Quanto avvenuto nei giorni scorsi nell’ambito dell’affaire Ftx, col tira e molla di Binance e il grave rischio di contagio sistemico a tutto il mondo degli exchange, non rappresenta semplicemente un caso (seppur grave) di cattiva gestione economico-finanziaria, come purtroppo ce ne sono già stati tanti in passato, ma quasi un “evento Manifesto” della reale natura delle criptovalute e della dimostrazione che la speculazione non paga.
La crisi di Ftx
L’unico insegnamento, infatti, che si può realmente trarre da questa vicenda è che nel mondo finanziario si possono fare tutte le transazioni che vogliamo, investire, spostare asset, inventarne di nuovi, o farne sparire altri ma, prima o poi, qualcuno tornerà con i piedi per terra e vorrà i soldi veri, quelli immediatamente spendibili ed immediatamente esigibili, innescando l’effetto domino che da una puntura di spillo apre ed allarga sempre più la voragine.
È stato sostanzialmente così per la crisi del 2008 dei mutui subprime, per il caso Wirecard e oggi anche per il mondo cripto. Eppure, le premesse, fino a poco tempo fa, erano sembrate del tutto diverse.
La storia recente di Ftx è semplicisticamente riassumibile nel vecchio motto “dalle stelle alle stalle” o meglio, come da tanti è stato evidenziato, da JP Morgan a Lehman Brothers.
Nei mesi scorsi, infatti, la compagnia guidata dal Re Mida delle cripto Sam Bankman-Fried, era considerata non solo un’impresa solida ma persino affidabile.
A gennaio, ad esempio, la società era stata oggetto di importanti investimenti, tra cui uno da 400 milioni di dollari di Softbank, raggiungendo la valutazione complessiva di 32 miliardi di dollari e le voci su imponenti campagne di investimento si rincorrevano una dopo l’altra, fino all’apice raggiunto (forse troppo rapidamente) la scorsa estate con il salvataggio di Voyager e Celsius, ciò che era valso a Bankman-Fried l’appellativo di JP Morgan delle cripto.
Perché Ftx è fallito
Fino a non molti giorni fa, addirittura, lo stato di salute di Ftx era ancora considerato eccellente, ma la situazione si è rapidamente deteriorata in quanto nel giro letteralmente di giorni, se non di ore, è venuto allo scoperto il sistema, tanto che giovedì 10 novembre, secondo i materiali di investimento visionati dal Financial Times, Ftx Trading international possedeva soltanto 900 milioni di dollari di attività liquide a fronte di 9 miliardi di dollari di passività. Eppure, il baratro era lì dietro l’angolo e, paradossalmente, ben più visibile di quanto potesse sembrare.
Nell’ultimo anno, infatti, il valore del Bitcoin e delle altre criptovalute ha vissuto di parecchi alti e bassi che, in definitiva, ne hanno contratto il valore, passando da 2.800 a 827 miliardi di dollari, il tutto nonostante la spinta ricevuta anche dalla guerra in Ucraina che ha favorito una maggiore circolazione delle criptovalute.
Il secondo elemento è l’utilizzo “allegro” che Bankman-Fried ha fatto dei depositi. Vi è, infatti, più di un sospetto (in buona parte confermato dall’ex CEO di Ftx) che questi abbia trasferito una cifra attorno ai 10 miliardi di dollari che non gli appartenevano nella sua società di investimento, la Alamedia Researsch, e lì li abbia perduti o negli investimenti o per tappare i buchi da questi causati.
La situazione si è fatta rapidamente critica, in primo luogo, quando poi è diventata chiara la crisi di liquidità, ed in secondo luogo, quando l’acerrimo rivale CZ, CEO di Binance, ha prima lanciato una ciambella di salvataggio a Ftx e poi l’ha ritirata. Dal suo punto di vista, evidentemente, è più conveniente cannibalizzare il vuoto di mercato senza dover appianare anche la voragine lasciata da Bankman-Fried. Vista la situazione, il risultato più immediato è che alcuni paesi, tra cui Australia, Giappone, Bahamas e Cipro (decisione che potrebbe presto diventare vincolante per tutta l’UE) hanno congelato gli asset operativi di Ftx, mentre la bancarotta è già stata ufficializzata negli Stati Uniti. SEC e CFTC – le due autorità USA deputate alla regolamentazione del mercato – sono già all’opera per verificare le responsabilità di Ftx nella gestione dei depositi dei clienti, ma è evidente che ormai i buoi siano ampiamente scappati e che recuperare le somme perdute sia poco più di un miraggio per chi aveva improvvidamente creduto nell’affare della vita.
Impatto sugli italiani
Nello tsunami finanziario che sta comportando questo crack, anche l’Italia potrebbe essere violentemente coinvolta.
Il nostro Paese, infatti, era un mercato particolarmente attivo per Ftx in virtù dei circa 100 mila clienti degli exchange detentori approssimativamente di 2 miliardi di euro, per un ammontare medio di 26 mila dollari. Per il momento, le dimensioni del danno finale, al di là di quello potenziale, non sono ancora del tutto misurabili. Serviranno tempo e molte fatiche per comprendere quale percentuale dei depositi potrà essere recuperata ed ottenerle. È evidente, poi, che l’effetto domino sia stato ormai avviato e che i danni sono destinati a non fermarsi all’Italia o agli Stati Uniti.
Le conseguenze del caso Ftx
Quanto accaduto, e quanto ancora sicuramente dovrà ancora arricchire il fatto, non è altro che l’ennesimo avvertimento al mercato finanziario, ai suoi operatori, ai risparmiatori e alle istituzioni di quanto sia ormai diventato importante procedere con una puntuale, ancorché non pervasiva, regolamentazione in tale settore.
Alcuni giorni fa, era giunto l’ennesimo alert da parte della BCE per bocca della presidente Christine Lagarde, la quale aveva ribadito che “occorre evitare che la diffusione di nuovi asset digitali, come le criptovalute, possa alimentare l’instabilità, generando confusione su cosa è denaro e cosa non lo è”.
La posizione BCE è ormai diventata chiara a riguardo, non ritiene le cripto un vero strumento di pagamento ma anzi un asset digitale (speculativo e potenzialmente pericoloso): tuttavia è necessario fare i conti con la realtà, con un mercato e con consumatori che fanno un uso sempre più frequente (e spesso inconsapevole) di questi strumenti, dal momento che secondo le statistiche, nel 2021, le criptovalute sono state utilizzate stabilmente dal 21% degli statunitensi e dal 10% degli europei.
Sotto questo profilo, come detto, la parabola che stiamo osservando di Ftx è l’estrema sintesi della natura stessa dei Bitcoin strumenti affascinanti, potenzialmente innovativi ma anche estremamente volatili, instabili e quindi pericolosi, soprattutto quando le persone vi convertono tutto ciò che possiedono nella speranza di fare fortuna. Le criptovalute non sono la nuova El Dorado, a meno che non si intenda per questa una città che con ogni probabilità non esiste e di cui nel tempo il mito è diventato leggenda.
Serve nuova cornice regolatoria
Duole, quindi, tornare a ribadire – un po’ come fatto dalla Lagarde – sempre gli stessi concetti, ma se lo si fa è perché nel tempo ci sono stati scarsi progressi a riguardo.
Posto che le criptovalute sono da considerarsi un fenomeno col quale dobbiamo confrontarci e, quindi, per nulla transitorio, è necessario anche fornire loro una cornice normativa all’interno della quale possano operare (e prosperare) le attività economiche ad esse collegate nella piena tutela però dei consumatori, del mercato e della stabilità stessa del sistema finanziario.
Non per controllo ma per trasparenza, ciò di cui gli stessi operatori del settore si potranno avvantaggiare, per favorire lo sviluppo di questo mercato non è obbligatorio renderlo mainstream (questa semmai è una conseguenza) ma è anche opportuno che il periodo dei pionieri, dei magnati e degli avventurieri abbia fine per il suo stesso bene, onde evitare una marginalizzazione che probabilmente non sarebbe neanche opportuna.
Addio light regulation sulle cripto?
Tra le varie proposte di legge sulle criptovalute che circolano al Congresso americano, quella della Commissione Agricoltura del Senato è stata considerata dai lobbisti come quella con maggiori possibilità di avanzamento entro la fine dell’anno. È stata introdotta in agosto dai leader della commissione, la senatrice Debbie Stabenow (D., Mich.) e il senatore John Boozman (R., Ark.), con il contributo della Commodity Futures Trading Commission. La proposta di legge assegnerebbe la supervisione delle due maggiori criptovalute alla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), autorità indipendente.
Secondo quanto dichiarato da diversi lobbisti, il progetto è stato spinto anche da Bankman-Fried e dai suoi vice di FTX, che hanno contribuito alla sua elaborazione.
Bankman-Fried ha elogiato la proposta di legge in frequenti post sui social media e in apparizioni pubbliche e ha esortato gli altri operatori del settore a sostenerla.
Il disegno di legge proteggerebbe le criptovalute più grandi, bitcoin ed ether, dalla regolamentazione della SEC, assegnando la giurisdizione alla CFTC, più piccola, che dovrebbe scrivere le regole da zero.
Questo provvedimento darebbe alle imprese che attualmente operano al di fuori del perimetro normativo una patina di conformità che potrebbe aiutarle ad attrarre investitori istituzionali.
Ma adesso, dopo l’incidente Ftx, molti esperti considerano questa regolamentazione troppo light.
Redazione