Il rilascio di ChatGPT ha avuto un effetto così dirompente che in molti lo hanno paragonato al lancio del primo iPhone nel 2007. Eppure, i chatbot non sono proprio una novità: la rivista economica statunitense Forbes aveva indicato già il 2017 come “l’anno dei chatbot”. Cos’ha, quindi, la creatura di OpenAI di così diverso dalle tecnologie che l’hanno preceduta? E in che modo le aziende potranno sfruttarne il potenziale per migliorare la presenza online del loro brand?
I vantaggi del chatbot marketing
Partiamo da un dato di fatto: di fronte a una competizione sempre più serrata, per le aziende è indispensabile trovare modi, sempre più moderni e sempre più accattivanti, per migliorare sia il rapporto con i clienti sia il coinvolgimento di un pubblico sempre più ampio.
Per questo, e sulla scia delle ultime innovazioni, sempre più brand hanno sviluppato veri e propri piani di chatbot marketing. I vantaggi? Il primo è sicuramente la velocità, e la velocità è il fattore che ha il più grande impatto sul grado di soddisfazione del cliente. Il secondo è la capacità di aumentare il coinvolgimento. Un chatbot può essere disponibile su tutti i canali, dal sito web, fino alle app di messaggistica (WhatsApp) e i social network. È importante però progettare un chatbot attraente, con un nome accattivante e uno script coinvolgente. Le aziende con i chatbot migliori spiccano rispetto a quelle con bot noiosi e poco stimolanti.
C’è poi un aspetto importante per i marketer, i chatbot raccolgono dati e la raccolta e l’elaborazione dei dati è fondamentale per adattare la strategia di marketing chatbot e di marketing in generale per ottenere migliori performance.
Infine, la comunicazione, spesso sottovalutata, poiché i chatbot, per le aziende, sono uno strumento utilissimo per rimanere in contatto con il proprio pubblico di riferimento, condividere informazioni e personalizzare le esperienze sia online che offline.
ChatGPT, perché ora l’intelligenza artificiale ci stupisce e spaventa
Come ChatGPT nessuno mai?
Ma torniamo al nuovo chatbot di OpenAI. In rete si è aperto un ampio dibattito. Per molti nessun chatbot messo finora in commercio si avvicina alle capacità che sta dimostrando ChatGPT, per altri può addirittura rappresentare la prima, vera, grande alternativa a Google e rendere la ricerca web, per come la conosciamo noi, obsoleta.
Stack Overflow, tra i siti più usati dai programmatori, ha mosso più di una critica al progetto, considerando poco attendibili e spesso fuorvianti le risposte generate da chi cerca soluzioni per la scrittura di codice.
“Il problema principale è che le indicazioni prodotte da ChatGpt hanno un alto tasso di errori, anche se in genere sembrano buone” afferma Stack Overflow in un post. Anche Secondo OpenAi, il progetto “può occasionalmente generare informazioni errate e produrre istruzioni dannose o contenuti distorti. Inoltre, ha una conoscenza limitata di quello che è successo dopo il 2021” come riportato dall’ANSA.
AI dal test di Turing a ChatGPT
Di intelligenza artificiale si è cominciato a parlare negli anni 50 del secolo scorso con il test di Turing, uno dei primi tentativi dell’uomo di misurare il grado di intelligenza artificiale di un computer.
Si prosegue poi con gli approfondimenti sulle reti neurali artificiali, poi le prime applicazioni industriali negli anni 80 e oggi l’intelligenza artificiale è ormai al centro delle strategie aziendali e, fattore non trascurabile, delle nostre vite.
L’ultima novità, diventata subito virale, è il chatbot firmato Open AI, l’organizzazione senza scopo di lucro di ricerca sull’intelligenza artificiale con sede a San Francisco fondata nel 2015 da Sam Altman e Elon Musk, che, è bene ricordarlo, oggi non fa più parte del board di OpenAI e ha recentemente preso le distanze dai progetti dell’organizzazione. ChatGPT, questo il nome dell’innovativo bot, in grado di comprendere e rispondere alle domande con un linguaggio naturale e in vari modi riuscendo – anche – a tenere memoria delle conversazioni avvenute col singolo utente.
La naturalezza con cui risponde ChatGPT la fa differenziare (e di molto) dai chatbot presenti oggi sul mercato. Per Federico Fubini, editorialista di economia del Corriere della Sera, l’intelligenza artificiale è ad una svolta e costringerà gli esseri umani a fare un passo avanti per non essere cestinati.
Alcuni dirigenti di società tecnologiche e venture capitalist hanno paragonato il rilascio di ChatGPT al debutto dell’iPhone, il telefonino della Apple, nel 2007. Sam Altman, il trentasettenne CEO di OpenAI, ha dichiarato che in soli cinque giorni lo strumento di ricerca ha superato 1 milione di utenti. Per raggiungere lo stesso risultato, ad esempio, Netflix ha impiegato 3 anni e mezzo ed Instagram oltre due mesi.
La rivista economica statunitense Forbes aveva indicato già il 2017 come “l’anno dei chatbot”, già nel 2016 – un anno prima – Zuckerberg aveva presentato l’arrivo dei chatbot su Facebook e Messanger generando tanta curiosità ed entusiasmo. I progressi però sono stati lenti. La maggior parte dei chatbot con cui le persone interagiscono sono ancora poco evoluti e in grado solo di rispondere a domande semplici.
Una svolta per il content marketing
Per i marketer l’impatto maggiore di ChatGTP sarà senza dubbio nel content marketing, una delle tecniche di marketing con la quale creare dei contenuti, sia testuali che visivi, capaci di convincere un utente, direttamente o indirettamente, a compiere un’azione
Inventare un testo pubblicitario accattivante per centinaia di campagne può essere un lavoro assai difficoltoso. È qui che ChatGTP funziona eccezionalmente bene e potrebbe effettivamente essere utilizzato quotidianamente dai creatori di contenuti.
ChatGTP può anche essere utilizzato per trovare nomi originali ai prodotti. È importante però che gli uffici marketing delle aziende esaminino e modifichino attentamente i contenuti generati dal chatbot per assicurarsi che siano in linea con il tone of voice e, soprattutto, con i valori del brand.
ChatGPT per produrre contenuti di alta qualità in meno tempo
Il copywriting assistito dall’intelligenza artificiale può anche migliorare l’efficienza e l’efficacia della creazione di contenuti, consentendo alle aziende pubblicitarie o agli uffici marketing di produrre contenuti di alta qualità in meno tempo. Da non trascurare anche l’impatto nella comunicazione istituzionale e pubblica. L’esperimento pubblicato da Marco Bardazzi, giornalista e scrittore, esperto di comunicazione digitale, già direttore della comunicazione di ENI e fondatore di Bea – Be a Media Company, di utilizzare ChatGTP come ghostwriter per un discorso pubblico ha dato buoni risultati.
L’intelligenza artificiale si dimostra quindi, anche in questo caso, un potente strumento a servizio del content marketing e del copywriting capace di essere uno straordinario supporto per generare contenuti coinvolgenti e pertinenti in modo rapido in base a input specifici come, ad esempio, gli interessi degli utenti. Questo aiuta le aziende a creare, per i loro brand, contenuti su misura per un determinato pubblico di riferimento o per una specifica area geografica, aumentando così la probabilità di coinvolgimento e con un sapiente mix di strategie di contente e chatbot marketing indirizzare il traffico generato verso il sito web ufficiale, il magazine aziendale o i canali social media.
Conclusioni
Per i marketer delle aziende quindi l’assistenza dell’intelligenza artificiale è uno strumento prezioso per migliorare la presenza online dei brand e il coinvolgimento del pubblico. Nell’immediato ChatGPT non alzerà il livello degli assistenti virtuali presenti nei siti web o nei canali social dei brand, ne pensionerà i classici motori di ricerca, Google in testa, ma il fatto che il suo rilascio (che rimane uno degli eventi tecnologici più significativi) sia diventato virale ed abbia generato curiosità e dibattito, negli Stati Uniti e in Italia, dimostra come il tema non possa non essere trattato in fase di pianificazione di una moderna strategia di marketing.