Secondo il nuovo rapporto di Mario Draghi, la competitività dell’Europa è crollata negli ultimi decenni, con la quota dell’UE nel PIL mondiale che si è ridotta ad appena il 17% e la produttività degli Stati Uniti che ha superato quella dell’UE del 20% nel 2022.
Il divario di produttività dell’Europa è dovuto in gran parte a uno sviluppo, innovazione e a adozione della tecnologia più lenti. Come afferma Draghi, “con il mondo all’apice di una rivoluzione AI, l’Europa non può permettersi di rimanere bloccata nelle tecnologie e nelle industrie intermedie del secolo precedente”. Per recuperare, l’UE deve sbloccare il suo potenziale innovativo.
Il peso di norme e regole che bloccano la competitività europea
Non è che l’Europa manchi di talento o capacità innovativa. Eppure, ogni giorno lavoriamo con aziende europee che combattono contro il peso della normativa e della regolamentazione europea.
L’AI ha il potenziale per andare oltre i cambiamenti tecnologici visti finora, portando benefici economici, sociali e in termini di sostenibilità senza precedenti. Uno studio che Google ha commissionato a Public First mostra come la sola AI generativa potrebbe portare 1,2 trilioni di euro all’economia europea, mentre il 59% degli europei concorda sul fatto che l’AI porterà benefici alla società.
Per molti aspetti, l’Europa è ben attrezzata per cogliere quest’opportunità. Ha una forza lavoro con un buon livello di istruzione e un mercato interno che potrebbe consentire alle nuove tecnologie di essere accessibili rapidamente a tutti.
Rapporto Draghi: ecco cosa frena l’innovazione in Europa
Tuttavia, affinché l’AI possa dare impulso alla competitività, l’UE deve adattare il proprio approccio. Il rapporto di Draghi è chiaro su ciò che frena l’adozione della tecnologia in Europa: normative incoerenti e restrittive e la necessità di ulteriori finanziamenti e coordinamento tra R&S, infrastrutture e competenze.
Un approccio normativo che frena gli investitori
In primo luogo, Draghi ha ragione nel dire che l’approccio normativo dell’UE frena l’Europa, allontanando gli investitori, inibendo l’innovazione e limitando l’impatto trasformativo dell’innovazione tecnologica.
I detrattori obietteranno che l’AI porta con sé dei rischi, e hanno ragione. Ecco perché Google ha sostenuto l’AI Act. Tuttavia, il rischio maggiore che l’AI rappresenta per l’Europa non è l’uso improprio o gli errori dell’AI: il rischio è quello di perdere l’opportunità.
Dal 2019, l’UE ha introdotto oltre 100 atti legislativi che hanno un impatto sull’economia e sulla società digitale. Non è solo il numero di regolamenti a rappresentare una sfida, ma la loro complessità. I regolamenti sono spesso contrastanti, non testati e implementati in modo incoerente. Per le aziende e gli imprenditori, l’esplosione di regole rende difficile sviluppare, lanciare o persino utilizzare nuovi prodotti digitali.
Per gli investitori internazionali questo rappresenta un campo minato che scoraggia il lancio di nuovi strumenti digitali per le imprese e i consumatori europei. Oltre il 60% delle grandi aziende e delle PMI ha individuato nella regolamentazione un ostacolo importante agli investimenti.
Investire di più in ricerca e sviluppo
La seconda area di interesse chiave deve essere l’investimento in ricerca e sviluppo. Gli Stati Uniti spendono più del doppio dell’UE per la R&S sull’AI. Per essere davvero competitiva nel campo dell’intelligenza artificiale, l’UE deve fare della ricerca e dello sviluppo una priorità comune, oltre a rendere più accessibili i finanziamenti. Senza i giusti incentivi per lo sviluppo e la diffusione dell’innovazione nell’AI, l’Europa sta ostacolando i suoi talenti e le sue possibilità di dar vita a più unicorni tecnologici nazionali.
Finanziare le infrastrutture
In terzo luogo, le infrastrutture. I progressi dell’AI sono possibili solo con le giuste tecnologie di computing ad alte prestazioni, i data center e le fonti di energia rinnovabile per sostenerli. Per consentire l’innovazione dell’AI su larga scala, l’UE dovrà stanziare ulteriori fondi per finanziare tali infrastrutture, oltre a incentivare e consentire al settore privato di fare altrettanto.
Infine, è essenziale che ci sia un deciso focus sulle competenze. La crescita tecnologica non sarà efficace se si lasciano indietro le persone. Date le sue peculiarità, l’UE deve fare in modo che la tecnologia vada a beneficio di ogni impresa, economia e persona. A tal fine, deve accelerare la trasformazione delle competenze digitali, ponendo l’istruzione in materia di AI al centro di una rinnovata European Skills Agenda e inserendole nei programmi scolastici.
La necessaria cooperazione col settore privato
Per i governi che intraprendono questo percorso, la cooperazione con il settore privato sarà fondamentale. Negli ultimi dieci anni, abbiamo collaborato con i governi per aiutare oltre 13 milioni di europei ad acquisire competenze digitali. E attraverso le nostre sedi in tutta Europa, i nostri servizi per i consumatori e per le imprese, i nostri ampi investimenti nei data center e altro ancora, contribuiamo all’attività economica europea per oltre 179 miliardi di euro. Come europeo, sono orgoglioso di questo lavoro, ma so che c’è ancora molto potenziale da esplorare.
Europa e innovazione: le sfide all’orizzonte
Il nuovo mandato dell’UE inizia in un momento delicato, con sfide geopolitiche complesse che possono essere affrontate solo se l’Europa incrementa la propria competitività e produttività. La prossima agenda deve essere all’altezza di questa sfida: cogliere l’opportunità dell’intelligenza artificiale per fare dell’Europa una terra di investimenti e opportunità.