Il recente annuncio del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso dell’insediamento a Novara del prossimo stabilimento produttivo di microchip per l’AI della Silicon Box apre nuovi scenari non solo per il settore della microelettronica in Italia ma anche nel processo verso una maggiore autonomia tecnologica europea.
Microchip Made in Italy: Novara diventa un polo d’innovazione
Grazie all’accordo firmato tra Urso, il presidente Alberto Cirio della Regione Piemonte, il sindaco Alessandro Canelli del Comune di Novara e i vertici dell’azienda tecnologica di Singapore, l’AD Byung Joon (BJ) Han, Sehat Sutardja e Weili Dai, presso la sede del Ministero delle Imprese e del Made in Italy a Roma, il primo sito di produzione di microchip per l’AI in Europa sarà in Italia. L’approvazione del finanziamento statale di una parte dell’investimento, da parte dell’Unione Europea, è ancora in corso.
L’investimento previsto ammonta a 3,2 miliardi di euro e 1.600 nuovi posti di lavoro diretti e ben retribuiti e porterà “capacità di confezionamento e test avanzati di semiconduttori unici nel loro genere in Italia e in Europa”, come ha affermato Byung Joon Han, ceo e cofondatore di Silicon Box, sottolineando anche che c’è stata una grande collaborazione da parte di tutti i siti, i comuni e le regioni prese in considerazione come sede del sito di produzione. La costruzione dell’impianto dovrebbe essere avviata a metà 2025 e la produzione iniziale dovrebbe partire nel 2028.
La scelta di Novara
La scelta è ricaduta su Novara dopo un’attenta valutazione e dopo che la Silicon Box aveva dichiarato di voler destinare 3,2 miliardi di euro nel Nord Italia per un sito di assemblaggio e collaudo di semiconduttori all’avanguardia, replicando la fonderia di punta di Singapore, tra le più avanzate al mondo per le soluzioni di packaging di semiconduttori. A tal proposito, Sehat Sutardja, cofondatore e presidente di Silicon Box, ha affermato di essere “entusiasti di portare l’Italia in prima linea nell’implementazione dei chiplet e nell’industria dei semiconduttori, attraverso questo investimento nella soluzione di packaging più avanzata al mondo”.
In questo modo, secondo Sutardja, l’ecosistema italiano e il modello europeo ne usciranno rafforzati nel campo del “design, nell’intelligenza artificiale (AI), dei modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM), nei veicoli elettronici (EV) e nell’industria automobilistica, mobile, indossabile, dei consumatori intelligenti, dell’edge computing e delle scienze dei materiali”.
Chi è Silicon Box: tra innovazione e investimenti globali
Nata tre anni fa come start-up a Singapore, la Silicon Box è stata fondata dall’amministratore delegato Byung Moon Han, ex dirigente di Jcet, un colosso cinese del testing e packaging di semiconduttori, e dai coniugi Sehat Sutardja, a capo del consiglio di amministrazione, e Weili Dai, fondatori di Marvell Technology, azienda di elettronica statunitense del valore di 57 miliari di dollari. Tra i finanziatori, troviamo rami di venture capital di United Microelettronics, che si occupa di produrre semiconduttori, e il colosso di elettronica giapponese Tdk.
Il ruolo dell’Italia nel mosaico globale della produzione di chip
L’azienda tecnologica in procinto di investire in Italia ha raccolto 410 milioni di dollari per portare a compimento la produzione di chiplet, chip non più monolitici, ma integrati, molto piccoli e capaci di svolgere funzioni specifiche, direzione presa di recente anche dalle grandi aziende di semiconduttori.
La produzione di chiplet, usati nel campo dell’intelligenza artificiale, che coniuga maggiore potenza del prodotto e basso costo, è stata già avviata a ottobre a Singapore, città che rappresenta un punto di forza, essendo rimasta neutrale nella diatriba commerciale sui semiconduttori tra Stati Uniti e Cina. L’idea, che risale al 2015, permette di costruire più chip, che possono essere assemblati in un sistema più complesso, attraverso un singolo processo di produzione, permettendo anche di combinare insieme chip realizzati con processi diversi.
Nel 2022 diverse aziende tecnologiche hanno aderito alla produzione di chiplet, definendo anche uno standard di produzione, sottoscritto, tra le altre, da Samsung e Intel, ossia lo Universal Chiplet Interconnect Express.
La strategia italiana per attirare gli investimenti in microelettronica
Come dichiarato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Urso, gli investimenti previsti per il settore italiano della microelettronica saranno oltre i 10 miliardi di euro in un anno, con una strategia industriale che mira ad offrire agli investitori stranieri progetti su misura, con incentivi su 200 siti e iter semplificati. Secondo Urso, la situazione italiana presenta alcune problematiche che potrebbero penalizzarla, come il costo dell’energia, che potrebbe essere risolta con il nucleare di nuova generazione. Altro punto da affrontare è quello relativo all’Ilva, che, come sostiene Urso, “può tornare ad essere il principale polo siderurgico europeo, il più avanzato sul piano ambientale, il più sicuro sul piano sanitario. Ne sono pienamente consapevoli i tre player internazionali che hanno già visitato gli impianti. E altri si stanno facendo avanti. È una sfida difficile ma siamo determinati a raggiungere l’obiettivo. Speriamo di affidarla entro l’anno a partner industriali capaci di valorizzare questo patrimonio italiano”.
Per favorire l’approccio innovativo alle aziende italiane che ancora non puntano al settore, sarà operativo entro luglio il portale di Industria 5.0, con 13 miliardi di euro in crediti fiscali, “il primo piano in Europa che coniuga le twin transition, perché incentiva sia l’innovazione digitale sia l’efficientamento energetico con la tecnologia green” (https://www.agenzianova.com/news/urso-dieci-miliardi-di-investimenti-sui-chip/).
Altri investimenti significativi nel settore dei semiconduttori in Italia
La Silicon Box non è la prima azienda che punta all’Italia per l’espansione della sua produzione tecnologica. Ai 3,2 miliardi di euro dell’azienda di Singapore si aggiungono i 5 miliardi che la STMicroelectronics, azienda produttrice di semiconduttori con sedi sparse nel mondo, ha investito a Catania, “il secondo più grande progetto mai approvato dalla Commissione Europea all’interno del pacchetto normativo sul settore” che ha creato 2.000 posti di lavoro qualificati “con un sostegno finanziario di circa 2 miliardi di euro da parte dello Stato italiano nel quadro del Chips Act europeo”, e gli altri investimenti più piccoli di aziende straniere in Italia. Tra questi ultimi, ricordiamo i 50 milioni di euro che l’azienda tedesca Aixtron ha portato a Torino per la produzione di macchinari e di chip di potenza, il centro di design per chip ad alta performance e bassa potenza per l’AI aperto dall’azienda francese SiPearl e l’assegnazione della linea pilota sui materiali ad alta resistenza, realizzata, come voluto dalla Commissione Europea, nella Etna Valley in Sicilia con 360 milioni.
Inoltre, in sede di G7 è stato promosso un Gruppo di Contatto sui chip “per collaborare a 7 sul coordinamento in caso di crisi, la ricerca precompetitiva e la manifattura sostenibile” e, per potenziare l’attenzione sull’innovazione e sul trasferimento tecnologico delle nostre imprese sono stati istituiti la fondazione per i chip a Pavia e la fondazione per l’Intelligenza Artificiale a Torino.
Supporto governativo e incentivi: il ruolo dell’Italia nella strategia europea dei chip
Insomma, l’obiettivo del governo italiano è chiaro: “l’insediamento in Italia di grandi investimenti produttivi per rafforzare il vantaggio competitivo dove esistente (come nell’elettronica di potenza) o acquisirne uno dove ragionevole (come nell’advanced backend)”, così come “irrobustire la ricerca industriale avanzata per restare all’avanguardia in settori chiave o estenderlo ad altri settori promettenti e costruire relazioni con paesi like minded volte a stringere alleanze e avviare progetti congiunti”