A Milano è stata finalmente assegnata la terza sede del Tribunale Unificato dei Brevetti e del Brevetto Unitario (Tub). È un successo per il sistema-Paese, che va però completato con l’attribuzione delle competenze necessarie a valorizzare gli asset della nostra industria.
Farmaceutica, meccatronica, moda e agroalimentare sono filiere strategiche del Made in Italy, che meritano l’adeguata tutela giuridica dalle contraffazioni. Al netto di questo processo, per ora compiuto solo in parte, cos’è il Tub e che chance di competitività dà all’Italia?
Diritti di proprietà, l’Italia deve fare di più
Nella classifica 2022 dell’International Property Rights Index (Ipri), pubblicato ogni anno dalla Property Rights Alliance e di cui Competere è partner, l’Italia figura in 46esima posizione. Due lunghezze in meno rispetto all’anno prima. Con una preoccupante flessione del 7,22% sul 2021, registriamo un punteggio totale di 5,66. Siamo sotto di oltre un punto rispetto alla media Ue (6,42), dopo Costa Rica e Slovacchia e appena una posizione sopra la Cina. Nell’attuale società della conoscenza e dell’innovazione tecnologica, difendere i diritti di proprietà è cruciale per l’Italia. Il nostro posizionamento nell’Ipri è indicativo della carenza di sensibilità delle istituzioni e delle forze produttive, su quanto la difesa della proprietà intellettuale sia una potenziale leva di competitività e attrattività di investimenti dall’estero.
L’Europa e il Tribunale Unificato dei Brevetti
Il Tribunale Unificato dei Brevetti e del Brevetto Unitario (Tub) è una nuova corte internazionale, con sede a Parigi, Monaco e Milano e con cui l’Ue ha l’occasione di trasformarsi in un punto di riferimento internazionale per la protezione della ricerca intellettuale e tecnologica, soprattutto applicata a filiere altamente innovative quali life sciences e meccatronica. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ufficio Europeo dei Brevetti, il 39,4% dei cittadini degli Stati membri è impiegato (direttamente e indirettamente) in comparti industriali legati alla proprietà intellettuale, che a loro volta rappresentano il 47% del prodotto interno lordo europeo.
I danni dell’economia sommersa al Made in Italy
Senza tutele efficaci, i diritti di proprietà intellettuale sono esposti a contraffazioni e copiature. Proprio perché quella del falso è spesso un’economia sommersa, è difficile disporre di una stima omogenea che misuri le perdite economiche, occupazionali e sociali conseguenti alla contraffazione di tutto ciò che è Made in Italy.
Ancora nel 2019, anno più recente delle rilevazioni disponibili, le importazioni di merci contraffatte e piratate in Italia erano pari a 8,7 miliardi di euro (Fonte, Ocse). Tra il 2008 e il 2019 l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e la Guardia di Finanza hanno effettuato 184,9 mila sequestri in Italia per contraffazione, con circa 569 milioni di pezzi sequestrati (senza contare alimentari, bevande alcoliche e medicinali), per un valore stimato di oltre 5,8 miliardi di euro (Fonte, Iperico 2019). A questi vanno aggiunti 100mila farmaci illegali e clandestini. Mentre il volume dei falsi prodotti alimentari italiani (il cosiddetto Italian sounding) è pari ad altri 120 miliardi (Fonte, Coldiretti e Filiera Italia).
Le conseguenze di questa economia parallela dalle proporzioni enormi ricadono sia sul consumatore, circuìto com’è nella sua convinzione di acquistare un prodotto autentico a un prezzo maggiorato, sia sul mercato dell’occupazione. Minori vendite per i prodotti originali impongono infatti alle imprese un minore impegno occupazionale. Nel 2018, si stimava un taglio di circa 20 mila posti di lavoro solo nel settore del commercio. Il fenomeno risulta quindi un’emergenza sotto ogni punto di vista. La difesa della proprietà intellettuale è la chiave di volta se si vuole emergere come sistema economico innovativo e competitivo.
La proprietà intellettuale booster di crescita dell’Azienda Italia
Proprio attraverso la proprietà intellettuale, l’Italia, simbolo nel mondo di qualità della vita – per i suoi tesori artistico-architettonici, la sua cultura enogastronomica, la moda e il suo design, ma anche grazie ai settori più innovativi, quali biomedicale, meccanica e meccatronica – ha la grande opportunità di creare alleanze e sinergie per affrontare i nuovi mercati. Spetta però a imprese e istituzioni innescare una dinamica virtuosa per il rilancio delle nostre eccellenze. Gli strumenti giuridici sono fondamentali quanto le attività di ricerca e di sviluppo tecnologico. La cultura del diritto e il ricorso alla normativa vigente, a tutela del proprio fare impresa, non dev’essere secondario alle competenze tecnico-scientifiche.
E mentre per incrementare l’export, una prima linea d’azione deve consistere nell’utilizzare i marchi individuali, collettivi e di certificazione per sviluppare operazioni di co-branding tra enti locali, consorzi di tutela – come nei casi del DOP e dell’IGP per l’alimentare – e cluster territoriali, in modo da presentarsi sui nuovi mercati non come singoli soggetti, ma pool di imprese. A sua volta, per attrarre investimenti sul territorio nazionale, è necessario incentivare la tutela dei diritti della proprietà intellettuale. In questo caso, spetta alla Giustizia il ruolo di prima attrice. La previsione di sezioni specializzate andrà estesa anche al settore penale, con l’istituzione di una Procura nazionale anticontraffazione, e anche le competenze civili in materia di proprietà intellettuale andranno concentrate in un numero il più possibile ridotto di sedi giudiziarie.
È necessaria quindi un’operazione strategica che coinvolga, da un lato, le forze di sicurezza a contrasto delle attività di contraffazione tuttora in corso, anche a livello internazionale, dall’altro, le istituzioni nell’ottica di una normativa più rigorosa, certa e preventiva. Contestualmente è improcrastinabile una cultura d’impresa, fatta di una governance manageriale sensibile all’argomento, quindi capace di indirizzare non solo per promuovere l’innovazione tecnologica, ma anche a sua protezione.
Le idee e i progetti che nascono nelle fabbriche, spesso in partnership con atenei e centri di ricerca e lì implementati in termini di processo e di prodotto, andrebbero custoditi e promossi sul mercato con lo stesso orgoglio nazionale con cui si difendono le grandi opere della nostra cultura.
Nel 2021, le domande di brevetti provenienti dall’Italia dirette all’European Patent Office sono cresciute del 6,5% rispetto all’anno precedente (Fonte, Epo Patent Index), e dopo il +3,4% nel 2020. Il nostro ecosistema produttivo si posiziona ben al di sopra della crescita media del 2,7%, registrata dai 27 Paesi Ue, che raggiungono comunque livelli record con un aumento del 4,5%.
Italia, Innovation hub europeo per certezza di diritto
Ora che è stata assegnata a Milano la terza sede del Tub, l’Italia ha tutte le carte in regola per diventare un hub per il processo di innovazione industriale di tutta Europa.
C’è un però. Al capoluogo lombardo sono state assegnate le competenze agrifood, moda e solo una parte del farmaceutico. Sono stati esclusi, infatti, i brevetti con certificati complementari di protezione, i più diffusi. Come pure la meccatronica. Questo “spezzatino” di competenze non rischia di trasformarsi in un groviglio burocratico che disincentiva l’impresa a farvi affidamento? E ancora, a questa complessità procedurale – che contrasta con la certezza del diritto di cui hanno bisogno le aziende – si affianca il pericolo che il Tub di Milano sia più una sede di rappresentanza che un organo davvero decisionale. Insomma, un castello kafkiano che, oltre a essere intricato, è vuoto.