La dipendenza dell’Ue dai Paesi terzi sulle materie prime la rende una potenza industriale globale altamente vulnerabile a shock di prezzo e a interruzioni nelle catene di fornitura. Si tratta di un rischio che ha preso corpo più volte negli ultimi tempi. Si pensi al rialzo significativo dei prezzi delle materie prime, in particolare quelle energetiche, ma anche industriali e agricole, tutt’ora in corso.
“Chips Act” è una svolta: senza guida pubblica non c’è politica industriale
Le ragioni delle dipendenze strategiche Ue
A pesare in questa situazione sono una pluralità di ragioni. Si incrociano motivazioni di carattere congiunturale, dovute a una ripresa della domanda post-Covid che si muove a ritmi ben più elevati rispetto all’offerta, e fattori di natura strutturale, per cui il trend di crescita della richiesta di commodity e beni intermedi legati alle filiere industriali della transizione ecologica e della trasformazione digitale non potrà che essere di medio-lungo periodo. Contano molto, inoltre, le dinamiche geopolitiche, che spesso minacciano di aggravare le problematicità di concentrazione dell’offerta e scarsa sostituibilità dei prodotti, oltre a fenomeni di tipo speculativo.
Un esempio significativo dei limiti delle forniture strategiche europee si è registrato con la carenza di chip, noti anche come semiconduttori, fondamentali per industrie strategiche come il settore automobilistico, la produzione di smartphone e computer, le infrastrutture cloud e digitali, i servizi finanziari e i dispositivi tecnologici sanitari. La catena di valore dei semiconduttori si basa su una combinazione di interdipendenza economica e specializzazione geografica.
L’intero ciclo produttivo dei chip è così complesso che prevede circa 1.000 step attraverso i confini internazionali. Ciò rende la filiera vulnerabile agli shock e alle interruzioni esterne: per avere un’idea della dipendenza dell’Europa basta guardare al fatto che il 92% della capacità di produzione globale è basata a Taiwan, mentre solo 4 delle 35 principali aziende di semiconduttori del mondo si trovano in Europa. La transizione digitale e gli obiettivi del Decennio Digitale dell’Ue rendono tuttavia i chip fondamentali per la sua competitività industriale a lungo termine.
La politica industriale europea a sostegno dei semiconduttori
La Strategia industriale europea, aggiornata a maggio 2021, intende mappare i settori industriali strategici, tra cui figura la filiera dei semiconduttori. L’obiettivo è raddoppiare la loro quota di produzione al 20% di quella mondiale entro il 2030. Alla Strategia hanno fatto seguito altri due strumenti di politica industriale europea. Lanciata nel luglio 2021, l’Alleanza industriale sui processori e le tecnologie dei semiconduttori (Industrial Alliance on Processors and Semiconductor Technologies) vuole favorire la cooperazione tra attori pubblici e privati sulle tecnologie d’avanguardia e sulla capacità di progettazione elettronica. Successivamente, si è registrato l’avvio di un IPCEI (Important Project of Common European Interest) sulla microelettronica e le tecnologie della comunicazione, sottoscritto da 20 Stati membri, con il coinvolgimento di 90 entità beneficiarie e 32 progetti aziendali, per più di 10 miliardi di euro di investimenti su progetti microelettronici transnazionali. L’obiettivo è rafforzare la resilienza della catena di approvvigionamento dell’Europa nel campo dei semiconduttori.
Il Chips Act
Lo European Chips Act, presentato dalla Commissione l’8 febbraio, amplia la portata degli interventi di supporto per la creazione di una filiera dei semiconduttori europea. Il “Chips Package”, contenente una comunicazione, due proposte di regolamento e una raccomandazione, mira a coprire gli aspetti chiave necessari per sviluppare una catena del valore dei semiconduttori: ricerca e innovazione, fabbricazione e produzione, finanziamento, monitoraggio e valutazione della catena del valore, regole sugli aiuti di Stato, coordinamento tra gli Stati membri e cooperazione industriale internazionale.
Chips for Europe Initiative
Complessivamente saranno mobilitati circa 40 miliardi di euro. In primis, un’iniziativa sui chip europei (Chips for Europe Initiative) che mette a fattor comune le risorse dell’Ue, degli Stati membri, del settore privato e dei Paesi terzi attualmente associati ai programmi dell’Unione.
Chips Joint Undertaking
Un’impresa comune sui chip (Chips Joint Undertaking) veicolerà tali risorse per un ammontare di 11 miliardi di euro sulla ricerca e innovazione, su cui l’Europa può dirsi tuttavia già sulla buona strada dato che le grandi multinazionali vi investono in media il 15% dei loro ricavi. In secondo luogo, l’Ue prevede di sostenere le sue capacità di produzione e di attrazione di investimenti attraverso un fondo per i chip (Chip Fund) volto a facilitare l’accesso al credito per le start-up.
Il programma InvestEU
Allo stesso tempo, uno strumento di finanziamento per i semiconduttori nell’ambito del programma InvestEU (ex piano Juncker) sosterrà le piccole e medie imprese e i processi di scale-up. Considerata l’attuale vulnerabilità dell’intera filiera industriale, il Chips Act punta anche al coordinamento e all’azione congiunta dei Paesi membri in caso di crisi della catena del valore attraverso la Chips for Europe Initiative, che prevede l’istituzione di una “cassetta degli attrezzi di emergenza” per la quale la Commissione invita gli Stati membri ad agire quanto prima. Inoltre, trattandosi di investimenti massici e al fine di evitare distorsioni del mercato interno, il Chips Act prevede un’applicazione della normativa Ue sugli aiuti di Stato caso per caso, soggetti all’approvazione finale della Commissione, sulla base della dimensione e del valore economico degli investimenti previsti.
Il Regolamento del Chips Act, invece, prevede un IPCEI che vuole mobilitare fino a 30 miliardi di euro. Infine, un Consiglio europeo dei semiconduttori (European Semiconductor Board) presieduto dalla Commissione e composto da rappresentanti degli Stati Ue monitorerà la governance della strategia e supporterà la cooperazione con i Paesi terzi. I partenariati internazionali favorirebbero il coordinamento sugli standard internazionali e il controllo delle esportazioni, la condivisione delle informazioni sui potenziali shock e le strategie di investimento a lungo termine.
Il Pacchetto verrà negoziato tra il Parlamento e il Consiglio dei ministri dell’Ue: un processo che potrebbe richiedere diversi mesi, dato che entrambe le istituzioni dovranno concordare i dettagli della proposta.
Le azioni del governo italiano
Azioni per lo sviluppo della filiera dei semiconduttori trovano spazio anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) italiano. La missione 1 del Piano “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo”, alla componente 2 “Digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo”, prevede lo stanziamento di 750 milioni di euro di contributi a sostegno di progetti industriali ad alto contenuto tecnologico, tra i quali ricade la produzione di semiconduttori.
Inoltre, il recente decreto Energia, largamente dedicato al contenimento dell’aumento dei prezzi dell’energia, non fa mancare risorse per il supporto a settori industriali che stanno vivendo una grande fase di trasformazione e che sono altresì strettamente connessi, come appunto l’automotive e la produzione di microprocessori. Nel primo caso, si istituisce un fondo, nella disponibilità del ministero dello Sviluppo economico, per sostenere la riconversione dell’industria automotive, oltre a riconoscere incentivi all’acquisto di veicoli non inquinanti.
Un ulteriore fondo viene istituito, invece, per promuovere la ricerca e lo sviluppo della tecnologia dei microprocessori, la riconversione dei siti industriali esistenti e l’insediamento di nuovi stabilimenti sul territorio nazionale. Si tratta, quindi, di canali di finanziamento molto utili per l’avvio di gigafactory, fabbriche di processori e altra componentistica necessaria per il percorso di transizione energetica.