L’attuazione della direttiva copyright ha prodotto la modifica più estesa e profonda della legge italiana sul diritto d’autore degli ultimi 20 anni.
E la legge sul diritto d’autore, in quanto strettamente legata alla libertà di espressione e informazione, è un pilastro fondamentale su cui basano le società democratiche: dalla stampa a caratteri mobili fino a Internet il diritto d’autore ha sempre costituito un elemento essenziale dell’ecosistema informativo.
Il recepimento della direttiva Copyright in Italia: ora è tempo di responsabilizzare
Il 12 dicembre 2021 è entrato in vigore il decreto legislativo n. 177 del 2021 di attuazione della direttiva dell’Unione Europea n. 790 del 2019: a leggere superficialmente le reazioni che hanno avuto voce su giornali, radio e televisioni, sembrerebbe che l’attuazione italiana della direttiva copyright incontri un vasto coro di consensi.
La SIAE, l’Associazione Italiana Editori, la Federazione Italiana Editori Giornali e la Federazione Industria Musicale Italiana hanno usato toni trionfalistici all’indomani dell’approvazione in Consiglio dei Ministri. Quel che sorprende di più è la trasversalità politica delle manifestazioni di soddisfazione: dal Partito Democratico a Fratelli d’Italia sembra che il restyling del diritto d’autore metta d’accordo tutti.
Tuttavia, chi conosce la storia dei travagliati processi legislativi che hanno portato nel 2019 all’approvazione della direttiva e ora alla sua attuazione in Italia, sa che esiste un vasto movimento di opinione contrario all’impostazione di fondo e a molti contenuti di questa nuova normativa.
Questo movimento, composto da persone, partiti, circoli accademici, associazioni e organizzazioni che promuovono l’apertura della conoscenza e i diritti fondamentali su Internet come Wikimedia, Creative Commons, Communia e AISA, raramente trovano ospitalità in giornali, radio e televisioni. D’altra parte, l’approvazione in Parlamento Europeo fu a maggioranza (348 voti a favore, 274 contrari) e alcuni Stati Membri, tra i quali l’Italia, nel Consiglio dell’UE votarono contro.
Quali sono i limiti della direttiva copyright
L’impostazione di fondo della direttiva tradisce i suoi limiti a partire dal titolo: diritto d’autore nel mercato unico digitale. Si tratta, nell’idea della Commissione UE Junker, di una parte della strategia per la costruzione del mercato europeo digitale.
Un mercato viziato sia da barriere legislative (le differenze tra le leggi nazionali sul diritto d’autore sono troppo marcate) che da una disparità di potere tra le grandi piattaforme Internet (statunitensi) e gli intermediari tradizionali come editori e produttori musicali.
La direttiva, perciò, nei suoi principali obiettivi intendeva riavvicinare le legislazioni nazionali e riequilibrare il potere degli intermediari.
In particolare, al fine di riequilibrare il potere degli intermediari vecchi e nuovi, il legislatore unionale ha creato un nuovo diritto degli editori di giornali sulle pubblicazioni giornalistiche (art. 15) e ha determinato un aggravamento della responsabilità degli intermediari Internet che consentono il caricamento di contenuti da parte di utenti: ad es. YouTube (art. 17).
Il nuovo diritto degli editori dovrebbe consentire agli stessi di recuperare il valore di cui si approprierebbero piattaforme come Google News e Facebook. La nuova responsabilità, tramite l’obbligo dell’uso di filtri automatici basati sull’intelligenza artificiale, dovrebbe mettere i titolari di diritti d’autore (in particolare, l’industria musicale) nella condizione di avere un ritorno economico per lo sfruttamento commerciale dei contenuti protetti caricati dagli utenti.
Insomma, la direttiva si muove su un crinale geopolitico di regolamentazione del mercato e lo fa rafforzando i diritti di esclusiva degli intermediari tradizionali nella speranza di dare respiro all’industria digitale europea messa nell’angolo dallo strapotere americano.
Non c’è dubbio che la concentrazione di potere delle grandi piattaforme Internet (oggi americane e domani anche cinesi) sia uno dei problemi più rilevanti per le nostre democrazie. Lo testimoniano i molti interventi su diversi fronti: fiscale, antitrust, della protezione dei dati personali.
Tuttavia, deformare il diritto d’autore piegandolo a un obiettivo puramente economico, qual è la restituzione ai vecchi intermediari del valore appropriato dai nuovi, dimentica il fatto che il diritto d’autore è innanzitutto una questione politica, perché regola l’accesso alla cultura e alla conoscenza.
Nuovi diritti di esclusiva e nuove responsabilità impattano la vita di tutti. Il nuovo diritto degli editori si aggiunge ai diritti di esclusiva già riconosciuti dalla legge sul diritto d’autore, restringendo i margini per l’accesso e il riuso delle pubblicazioni giornalistiche online e alimentando la concentrazione di potere di mercato e informativo. L’aggravamento della responsabilità di intermediari come YouTube obbliga di fatto a usare tecnologie di filtraggio automatico che riducono la libertà di espressione e di informazione degli utenti.
Vero è che la direttiva prevede anche salvaguardie e spazi di libertà dalle esclusive vecchie e nuove. Prevede, inoltre, alcuni diritti per proteggere gli autori dal maggiore potere contrattuale degli intermediari. Ma tali meccanismi sono alquanto farraginosi e contraddittori.
Attuazione direttiva copyright: si rafforzano i diritti di esclusiva
L’attuazione italiana della direttiva copyright (il decreto legislativo n. 177 del 2021) complica un quadro legislativo già ampiamente compromesso a monte. Introduce strumenti giuridici non previsti dalla direttiva, guarda soprattutto agli interessi dei grandi editori, estende il potere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) – un’autorità che non è dotata degli stessi requisiti di indipendenza e imparzialità dei giudici ordinari – e comprime ulteriormente gli spazi di libero accesso ai contenuti protetti da diritti di esclusiva.
Quel che preoccupa non è solo la direttiva in sé, ma anche e soprattutto la strategia complessiva sulla proprietà intellettuale. Nei vari documenti di riferimento, dal Piano di Azione della Commissione UE sulla proprietà intellettuale alla strategia sulla proprietà industriale del Ministero dello Sviluppo Economico, la ricetta, persino in tempi di Pandemia che reclamano maggiore condivisione della conoscenza, rimane il rafforzamento dei diritti di esclusiva. La vicenda dei brevetti sui vaccini anti-COVID-19 è, da questo punto di vista, emblematica.
Conclusioni: il ruolo centrale della giurisprudenza
Non rimane che sperare nell’interpretazione dei giudici. A cominciare dalla Corte di Giustizia dell’UE che dovrà decidere a breve sulla legittimità di una delle norme cardine della direttiva: l’art. 17 sulla responsabilità degli intermediari Internet che consentono il caricamento di contenuti da parte di utenti. In proposito, l’opinione dell’avvocato generale, pur pronunciandosi a favore della legittimità dell’art. 17, delimita un’interpretazione della norma che subordina a precise garanzie la sua compatibilità con la tutela della libertà di espressione e d’informazione protetta dall’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali (punti 149 ss. e 198 ss. dell’opinione). Difficilmente questa interpretazione potrà essere sovvertita dai giudici di Lussemburgo.
La storia ricorda che il vero diritto d’autore, quello che opera nella realtà della prassi lo scrivono corti e tribunali. Nel 1774, quando l’House of Lords decise che il copyright della legge della Regina Anna del 1710 doveva essere interpretato come un’esclusiva limitata temporalmente e non come una proprietà perpetua, la gente scese in piazza a festeggiare. Le persone sapevano benissimo che dalla limitazione temporale del copyright sarebbero derivati prezzi di acquisto dei libri molto più bassi: tutti gli editori potevano ristampare le opere cadute in pubblico dominio.
In definitiva, i giudici rappresentano uno degli ultimi argini della democrazia. L’ultima linea di difesa al dilagare della tecnocrazia.