Il momento storico venutosi a creare a causa della pandemia da covid-19 è irripetibile sia in termini di attenzione ai temi della ricerca e dell’innovazione da parte dell’opinione pubblica e delle Istituzioni, sia per quanto riguarda la quantità di risorse che il Paese avrà a disposizione grazie ai fondi Next Generation EU per superare l’attuale crisi.
E proprio in questo drammatico momento storico il biotech sta mostrando, in modo evidente, il proprio straordinario valore: da una parte con risposte concrete per studiare, conoscere e poi bloccare la pandemia (dal sequenziamento del virus, alla diagnostica molecolare, ai vaccini e agli anticorpi monoclonali in sviluppo sono tutte risposte biotech), dall’altra con proposte concrete per una ripresa e una ripartenza del Paese capaci di conciliare, per la prima volta, sviluppo economico e sostenibilità.
I nodi che ostacolano il biotech in Italia
Come Assobiotec, associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie che fa parte di Federchimica, siamo fortemente impegnati per dare risposte rapide e concrete alle emergenze attuali e future, ma stiamo anche lavorando e dialogando con Ministeri, Commissioni parlamentari e interparlamentari, Istituzioni in generale per far comprendere che un Paese industrializzato come l’Italia, se vuole crescere e competere a livello globale, non può dimenticare, nel proprio piano di ripresa e resilienza, l’asset strategico offerto proprio dal biotech.
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Stiamo facendo ogni sforzo per dare il nostro contributo al fine di aiutare a sciogliere quei nodi che impediscono al settore di esprimere appieno il suo potenziale. Ostacoli che troviamo lungo tutta la filiera: dal bancone del laboratorio al letto del paziente, se consideriamo le applicazioni del biotech nella salute; dal laboratorio al campo e alla tavola del consumatore, quando parliamo di biotecnologie applicate al settore agroalimentare; dal laboratorio di ricerca al consumatore finale se parliamo, infine, di biotecnologie applicate al settore industriale.
Crediamo sia indispensabile che il PNRR, che mette al centro delle sue missioni Innovazione e Competitività; Rivoluzione verde e Transizione ecologica; Istruzione e Ricerca così come la Salute, rappresenti quella cornice all’interno della quale dare reale slancio alle biotecnologie, che hanno tutte le carte in regola per rappresentare l’asset su cui puntare per un futuro migliore del Paese, essendo state definite dagli osservatori di tutto il mondo come uno dei settori abilitanti per la crescita futura dei Paesi industrializzati. Ed è proprio questo l’obiettivo del progetto “Biotech, il futuro migliore. Per la nostra salute, per il nostro ambiente, per l’Italia”. Un percorso che ha radici lontane nella politica di Assobiotec e che, per il secondo anno, usa questo “claim” con l’obiettivo di costruire una visione condivisa – tra imprese biotech che operano in Italia, Istituzioni nazionali e stakeholder – per delineare proposte operative per la crescita e lo sviluppo del settore delle biotecnologie in Italia, che sono state raccolte in un Piano Nazionale per il biotech.
Nel 2021 il progetto si muove in una logica di continuità e mira ad aggiornare e approfondire il Piano di proposte, elaborato nel 2020, allineandolo con il nuovo PNRR, così da renderlo ancora più pragmatico e azionabile, al fine di farne un reale strumento operativo per contribuire alle scelte dei decisori nazionali e regionali per lo sviluppo di economia e occupazione qualificata grazie alle Biotecnologie in Italia.
Lo scorso 29 marzo si è svolto il primo tavolo di lavoro previsto dal progetto, durante il quale economisti, esperti indipendenti, rappresentanti delle Istituzioni e delle imprese del mondo biotech si sono confrontati sull’importanza di costruire un ecosistema solido e strutturato, indispensabile al rilancio nazionale.
Dalle riflessioni emerse e approfondite durante l’incontro è nato un quaderno dal titolo “L’importanza dell’ecosistema per il rilancio del Paese” in cui sono state individuati le principali debolezze del nostro ecosistema, che impediscono che questo potenziale si esprima in maniera competitiva con i nostri concorrenti; da questa logica sono nate e sono state raccolte all’interno del quaderno numerose proposte d’intervento e di miglioramento per il settore, inserite in maniera sinergica all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e della cornice di interventi legislativi.
Le cinque aree su cui concentrarsi
Le proposte sono state divise per 5 macroaree: Governance, Ricerca&Sviluppo, Trasferimento Tecnologico e finanziamento a startup e PMI innovative, Partnership pubblico-privato e Rafforzamento del tessuto produttivo nazionale. Aree tra loro strettamente connesse e direttamente collegate, ognuna parte irrinunciabile di un unicum che è urgente costruire.
Governance
Per quanto riguarda la prima macroarea riteniamo sia necessario definire una Governance dell’innovazione efficace, certa e centralizzata, con una prospettiva temporale di lungo periodo, sotto la guida dell’Agenzia Nazionale della Ricerca, un organismo indipendente, competente e soprattutto accountable, in grado di fungere da strumento di definizione e di attuazione della strategia nazionale della ricerca e dell’innovazione, capace di favorire partnership e collaborazioni tra pubblico e privato, di gestire in maniera unitaria, efficiente e veloce le competenze oggi distribuite tra MEF, Mise, Università e Ricerca, Salute, Agricoltura e Regioni. Sempre collegato all’Agenzia Nazionale della Ricerca serve poi creare un sistema di trasferimento tecnologico (vedi sotto) e uno sportello unico, “one stop shop”, con una specializzazione in settori ad alto contenuto tecnologico e di innovazione, a disposizione degli investitori nazionali e esteri che decidano di investire nel Paese.
Ricerca&Sviluppo
Concentrandosi invece su Ricerca&Sviluppo crediamo sia impellente programmare e pianificare maggiori investimenti in ricerca e sviluppo dell’innovazione. L’obiettivo dovrebbe essere quello di raddoppiare gli investimenti in ricerca pubblica, portare stabilmente e almeno al 25% il credito d’imposta sulla ricerca, al 50% per i primi 5 anni per le startup innovative; modificare gli indicatori di valutazione dei ricercatori universitari, premiando la capacità di valorizzare la conoscenza per l’innovazione al posto delle pubblicazioni, e abolire il “professor’s privilege”, restituendo alle Università e ai centri di ricerca la proprietà intellettuale della conoscenza generata nei propri laboratori.
Trasferimento Tecnologico e finanziamento a startup e PMI innovative
Un’altra drammatica urgenza è sicuramente intervenire sul modello del Trasferimento Tecnologico e sul finanziamento dell’innovazione di startup e PMI, creando una rete in grado di valorizzare la ricerca di Università, IRCCS e altri Enti di ricerca, trasformandola in imprese, occupazione, nuovi servizi e prodotti; rivedendo la disciplina del credito d’imposta R&S&I e infine esonerando dalla tassazione ordinaria sulle rendite finanziarie (oggi al 26%) il capital gain ottenuto dagli investimenti in startup innovative.
Partnership pubblico-privato
Fondamentale è poi incentivare la collaborazione e la partnership pubblico-privato nella realizzazione e gestione di infrastrutture per la ricerca e l’innovazione e su grandi programmi strategici; favorire il procurement innovativo, dando piena applicazione e migliorando le norme già previste nel codice degli appalti (partenariati per l’innovazione) offrendo un quadro di certezze alle imprese che sviluppano innovazione con la pubblica amministrazione; ridurre la discrezionalità nelle procedure burocratiche e in particolare, nelle procedure autorizzative, generalizzando la regola e la pratica del silenzio/assenso, accorciando e dando certezza dei tempi degli iter burocratici. Nel settore delle Scienze della Vita in particolare l’interazione tra privato e pubblico scorre lungo tutto il viaggio del prodotto biotech e tocca, solo per fare degli esempi, l’applicazione delle norme europee sulla sperimentazione animale, l’autorizzazione alla sperimentazione clinica seguendo il nuovo regolamento europeo, le autorizzazioni alla fabbrica GMP, ma anche tempi e modi delle autorizzazioni all’immissione in commercio e delle relative negoziazioni prezzo e rimborso e della governance della spesa, tutte aree fortemente penalizzanti per il sistema.
Rafforzamento del tessuto produttivo
Infine, urge rafforzare il tessuto produttivo nazionale mettendo il Paese nelle condizioni di attrarre nuovi siti industriali biotech e riconvertire siti esistenti sulla frontiera dell’innovazione: l’Italia è leader in Europa insieme alla Germania nella produzione farmaceutica, ma se si vuole mantenere e rafforzare questo primato anche per il futuro, il momento di investire è adesso, se si pensa che si prevede che nel 2030 l’80% dei nuovi prodotti sarà biotech. E anche in questo settore, ad alta intensità di innovazione e di investimenti, certezza dei tempi e delle regole, incentivi e approvazioni sono fondamentali per competere in un mondo totalmente globalizzato.
Solo così crediamo che si creerà un ecosistema che permetterà finalmente al Paese di guardare con fiducia al futuro nell’area cruciale delle biotecnologie.