la lettera aperta

AI, lo scontro Big Tech ed Europa sulle regole: i punti chiave



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Meta, Google, Ericsson e Spotify contestano il GDPR e il nuovo AI ACT, sostenendo che la frammentazione normativa europea ostacola l’innovazione. Coordinati da Meta, con il supporto di enti accademici e industriali, le aziende chiedono norme più unificate e chiare per favorire lo sviluppo dell’intelligenza artificiale in Europa

Pubblicato il 25 set 2024

Luigi Mischitelli

Legal & Data Protection Specialist at Fondazione IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza



innovazione (1)

Diverse grandi aziende tecnologiche del calibro di Meta, Ericsson, Google e Spotify, con una “lettera aperta”[1] hanno espresso forti obiezioni sulla normativa europea in materia di protezione dei dati personali (il GDPR, Regolamento UE 2016/679), nonché per la nuova normativa in materia di Intelligenza Artificiale (Regolamento UE 2024/1689, conosciuto anche – ufficiosamente – come “AI Act”).

Big Tech: l’Europa rischia di perdere il treno dell’IA

Queste Big Tech, sotto il coordinamento di Meta e il supporto di ricercatori universitari (come l’Università di Milano) e gruppi industriali (come Prada e Pirelli), hanno “avvertito” che l’Europa rischia di rimanere indietro nel campo (in rapida evoluzione) dell’intelligenza artificiale a causa di quelle che essi descrivono come “decisioni normative frammentarie e imprevedibili”. La lettera prende di mira, in particolare, il GDPR e tutte le sue implicazioni in questi suoi otto anni di vigenza (sei dall’applicazione) in Unione Europea. I firmatari sostengono che l’attuale contesto normativo crea una significativa incertezza sui tipi di dati che possono essere legalmente utilizzati per l’addestramento dei modelli di Intelligenza Artificiale. Questa incertezza, sostengono, ostacola l’innovazione e la competitività nel mercato europeo.

Normative privacy Ue: servono decisioni armonizzate, coerenti, rapide e chiare

Meta, la coordinatrice del “gruppo epistolare”, è stata particolarmente colpita da questa normativa negli ultimi anni. L’azienda di Mark Zuckerberg ha recentemente sospeso i suoi piani per l’utilizzo dei dati degli utenti europei per addestrare i suoi modelli di Intelligenza Artificiale a seguito delle pressioni esercitate dalle autorità privacy europee (come quella irlandese[2]). La lettera aperta evidenzia questa situazione come un esempio delle sfide che le aziende devono affrontare quando cercano di conformarsi alle diverse interpretazioni delle normative privacy dei vari Stati membri dell’Unione Europea (ossia le varie leggi nazionali come il nostro Codice Privacy).

La lettera chiede “decisioni armonizzate, coerenti, rapide e chiare” da parte delle autorità privacy nazionali ed europee (il Comitato europeo per la protezione dei dati, principalmente) per consentire l’uso dei dati dei cittadini europei nell’addestramento dell’Intelligenza Artificiale. I giganti tecnologici sostengono che sono necessarie norme più chiare e unificate per promuovere l’innovazione e garantire che gli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale vadano a beneficio dei cittadini europei.

La risposta della Commissione europea

La Commissione europea ha risposto alle preoccupazioni ribadendo che tutte le aziende che operano nell’Unione Europea sono tenute a rispettare le norme in materia di protezione dei dati personali. Negli ultimi anni l’Unione Europea ha dimostrato un forte impegno nell’applicazione di queste norme, con Meta che – come scritto – ha dovuto affrontare sanzioni significative per le passate violazioni, tra cui una multa record di oltre un miliardo di euro per violazione del GDPR[3].

Oltre alle severe norme sulla protezione dei dati personali, l’Unione Europea è anche all’avanguardia nella regolamentazione delle tecnologie di Intelligenza Artificiale. La nuovissima normativa in materia, il già citato Regolamento UE 2024/1689 introdotto solo qualche mese fa, rappresenta uno sforzo legislativo significativo per prevenire gli abusi e garantire uno sviluppo etico dell’Intelligenza Artificiale nei territori dell’Unione Europea. Tuttavia, questo “panorama normativo” ha indotto alcune aziende tecnologiche (principalmente a stelle e strisce) a ritardare l’introduzione di nuovi prodotti sul mercato europeo, alla ricerca di “chiarezza giuridica”. Meta, ad esempio, lo scorso anno ha ritardato di diversi mesi il lancio in tutta l’Unione Europea della sua alternativa a X (già Twitter), “Threads”, a causa delle preoccupazioni sulla conformità di questo nuovo gioiello di Menlo Park alle normative europee. Analogamente, Google ha posticipato il rilascio di alcuni strumenti di Intelligenza Artificiale all’interno dell’Unione Europea facendo leva, ulteriormente, sulla “tensione” tra innovazione e regolamentazione.

Il delicato equilibrio tra salvaguardia dei dati personali e promozione del progresso tecnologico

La lettera aperta di Meta, Google, Spotify (quest’ultimo si è “accodato” pochi giorni fa) e altri operatori del settore (e non) sottolinea la crescente preoccupazione dei giganti tecnologici per il futuro dello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale in Europa.

Sebbene le solide leggi in materia di protezione dei dati personali e la nuova normativa europea in materia di Intelligenza Artificiale siano state concepite per proteggere i consumatori e garantire pratiche etiche certe e sicure, le aziende di cui alla lettera aperta sostengono che l’attuale approccio potrebbe soffocare l’innovazione e la competitività nella corsa globale all’Intelligenza Artificiale. Il dibattito, al momento, continua: l’equilibrio tra la salvaguardia dei dati personali e la promozione del progresso tecnologico rimane una questione critica per molti esperti del settore. L’esito di questo dialogo in corso probabilmente plasmerà il futuro dello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale in Europa e determinerà il ruolo del continente nel più ampio panorama tecnologico globale.[4]

Le critiche di Mario Draghi alla normativa Ue

Sul punto si è espresso, alcuni giorni fa, anche l’ex premier Mario Draghi in un suo rapporto[5] nel quale non risparmia critiche feroci alla stessa legislazione europea (con una stoccata alla presidenza della Commissione Europea). Nel suo rapporto Draghi afferma che la posizione normativa dell’Unione Europea nei confronti delle aziende tecnologiche ostacola l’innovazione; in particolare, l’Unione Europea ha un centinaio di leggi focalizzate sulla tecnologia e oltre duecentosettanta enti regolatori attivi nelle reti digitali in tutti gli Stati membri.

Molte leggi dell’Unione Europea, afferma l’ex presidente della BCE, adottano un approccio precauzionale, imponendo pratiche aziendali specifiche ex ante per evitare potenziali rischi ex post. In questo caso il Regolamento 2024/1689 impone ulteriori requisiti normativi sui modelli di Intelligenza Artificiale a uso generale che superano una soglia predefinita di potenza computazionale, una soglia che alcuni modelli all’avanguardia già superano.

Oltre all’AI ACT, Draghi colpisce anche il GDPR (un po’ il target prediletto del momento, potremmo dire). Più avanti, nella trattazione, il rapporto attribuisce agli alti costi di compliance con il GDPR il minor uso medio di dati personali delle aziende europee rispetto alle controparti di altri continenti (come gli USA). Viene, dunque, proposta una revisione del quadro regolamentare che elimini eventuali sovrapposizioni tra GDPR e AI ACT e chiarisca ambiguità esistenti. Più in generale, Draghi suggerisce l’istituzione di una nuova tipologia di impresa, l’impresa innovativa europea, che consenta alle imprese che abbiano determinati requisiti di accedere a un quadro giuridico armonizzato a livello europeo e di poter aprire filiali in altri Stati membri senza dover costituire apposite entità giuridiche. Si propone poi l’istituzione di un brevetto unitario e un coordinamento europeo degli spazi controllati di sperimentazione.

Conclusioni

Si prospetta, insomma, un “autunno caldo” sul fronte tecnologico-regolamentare. Staremo a vedere chi la spunterà in questo braccio di ferro atlantico che ha tutto il sapore di una guerra fredda tecnologica all’orizzonte. Con la Cina che, intanto, gioca la parte del “terzo tra i due litiganti”.[6]

Note


[1] AN OPEN LETTER. Europe needs regulatory certainty on AI. https://euneedsai.com/

[2] Meta’s AI Ambitions Halted by Irish Data Protection Authority: A GDPR Showdown. MEDIUM. https://medium.com/@martin_19004/metas-ai-ambitions-halted-by-irish-data-protection-authority-a-gdpr-showdown-48ec26193b55

[3] 1.2 billion euro fine for Facebook as a result of EDPB binding decision. EDPB. https://www.edpb.europa.eu/news/news/2023/12-billion-euro-fine-facebook-result-edpb-binding-decision_en

[4] Meta, Google, Spotify cry foul, blast EU stringent decisions on data privacy laws to train AI Meta, Google, Spotify cry foul, blast EU stringent decisions on data privacy laws to train AI. FIRSTPOST. https://www.firstpost.com/tech/meta-spotify-other-big-tech-cry-foul-blast-eu-decisions-on-data-privacy-laws-to-train-ai-13817117.html

[5] EU competitiveness: Looking ahead. European Commission. https://commission.europa.eu/topics/strengthening-european-competitiveness/eu-competitiveness-looking-ahead_en

[6] Innovazione, la sferzata di Draghi: errori Ue e strategie di rilancio. Agenda Digitale. https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/innovazione-e-digitale-la-sferzata-del-rapporto-draghi-errori-ue-e-strategie-di-rilancio/

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