Anche durante le scorse vacanze natalizie, le principali classifiche mondiali sono state occupate da note canzoni legate alle festività che hanno tutte una cosa in comune. Si tratta di brani incisi ormai oltre venti anni fa. La canzone che negli ultimi anni ha dominato le classifiche di Natale: “All I want for Christmas is you” di Mariah Carey, brano di oltre 25 anni fa è stata solo la prima ad aprire lo spazio a una vera e propria occupazione delle chart da parte di questo repertorio. Se nel 2011, anche nelle chart dei singoli italiani di dicembre, non vi era traccia di brani natalizi, nell’era dello streaming queste canzoni sono cresciute fino a occupare metà della top ten italiana, così come in USA e UK, nel 2020, per raggiungere il 60% nel 2021.
Canzoni come Jingle Bell Rock, un classico del 1957 di Bobby Helms, quest’anno al terzo posto nei brani più ascoltati in streaming a Natale in Italia, da anni non aveva più visto vendite in formato fisico, ma è tornato a crescere costantemente.
Le canzoni di Natale e la rivincita del catalogo
L’esempio dei brani natalizi nell’era dello streaming e l’impatto così repentino in classifica di questo repertorio, che in pochi giorni muove miliardi di stream, ci porta a considerare più da vicino il sempre più marcato ritorno del catalogo nell’era digitale e non solo. Da cinque anni, in Italia, l’album in vinile più venduto, ad esempio, è “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd.
Hotel California, degli Eagles, è da tre anni, ovvero 156 settimane, nella classifica di Billboard degli album più venduti in USA ed è il terzo LP più venduto di tutti i tempi con 26 milioni di copie.
Negli Stati Uniti, per la prima volta da quando MRC Data ha iniziato il monitoraggio del dato streaming, il consumo digitale di novità discografiche è diminuito a volume anno su anno. Questo significa che il catalogo ha ottenuto una quota significativa dell’ascolto totale nel 2021, in aumento di otto punti dal 2020 salendo al 74% del totale dei consumi di album. Nel prospetto di quotazione alla borsa di Amsterdam, la major discografica Universal Music ha messo nero su bianco che i ricavi generati dal catalogo, ovvero dischi con più di diciotto mesi dalla pubblicazione, superano il 50 %
In USA, le vendite di catalogo sono cresciute del 24 % nel 2021 una tendenza mai veduta in precedenza.
Tiene la tendenza nostalgica partita in pandemia
Questa è un’accelerazione di una tendenza che ha preso in particolare piede durante le prime ondate di lockdown legate al COVID-19, quando gli appassionati di musica si sono spostati in maniera massiccia verso brani legati al passato, per nostalgia, oppure grazie a playlist, TikTok e altri canali di discovery.
Ad esempio, brani degli anni 80 e 90 sono diventati popolari anche tra i giovanissimi della generazione Z, tanto che nella ricerca “Engaging with Music” di IFPI, i dati italiani mostrano che questi brani musicali sono ascoltati dal 28% e 23 % dei ragazzi tra i 16 e i 24 anni. Un 15 % di questi addirittura ascolta musica degli anni 70
Tra i circa 70 milioni di brani disponibili 7/7 e 24h su 24 su decine di piattaforme, il fan di musica può passare intere giornate a scoprire musica lanciata negli anni come se fossero nuove pubblicazioni. Oltre alla playlist e agli algoritmi che favoriscono questa continua attività di discovery, un contributo è dato anche dagli smart speaker, che interpretano e offrono proposte di brani e repertori agli interrogativi dei consumatori.
Le opportunità per scoprire musica del passato sono cresciute notevolmente con i social media e lo streaming. Ad esempio, il successo di una vecchia hit come “Beggin”, rilanciata dalla cover Maneskin a livello globale, oltre ad essere la seconda canzone più ascoltata sul Tik Tok, con 10,4 milioni di video sincronizzati, ha fatto crescere gli ascolti anche del brano originale, scritto da Frank Valli nel 1967 e perfino della cover del 2007 dei Madcon.
Nuovi videoclip per rilanciare i brani d’epoca
Sul catalogo, un’area interessante è anche quella legata alla creazione di nuovi videoclip per brani famosi che all’epoca non disponevano di un vero e proprio video di riferimento. In questo contesto un esempio è quello dei Capolavori Immaginati. Un progetto della casa di produzione Daimon Film, in collaborazione con Sony Music Italia, presentato al grande pubblico in occasione del Festival Mondiale del Videoclip, Imaginaction.
Brani dal repertorio di artisti di grande notorietà e valore culturale in Italia, come Fabrizio De André, Lucio Dalla, Antonello Venditti, e trasformare in clip quelle canzoni.
Gli artisti hanno compreso quanto sia importante, nell’era digitale, saper gestire e rilanciare il proprio catalogo in collaborazione con le etichette discografiche e così vengono pianificate delle vere e proprie strategie di lancio come se ci trovassimo di fronte ad una novità discografica del momento.
Successi evergreen sono tornati in classifica, oltre per l’effetto della diffusione virale, anche grazie a colonne sonore di film e serie TV. La grande opportunità di identificare i brani con applicazioni come Shazam e poter immediatamente avere a disposizione il brano grazie ad un servizio streaming on-demand hanno moltiplicato le opportunità e le case discografiche hanno creato divisioni specializzate proprio per sviluppare il catalogo in varie forme.
Per un disco come Nevermind dei Nirvana, ad esempio, per il trentennale dalla pubblicazione, che avverrà nel 2022, sono previste edizioni speciali in vinile, con materiale di archivio, dischi in vinile live, tirature limitate con audio rimasterizzato in alta risoluzione 192kHz 24-bit a partire dai nastri analogici stereo originali.
Conclusioni
L’hype generato dalla viralità digitale contribuisce, come si è visto, ad alimentare la ricerca di brani e album del passato e i consumi crescono. Ogni settimana le certificazioni di dischi d’oro e platino di FIMI propongono brani pubblicati in certi casi più di venti anni fa, mai certificati nell’era del fisico ma che hanno ritrovato una nuova vita nell’era digitale raggiungendo ascolti inaspettati.
Gli effetti di questo boom del catalogo si è esteso a Wall Street, dove aziende di private equity hanno versato miliardi di dollari nell’acquistare cataloghi di canzoni e/o registrazioni master da hitmaker sia classici che attuali.
Nell’ultimo periodo abbiamo visto Bruce Springsteen cedere a Sony Music il proprio catalogo (un massimo storico stimato di $ 500 milioni), Bob Dylan a Universal Publishing (per una stima di $ 300 milioni), Neil Young a Hipgnosis (per 150 milioni di dollari dichiarati) Stevie Nicks a Primary Wave ($ 100 milioni) e gli eredi di David Bowie a Warner Music (anche qui per circa 500 milioni di $).