L’Ai generativa è stata un terremoto anche per gli economisti. Continuano ad arrivare studi su come ChatGPT e simili potrebbero sostituire presto milioni di lavoratori e al tempo stesso dare vita ad una nuova rivoluzione industriale con un balzo della produttività, finora stagnante in Occidente negli ultimi 20 anni circa.
AI generativa, il rapporto McKinsey
Questa settimana è la volta di un altro rapporto McKinsey, una multinazionale di consulenza strategica fondata a Chicago nel 1926, viene evidenziato come l’impatto dell’IA generativa sulla produttività potrebbe generare tra i 2,6 trilioni e i 4,4 trilioni di dollari all’anno su scala globale, circa il valore del Prodotto Interno Lordo di un grande Paese europeo.
L’impatto dell’intelligenza artificiale è stimato in crescita fino al 40% (dall’attuale 15%) visto il crescente utilizzo in ambito aziendale. Circa il 75% del valore che i casi d’uso generativi dell’IA potrebbero offrire rientra in quattro aree: operazioni per i clienti, marketing e vendite, ingegneria del software e ricerca e sviluppo – si legge nel rapporto. Il settore bancario, l’alta tecnologia e le scienze della vita sono tra i settori che potrebbero vedere crescere i loro ricavi grazie all’ impatto dell’IA generativa.
Siamo all’inizio dell’era dell’IA generativa. L’entusiasmo per queste nuove tecnologie è alto e i primi pilot sono convincenti. Ma una piena realizzazione dei vantaggi della tecnologia richiederà tempo e le aziende hanno ancora notevoli sfide da affrontare (sia tecnologiche che per quanto riguarda la gestione dei rischi) si legge nelle conclusioni del rapporto.
Molti esperti predicano calma sostenendo, dati alla mano, che anche l’intelligenza artificiale più avanzata non è in grado di avvicinarsi alle capacità di scrittura di un essere umano. Le criticità più evidenti? Manca di tono di voce e stile personali e spesso sforna risposte sbagliate, senza senso o di parte. Ma per molte aziende, l’evidente risparmio, in termini di costi, giustifica anche un netto calo di qualità; questo è probabilmente il rischio – qualità a ribasso, perdita per tutti – più grave.
Una nuova stagione per l’automazione?
“In ogni precedente minaccia al lavoro umano l’automazione riguardava i lavori più duri, “sporchi” e ripetitivi”, ha affermato al Washington Post Ethan Mollick, professore associato presso la Wharton School of Business dell’Università della Pennsylvania: “Questa volta, la minaccia dell’automazione è rivolta direttamente ai lavori più creativi e con i guadagni più alti che richiedono il background più educativo.”
Goldman Sachs, lo scorso mese di maggio, ha rivelato che l’IA generativa è pronta a sconvolgere in modo significativo il mercato del lavoro, con il potenziale per sostituire fino a un quarto degli attuali impieghi a livello globale con i colletti bianchi come ad esempio gli avvocati, ma anche i creativi e i comunicatori, più a rischio di quelli in mestieri come l’edilizia o la manutenzione.
“Nonostante la significativa incertezza sul potenziale dell’IA generativa, la sua capacità di generare contenuti indistinguibili dall’output creato dall’uomo e di abbattere le barriere di comunicazione tra esseri umani e macchine riflette un importante progresso con effetti macroeconomici potenzialmente grandi”, si legge nel rapporto della banca d’affari.
“Credo che l’intelligenza artificiale sia un’incredibile opportunità”. Non ha dubbi Ernesto Belisario avvocato, esperto di diritto delle tecnologie e innovazione nella Pubblica Amministrazione che aggiunge: “Come nel passato le tecnologie hanno migliorato la qualità del lavoro e della vita degli operatori del diritto allo stesso modo l’intelligenza artificiale potrà avere un impatto ancor più migliorativo per la professione e la vita degli avvocati. L’IA non renderà superflui gli avvocati, ma ci sarà bisogno di avvocati che sappiano utilizzare l’IA”.
Per Belisario il tema che si pone è quello formativo: “Occorre guidare gli avvocati, già sul mercato, a cogliere tutte le opportunità dell’intelligenza artificiale”.
Attenzione però, tra le aziende che hanno deciso di sostituire i lavoratori con i chatbot vi sono esempi di inciampi che hanno recato ingenti danni alla reputazione aziendale. Quando il sito di notizie tecnologiche CNET ha utilizzato – senza dichiararlo – l’intelligenza artificiale per scrivere articoli i risultati sono stati pieni di errori e hanno portato ad ammissioni, polemiche e lunghe trattative tanto che l’azienda, recentemente, ha vietato la stesura di articoli e review realizzate esclusivamente tramite IA.
L’avvocato Steven Schwartz dello studio Levidow, Levidow & Oberman con sede a Broadway, New York, si è affidato a ChatGPT per le sue ricerche legali in un processo che vedeva contrapposti Roberto Mata, passeggero, e la compagnia aerea colombiana Avianca. Schwartz, 30 anni di carriera alle spalle, avvocato di Mata, ha detto di aver utilizzato il software realizzato da OpenAI per “integrare” le proprie scoperte.
Il problema? ChatGPT ha completamente inventato dal nulla i risultati della ricerca. ChatGPT, come tutti i modelli linguistici di grandi dimensioni sono addestrati a fornire agli utenti una risposta al loro prompt. Ciò significa che le risposte potrebbero contenere esattamente quello che si sta cercando, anche se non è reale.
La National Eating Disorders Association (NEDA), un’organizzazione senza scopo di lucro volta a sostenere le persone colpite da disturbi alimentari, ha deciso di mettere off-line “Tessa”, il suo assistente virtuale che gestisce il programma Body Positive, dopo che alcuni utenti hanno segnalato esperienze negative con esso.
Come si legge nel rapporto firmato da McKinsey “L’intelligenza artificiale generativa ha il potenziale per cambiare l’anatomia del lavoro, aumentando le capacità dei singoli lavoratori automatizzando alcune delle loro attività individuali”, ma come abbiamo visto affrettarsi a incorporare strumenti come ChatGPT nelle proprie strategie aziende potrebbe significare che si sta correndo troppo.
Che devono sapere gli esperti di marketing
Con il progresso tecnologico che corre veloce, una tendenza interessante arriva dal marketing: rallentare. Visto quanto detto fin ora potrebbe sembrare un paradosso, ma questo è il tempo degli slow brand.
Rallentare non significa restare indietro, per gli analisti di McKinsey rallentare uguale accelerare. I team più affiatati sono quelli che riescono a metabolizzare meglio ciò che avviene nel proprio business. Così comunicatori e marketer più che rincorrere le novità in fatto di tecnologia dovrebbero leggere con più attenzione la contemporaneità.
Il crollo dei prezzi delle principali criptovalute, la disaffezione dai social media, il metaverso che rimane ancora un esperimento hanno fatto si che il nuovo hype – in materia tech – diventasse l’intelligenza artificiale generativa.
Tra chi vede solo le potenzialità di questa nuova rivoluzione e chi ne sottolinea soprattutto i rischi (occupazionali in primis, ma anche ben più gravi come hanno avvertito, recentemente, alcuni esperti del settore l’intelligenza artificiale potrebbe portare all’estinzione dell’umanità) vi è un aspetto utile alle analisi dei marketer.
Più la tecnologia diventa preponderante, più cresce la ricerca di autenticità. Alla lunga la tecnologia – questo è un dato di fatto – diventa noiosa e c’è una reazione che è quella della creatività.
La noia che può derivare dalla saturazione tecnologica è il risultato della ripetitività e dell’omogeneità che spesso caratterizzano l’esperienza digitale. La creatività diventa quindi un’alternativa che rompe la monotonia, offrendo nuove idee, approcci innovativi e soluzioni uniche ideali per la popolarità dei brand.
L’automazione nel marketing e nella comunicazione può certamente offrire vantaggi evidenti dal punto di vista dei conti aziendali, ma è fondamentale considerare l’impatto sull’appeal delle aziende e dei brand. L’automazione eccessiva rischia di creare un’esperienza sterile e impersonale per i clienti, minando la capacità di creare connessioni emotive e di costruire relazioni significative.
Naturalmente, il marketing sopravviverà (anche) a ChatGPT, tuttavia, l’impatto di queste tecnologie sul settore è indubbiamente significativo e richiederà ai marketer di adattarsi rapidamente ai nuovi strumenti (non siamo davanti a bacchette magiche ma a dei “semplici” strumenti) e affrontare le nuove sfide.
Come? Proprio questo è l’aspetto del dibattito ancora aperto