, i cosiddetti “portafogli mobili””, che consentono di effettuare pagamenti mediante il dispositivo mobile, sia all’interno dei negozi fisici che in molti store online. “I portafogli mobili”, evidenzia la Vestager[1], “possono integrare servizi complementari, come “acquista ora paga dopo”, avvisi sulle transazioni, panoramiche finanziarie facilmente accessibili, nonché carte d’imbarco, biglietti e carte fedeltà”.
Il problema di Apple Pay
Apple Pay, infatti, è oggi l’unica soluzione di pagamento mobile disponibile sui dispositivi iOS, come iPhone e iPad, e non è possibile per il consumatore installare sul dispositivo sistemi di pagamento differenti, sviluppati da terze parti. “Apple controlla ogni aspetto dell’esperienza utente in questo ecosistema, incluso l’accesso allo stesso da parte degli sviluppatori di portafogli mobile”, si legge nel comunicato della Commissione[2].
Il controllo attuato da Apple configura, dunque, secondo le indagini sin qui svolte, una situazione di significativo potere di mercato all’interno del settore, e una posizione dominante nel mercato dei portafogli mobile. Il ruolo dominante ricoperto da Apple e il blocco apposto sui propri sistemi operativi per l’installazione e l’utilizzo di sistemi di pagamento fondati sempre sulla tecnologia NFC restringe la competizione, riservando l’accesso a detta tecnologia esclusivamente ad Apple Pay, e generando “un effetto escludente sui concorrenti” che porta “a meno innovazione e meno scelta per i consumatori per i portafogli mobili su iPhone. Se confermato, tale comportamento violerebbe l’articolo 102 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea («TFUE»), che vieta l’abuso di posizione dominante sul mercato”.
E’ opportuno rilevare come le contestazioni sinora sollevate, oggetto di disamina nel presente articolo, si riferiscano esclusivamente ai pagamenti che avvengono mediante tecnologia NFC, e non le restrizioni apposte online o il rifiuto, da parte di Apple, di consentire l’accesso ad Apple Pay per il pagamento di specifici prodotti rivali, che saranno invece oggetto di separate contestazioni.
La tecnologia NFC
Gli acquisti effettuati mediante Apple Pay si basano prevalentemente sulla tecnologia denominata “”Near Field Communication” o NFC, che consente la comunicazione tra lo smartphone o il dispositivo mobile (come, ad esempio, uno smartwatch) e il terminale di pagamento. “La tecnologia NFC”, continua la Vestager nella sua nota, “è stata sviluppata da terze parti, è standardizzata e disponibile in quasi tutti i terminali di pagamento in Europa. Esistono altre tecnologie, come quelle basate sul codice QR, che possono essere utilizzate per i pagamenti mobili. Ma la tecnologia NFC è la più diffusa nell’UE e consente l’esperienza più sicura e senza soluzione di continuità”.
Partendo da detta tecnologia, Apple ha costruito un sistema di pagamento mobile chiuso all’interno dei dispositivi sui quali è installato il sistema operativo proprietario iOS. La gestione dell’ecosistema e i termini di adesione allo stesso sono definiti in via univoca da Apple stessa, che ha sinora impedito ai consumatori di usufruire di mezzi di pagamento mobile basati sulla medesima tecnologia. Ne consegue che “altri sviluppatori di app dipendono dall’accesso a questo ecosistema per sviluppare portafogli mobili innovativi”.
“Il potenziale di innovazione in questo spazio è enorme”, rimarca la Vestager. “Ma questa innovazione è stata impedita da Apple che ha rifiutato ad altri di accedere a NFC sui suoi dispositivi. Di conseguenza, varie funzionalità dei portafogli mobili, come i servizi finanziari complementari, semplicemente non sono disponibili. Poiché Apple non è sfidata, ha pochi incentivi per innovare se stessa. E questo è importante. Perché questo mercato sta crescendo rapidamente. Oggi, Apple Pay, è di gran lunga il più grande portafoglio mobile basato su NFC sul mercato”.
Il mercato di riferimento
Nel corso delle indagini, è stato analizzato e preso a riferimento il mercato dei dispositivi mobili intelligenti, oltre a quello più specifico dei portafogli digitali su iPhone. Dai dati presi in esame, la Commissione è giunta alla conclusione preliminare che, come già anticipato, “Apple detiene una posizione significativa sul mercato dei dispositivi e una posizione dominante nell’input e nei portafogli NFC su iOS”.
“In Europa”, afferma la Vestager, “la funzionalità NFC è vitale per lo sviluppo di un’app di pagamento praticabile sui telefoni cellulari. Né lo standard NFC né l’infrastruttura terminale sono di proprietà di Apple. Le nostre preoccupazioni riguardano la decisione di Apple di bloccare l’accesso alla tecnologia NFC per scopi di pagamento e utilizzarla esclusivamente per il proprio portafoglio mobile, Apple Pay. Di conseguenza, gli utenti di dispositivi Apple possono pagare solo con la funzione “tocca e vai” utilizzando Apple Pay e non con altri portafogli. Questo perché gli sviluppatori di portafogli concorrenti hanno bisogno di accedere all’NFC sui dispositivi Apple per raggiungere gli utenti Apple”.
A ciò occorre aggiungere l’elevato costo che gli sviluppatori di terze parti dovrebbero sostenere per entrare a competere con Apple nel settore dei pagamenti mobile: “l’investimento può valere la pena solo se gli sviluppatori possono raggiungere sia i clienti Apple che Android”. Stando a quanto riportato dalla Commissione, infatti, alcuni degli sviluppatori presi in esame hanno deciso di accantonare i progetti di sviluppo di sistemi concorrenti proprio perché scoraggiati dall’impossibilità di raggiungere gli utenti iPhone e, dunque, dalla elevata difficoltà di coprire i costi iniziali. “Questo comportamento ha soffocato l’innovazione e impedito la concorrenza nel mercato dei portafogli mobili. Di conseguenza, i consumatori europei hanno poca scelta di soluzioni di pagamento mobile quando pagano nei negozi”.
Alle accuse sollevate dalla Commissione Apple ha risposto sostenendo che si tratta di policy attuate per motivi di sicurezza: l’accesso alla tecnologia NFC da parte di soggetti terzi, infatti, creerebbe delle falle all’interno dei sistemi operativi, con incrementi dei rischi legati alla sicurezza per i suoi utenti. Tuttavia, la Commissione, nel corso delle indagini sinora condotte, “non ha rivelato alcuna prova che indichi un rischio per la sicurezza così elevato. Al contrario, le prove sul nostro file indicano che la condotta di Apple non può essere giustificata da problemi di sicurezza”.
L’impatto del Digital markets act
L’indagine in corso, sebbene relativa ad una condotta attuata sin dal 2015, appare particolarmente rilevante nel rinnovato contesto normativo europeo. L’indagine condotta nei confronti di Apple Pay, infatti, costituirà espressamente una delle basi su cui si fonderà la futura applicazione del Digital Markets Act, e rappresenterà un precedente importante con riguardo all’analisi dei problemi di sicurezza dei dispositivi, e l’accesso “effettivo e proporzionato alla tecnologia NFC per i pagamenti mobili”.
L’analisi del comportamento tenuto da Apple, infatti, consentirà alla Commissione di capire in che modo condotte similari potrebbero distorcere la concorrenza all’interno del mercati digitali, e permetteranno di avanzare proposte sostenibili e concrete per l’emersione di una concorrenza nuova e innovativa, che vada a favore del consumatore finale e delle aziende del settore.
Più nel dettaglio, Margrethe Vestager ha rilevato come il Digital Markets Act avrà un effetto diretto sul mercato dei pagamenti digitali, in quanto “richiederà alle aziende designate come gatekeeper di garantire un’interoperabilità efficace con le funzionalità hardware e software che utilizzano loro stesse nei loro ecosistemi”, incluso l’accesso alla tecnologia NFC per i pagamenti mobile. Non mancheranno, tuttavia, delle garanzie per la tutela della sicurezza e l’integrità dei dispositivi.
Apple deve già affrontare altre indagini della Commissione europea sulle sue pratiche commerciali. L’anno scorso, l’UE ha accusato l’azienda di violazioni antitrust per aver presumibilmente abusato del suo controllo sulla distribuzione delle app di streaming musicale attraverso un requisito che prevede l’utilizzo del sistema di pagamenti in-app di Apple per vendere i loro contenuti digitali. L’UE ha anche detto che il produttore di iPhone ha limitato il modo in cui gli sviluppatori di app possono informare gli utenti sulle loro opzioni di abbonamento al di fuori dell’app. Quell’indagine sta continuando.
E nel 2016, la commissione ha ordinato ad Apple di pagare 13 miliardi di euro, allora equivalenti a circa 14,5 miliardi di dollari, in tasse. Apple ha vinto un appello in tribunale dell’ordine, che la commissione ha poi impugnato. Il caso è in sospeso.
Altre indagini su Apple
Apple è anche sotto esame in altre giurisdizioni per i suoi requisiti di pagamento in-app. L’anno scorso, un giudice federale statunitense ha ordinato all’azienda di allentare le sue restrizioni su come gli sviluppatori cercano di essere pagati all’interno delle loro applicazioni.
La bozza di regole del Digital Markets Act dell’UE include una disposizione che permetterebbe ai produttori di software di accedere all’iPhone senza dover passare attraverso l’App Store della società.
Gene Munster, managing partner della società di investimenti tecnologici Loup, ha detto che stima che Apple Pay rappresenta solo circa l’1% delle entrate complessive della società, il che suggerisce che qualsiasi multa da parte della Commissione europea in relazione a quel segmento di attività sarebbe calcolato da una base relativamente piccola. Le entrate di Apple Pay in Europa rappresentano probabilmente circa lo 0,25% delle entrate globali totali dell’azienda, ha detto Munster.
Una portavoce della Commissione europea ha detto lunedì che, in linea di principio, le entrate di Apple dai portafogli mobili e servizi correlati potrebbero diventare la base per il calcolo di una multa, che potrebbe essere fino al 30% delle entrate in quel segmento a seconda della gravità dell’infrazione. Non ha immediatamente specificato se l’importo di base sarebbe limitato al mercato europeo.
In ogni caso, l’importo sarebbe probabilmente insignificante per Apple, ha detto Munster. “Ciò che si aggiunge è la continuazione della stratificazione della regolamentazione dagli Stati Uniti e dall’Europa, principalmente, che hanno il potenziale di diluire la forza di alcuni dei franchise [di Apple] come l’App Store”.
Note
[1] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/SPEECH_22_2773
[2] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_22_2764