Ci sono alcuni settori e alcune tecnologie che saranno il nostro futuro, ma spesso occupiamo il nostro tempo a vedere i dettagli di quello che sappiamo già essere il passato.
La Germania investe il doppio in ricerca e sviluppo rispetto al nostro Paese, la Svezia il triplo, Israele o la Corea del Sud investono il quadruplo rispetto al nostro 1,4% di R&S sul PIL.
Innovazione di Stato: la ricetta per tradurre gli investimenti in vero sviluppo
Le risposte che uno Stato lungimirante deve dare
Alla domanda su come intendiamo raggiungere questi Paesi, la risposta della politica italiana è spesso relativa ai bandi europei a cui non aderiamo a sufficienza. Un modo per rimbalzare le responsabilità altrove.
La miopia del capire come uno Stato possa favorire l’innovazione a trasparire da questo tipo di risposte.
Il nostro Paese soffre di un problema di aumento della produttività che ormai è ferma allo 0,1% di incremento l’anno negli ultimi dieci anni rispetto agli anni ‘80 in cui era quindici volte tanto, nel frattempo gli altri Paesi del nord Europa hanno mantenuto una crescita della produttività del 1% annuo garantendosi una parte di quella innovazione che a noi è mancata.
Lo Stato è tuttavia uno dei principali acceleratori dell’innovazione grazie alla sua capacità di cambiare le regole che possano tutelare i diritti dei cittadini e al contempo favorire nuovi spazi di economia, di investire e supportare nuove tecnologie piuttosto che continuare a supportare quello che si sa già sarà superato; e di creare cultura e consapevolezza rispetto al mondo che cambia.
Tutelare i diritti fondamentali
L’innovazione può portare a trasformazioni radicali dei diritti e doveri di una comunità per il semplice motivo che questi da sempre sono evoluti proprio grazie alla tecnologia. Un esempio tra tutti: il concetto di “acqua pubblica” oggi lo conosciamo solo grazie agli acquedotti romani che hanno permesso di avere l’acqua dalle fontane. Oggi con l’innovazione è quindi necessario tenere vivo il dibattito su cosa voglia dire “cittadinanza digitale” con i suoi nuovi diritti e doveri. La rivoluzione del GDPR per la tutela della privacy oggi sta continuando con la nuova normativa sui cookie che probabilmente porterà a inventare nuovi modi di gestire la profilazione dei messaggi con molto più coinvolgimento del cliente finale creando a sua volta nuovi spazi per innovare anche nel settore pubblicitario.
Facilitare l’evoluzione dell’innovazione
Capire le evoluzioni permette anche di costruire servizi che possano supportarle come è stato il One Stop Shop per il pagamento dell’IVA unificato per chi vende online in più Paesi. Fino a un paio di anni fa, infatti, era necessario aprire una partita iva nello Stato dei clienti se si superava una certa soglia di fatturato di vendita in un certo Paese europeo. Oggi la semplificazione di poter comunicare tutte le vendite alla propria Agenzie delle Entrate che ha il ruolo di clearing house ha permesso di agevolare tutte le vendite online cross border (una nota di attenzione per chi vende online principalmente in Italia: avendo tolto le soglie minime di fatturato chi non abbia attivato le procedure del One Stop Shop e vende anche un solo prodotto in uno Stato estero, può essere obbligato ad aprire la partita iva in tutti i Paesi in cui ha almeno un cliente senza più i limiti di fatturato minimo).
Proteggere l’industria italiana
Lo Stato ha anche come obiettivo quello di proteggere e favorire l’industria nazionale per poter garantire attraverso la sua tassazione i servizi alla cittadinanza.
Per questo motivo è necessario capire come l’innovazione sta cambiando e cambierà in futuro gli equilibri dell’industria per farsi trovare pronti e nel percorso tutelare gli interessi nazionali.
Il concetto del tassare “dove l’azienda produce” è forse ancora calzante per l’industria manifatturiera che con i diritti doganali si riesce a creare vantaggi per produzioni almeno comunitarie, ma non certamente per il mondo dei servizi.
È quindi necessario spostare l’equilibrio verso tassazioni che siano incentrate sul “dove l’azienda vende” per proteggere l’unico asset che i grandi Paesi avranno anche in futuro: i clienti.
In questa direzione è giusto contrastare il fiscal dumping di alcuni Paesi europei come ad esempio l’Irlanda tramite nuove formulazioni di tassazione che prevedano almeno per i grandi gruppi internazionali una tassazione in base alle vendite effettuate in un Paese a prescindere da dove siano assunti i propri dipendenti.
Non bisogna tuttavia cadere in tassazioni sull’innovazione in sé per proteggere industrie che stanno diventando obsolete. Per riassumere: sì alla Irish tax, no alla Web tax.
Creare la base di investimento minima
Ci sono delle evoluzioni epocali che richiedono grandi investimenti perché si compiano. Ad esempio, mai come quest’anno ci siamo focalizzati sul futuro dell’energia. A causa della mancata lungimiranza ci siamo trovati a riattivare i sistemi più costosi e inquinanti come il carbone o il gas portato via nave.
Nello stesso momento alcuni Paesi come gli Stati Uniti sono riusciti a raggiungere la sovranità energetica diventando addirittura esportatori netti.
Gli incentivi statali possono favorire lo sviluppo di un’industria come quella della trazione elettrica anche nel mondo dei camion dove Pepsi ha trovato vantaggioso acquistare i primi camion Semi a Tesla proprio grazie agli incentivi statali per acquistarli e costruire le centrali ad energia solare di (mega)ricarica vicino ai suoi magazzini. Gli incentivi statali negli USA per l’acquisto di camion a trazione elettrica sono di 40 mila dollari su 180 mila di prezzo.
Dall’altra parte lo Stato può aiutare a creare i salti tecnologici che servono a creare nuovi paradigmi. Come, ad esempio, i 3,5 miliardi di dollari investiti nella National Ignition Facility in California che ha permesso recentemente di produrre energia dall’acqua con il meccanismo delle stelle tramite la fusione nucleare creando un salto epocale nel modo in cui considereremo l’energia in futuro.
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Conclusioni
A inizio anni duemila passavo spesso in un negozio Blockbuster per prendere le cassette dei film da vedere la sera, ma sia a me sia al mio ex compagno di liceo che gestiva il negozio era chiaro che avremmo iniziato a guardare i film in modo diverso. Per fortuna per lui cedette il negozio in tempo. Oggi provo la stessa sensazione quando passo davanti ad un benzinaio con la mia macchina elettrica, o passeggio davanti ad un negozio di elettronica di consumo.
Lo Stato deve tutelare chi attraversa questi momenti di transizione, ma sarebbe uno sbaglio continuare a sovvenzionare modelli obsoleti ostacolando gli spazi di economia nascenti.