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Come viene usata ChatGPT nelle aziende



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ChatGPT è da considerare al pari di una realtà non ancora consolidata ma utilizzata in diversi ambiti, non da ultimo nelle aziende. Ha dei pro e dei contro ma è innegabile che, se usata nel modo opportuno, sia foriera di vantaggi. Ne abbiamo parlato con chi ci si affida

Pubblicato il 1 ago 2023

Giuditta Mosca

Giornalista, esperta di tecnologia



ChatGPT
(Immagine: https://unsplash.com/@dkoi)

La storia di ChatGPT è recente, anche se è il frutto di ricerche che si sono susseguite nel corso degli anni. Disponibile a tutti a partire dalla fine del mese di novembre del 2022, dopo avere attraversato una fase ludica che ha richiamato milioni di appassionati, è stata adottata in diversi ambiti causando però polemiche e scatenando la corsa al veto.

Nelle imprese la questione è diversa e, fermo restando che le imprse dedite all’uso di ChatGPT si fanno carico anche delle sue debolezze, l’AI generativa di OpenAI è stata messa subito al lavoro.

Credere che l’introduzione di ChatGPT nei flussi aziendali sia una missione facile è fuorviante, così come è fuori luogo che, da sola, possa sconvolgere il mercato del lavoro. È certamente vero che offre dei vantaggi, dei quali abbiamo parlato.

È interessante verificare come viene usata dalle imprese e quali pregi e difetti porta con sé.

ChatGPT nelle aziende

Occorre un preambolo persino banale: ChatGPT non è un prodotto enterprise e la versione Plus che prevede un pagamento di 20 dollari al mese non fa molto di più rispetto alla versione gratuita, limitandosi a garantire una velocità di esecuzione maggiore e una maggiore libertà di utilizzo anche durante le ore di punta, quando i server sono meno solleciti nel fornire risposte.

Così come è doveroso sottolineare che ChatGPT è solo una delle AI in campo e che viene spesso assunta a pietra di paragone per via della sua popolarità.

Il caso Almawave

Almawave, azienda italiana specializzata nell’integrare sistemi AI nei processi aziendali che fa capo ad Almaviva, ha presentato una piattaforma pensata per il settore dei viaggi che integra algoritmi di ChatGPT, e Google Bard, al fine di semplificare il lavoro degli operatori del turismo, permettendo loro di adeguare l’offerta alle tendenze della domanda.

Introducing Destination AI

La piattaforma, per ora disponibile in versione beta, sarà rilasciata in modalità Software as a Service (SaaS) e, rispondendo a domande specifiche, sarà di aiuto per la pianificazione del marketing e la previsione dei flussi turistici in base alle mete più ambite e alle richieste formulate dai viaggiatori che si informano online prima di decidere quale viaggio intraprendere.

Casavo

La piattaforma Casavo, anch’essa italiana, si situa nel match tra domanda e offerta del mercato immobiliare e fa uso di ChatGPT per creare annunci personalizzati e tagliati sulle esigenze dei clienti, per esempio la necessità di strutture nelle vicinanze dell’immobile (strutture sanitarie, supermercati, scuole, e quant’altro). In questo caso il modello linguistico scelto è GPT-4 ma l’addestramento avverrà esclusivamente sui dati raccolti dalla stessa Casavo.

Stripe

Ci siamo rivolti a Stripe, azienda americana attiva nel comparto dei pagamenti online che con OpenAI ha stretto un sodalizio, la quale ci ha rimandato alle dichiarazioni ufficiali, tra qui, quelle di Eugene Mann, Product Lead for Applied Machine Learning: “Come l’introduzione della posta elettronica, degli smartphone o delle videoconferenze, GPT-4 ha il potenziale per riorganizzare e migliorare radicalmente l’operatività delle aziende. Integrando GPT-4, Stripe offre ai nostri utenti gli strumenti più avanzati, aiutandoli a creare e crescere online”.

Il sodalizio è bidirezionale: da una parte Stripe rende più rapidi i pagamenti dei clienti di OpenAI e grazie a quest’ultima, Stripe aumenta l’esperienza utente dei propri clienti aiutandoli a prevenire frodi, gestendo il servizio clienti, affidando la ricerca della documentazione dedicata agli sviluppatori, proprio a ChatGPT.

Ed è un caso che fa scuola, perché incarna uno dei rischi a cui le AI generative espongono chi le usa, ossia un’esperienza utente piatta, poco stimolante e persino dannosa dal punto di vista commerciale.

Snapchat

Snapchat, popolare app di messaggistica multimediale, ha introdotto My AI, chatbot basato su ChatGPT e attualmente disponibile solo per gli abbonati Snapchat Plus. Permette agli utenti di chiedere suggerimenti che vanno dai consigli per le destinazioni turistiche, a come suonare una chitarra. Si sa che possono essere restituite anche informazioni non esatte e fuorvianti e Snapchat sottolinea l’attenzione per la sicurezza degli iscritti.

“Sono passati due mesi dall’inizio del rollout di My AI alla community globale della piattaforma che conta oltre 750 milioni di snapchatter mensili e agli abbonati a Snapchat+ in Italia. Ad oggi sono oltre 150 milioni le persone che hanno inviato più di 10 miliardi di messaggi a My AI (dati di Snap Inc. all’11 giugno 2023), rendendolo uno dei più grandi chatbot disponibili per i consumatori. Siamo stati ispirati dalle modalità con cui la community ha adottato l’intelligenza artificiale conversazionale: milioni di persone utilizzano My AI per favorire la creatività, coltivare le relazioni con gli amici, per ricevere raccomandazioni reali e per saperne di più su interessi e argomenti preferiti”, ci fanno sapere da Snapchat.

In Italia, nello specifico: “My AI è attualmente disponibile solo per gli abbonati a Snapchat+ e ad ora il chatbot conta circa 100 utilizzatori. La privacy è sempre stata al centro della nostra mission, che si impegna a fornire alla sua community chiarezza su come vengono utilizzati i dati dalla piattaforma e su come l’azienda sviluppa nuove funzionalità, ovvero dando vita a processi privacy by design, dove la protezione dei dati ha un ruolo assolutamente centrale. Prima che My AI possa essere utilizzato, viene mostrato a ciascun snapchatter un messaggio che spiega che tutte le conversazioni con My AI saranno conservate, salvo loro decidano di cancellarle”.

Rispetto alla sicurezza degli utenti, da Snapchat sottolineano che: “Viene presa molto seriamente la responsabilità nel progettare prodotti ed esperienze che diano priorità alla sicurezza e che siano in linea con l’età degli utenti. Dal lancio di My AI, abbiamo imparato molto dalla sua fase iniziale di test con gli abbonati a Snapchat+ e abbiamo sviluppato ulteriori misure di sicurezza per il chatbot, tra cui una programmazione allineata alla guideline di Snap: My AI è stato programmato per rispettare alcune linee guida volte a garantire che le informazioni fornite non siano inappropriate o dannose. Questo include l’obiettivo di evitare risposte violente, denigratorie, sessualmente esplicite o offensive. Con la moderazione OpenAI integrata, stiamo aggiungendo la tecnologia di moderazione di OpenAI al nostro set di strumenti esistenti, che ci consentirà di valutare la gravità dei contenuti potenzialmente dannosi e di limitare temporaneamente l’accesso degli snapchatter a My AI in caso di abuso del servizio. La considerazione dell’età per impostazione predefinita, My AI tiene conto dell’età degli snapchatter quindi mira a mantenere le conversazioni adeguate all’età. Misure di sicurezza a disposizione dei genitori che possono usare il Family Centre per monitorare se i loro figli stanno chattando con My AI e con quale frequenza e infine l’apprendimento continuo di Snap, a differenza delle conversazioni con amici e familiari, che vengono cancellate per impostazione predefinita, le conversazioni con My AI vengono memorizzate e analizzate per aiutarci a migliorare il servizio”.

Tra i prossimi obiettivi: “My AI è stato appena lanciato a livello globale, continua la raccolta di feedback da parte della community. Verranno aggiunte nuove funzionalità nei prossimi mesi, ad esempio, per gli abbonati a Snapchat+, My AI risponderà con snap che generano un’esperienza unica per mantenere la conversazione visiva” concludono da Snapchat.

La filosofia di fondo

Le domande a cui occorre trovare risposta vanno però al di là dell’uso che le diverse realtà aziendali fanno di ChatGPT e si spostano sui cambiamenti che le AI generative e conversazionali stanno apportando alle imprese, quali rischi stanno invece rendendo manifesti e cosa cercano davvero le aziende.

Per approfondire questi argomenti ci siamo avvalsi della collaborazione di Vittorio Di Tomaso, presidente del Gruppo ICT Unione Industriali Torino al quale abbiamo posto delle domande partendo da un precedente assunto in cui veniva specificato che, in Piemonte, ChatGPT è usato da un’azienda su quattro.

Ha definito ChatGPT uno tsunami capace di cambiare il modo di lavorare. In che modo secondo lei ChatGPT e le AI generative possono rafforzare le imprese?

“L’IA sta (finalmente, verrebbe da dire) mostrando tutto il suo potenziale lungo almeno due direttrici: la semplificazione dei processi e la semplificazione delle modalità di interfaccia tra utenti e sistemi complessi.

Questo perché, grazie ai modelli del linguaggio, come quello su cui si basa ChatGPT, l’IA ha iniziato a manifestare una capacità di usare il linguaggio in maniera molto competente. Il linguaggio è, ovviamente, centrale in molte attività umane, in particolare quelle che ruotano attorno alla conoscenza e alla comunicazione. Lo tsunami, visto da un punto di vista delle aziende, sta proprio in questo: nell’immaginare come ripensare molti processi avendo a disposizione un sistema capace di usare il linguaggio. È uno tsunami perché tocca tutte le funzioni aziendali e perché tocca tutte le mansioni delle persone che lavorano nelle nostre aziende. Stiamo assistendo alle prime indicazioni di come cambierà il lavoro di ogni giorno, non tanto grazie a ChatGPT (che, ricordiamolo, è un prodotto consumer, pensato per far usare l’IA a quanto più persone possibile, non è un sistema enterprise), ma grazie ai nuovi assistenti o copilot che via via saranno inseriti nelle applicazioni che usiamo tutti i giorni, da Word alla business intelligence, alle applicazioni più verticali e proprietarie. La vedo in maniera assolutamente propositiva, come la possibilità di semplificare alcune attività, aumentando la produttività che, soprattutto nelle aziende di servizi in Italia non è storicamente altissima, e di reinvestire il tempo risparmiato in attività a maggiore valore aggiunto. E la vedo in maniera propositiva, perché la relativa semplicità di utilizzo di questi sistemi, rende finalmente l’IA utilizzabile anche da aziende medie o piccole, aziende che fino ad oggi, almeno a giudicare dai tassi di adozione, con l’IA hanno avuto poco a che fare”.

Cambiare modo di lavorare non vuole dire per forza di cose migliorare. A cosa occorre fare attenzione, ovvero ChatGPT e le AI generative possono nascondere “insidie”?

“L’insidia principale, all’inizio di un cambiamento, è l’eccesso: eccesso di ottimismo, che porta a pensare che siano possibile immediatamente soluzioni magiche e mutamenti istantanei e l’eccesso di pessimismo, che porta a pensare che dal cambiamento abbiamo soltanto da perdere o a immaginare futuri distopici, al momento ancora lontani. Il modo di lavorare, nelle organizzazioni, non si cambia “da solo”, ma cambia nell’ambito di un processo governato da una strategia verso un obiettivo, portando a bordo tutti gli attori che a quel cambiamento dovranno partecipare. La vera insidia, secondo la mia opinione, è avviare processi disordinati, non governati o peggio ancora dagli obiettivi non chiari e non condivisi da tutti i gruppi interessati.

Naturalmente ci sono insidie specifiche, legate alla tecnologia, soprattutto in questo stadio relativamente immaturo, che vanno dai problemi inerenti alla privacy, a problemi legati al copyright, a problemi legati ai noti fenomeni di pregiudizio e allucinazione che manifestano anche i modelli più evoluti. Per queste insidie, l’unica difesa sono la comprensione e la consapevolezza che devono essere trasferite in chi utilizza quei sistemi in ambito aziendale. Quindi: formazione, upskilling, diffusione delle competenze digitali, ma queste sono cose che diciamo da tempo e l’IA non fa che rafforzarle e renderle più urgenti”.

Qual è la posizione del gruppo aziende ICT Unione Industriali Torino nei confronti di ChatGPT e delle AI generative?

“La transizione verso sistemi aziendali, sia tecnologici che organizzativi, che sfruttano l’IA, non è una transizione facile, e richiederà sia tempo che attenzione, per non incorrere in facili errori per eccesso di entusiasmo o, al contrario, per non perdere l’occasione. È evidente questa transizione è una opportunità per accompagnare i suoi clienti nell’evoluzione tecnologica. Noi stiamo cercando, attraverso momenti di confronto anche con le aziende, e di formazione, di aiutare i nostri associati a cogliere le opportunità e a identificare i rischi. Le analisi della nostra associazione nazionale, Anitec-Assinform, riportano chiaramente come la fascia più innovativa dell’ICT, quella che comprende gli abilitatori della trasformazione digitale, è quella che sta crescendo più rapidamente e ha le traiettorie più positive. La semplificazione dell’accesso a sistemi di IA allarga, di fatto, la platea delle aziende ICT che possono candidarsi ad essere partner dei loro clienti per avviare progettualità innovativa. Per noi questa è una buona notizia, che farà crescere ulteriormente il settore, confermando che l’ICT è un’industria che accelera la crescita degli altri settori industriali. Questa opportunità è particolarmente evidente in Piemonte, una regione che ha una vocazione manifatturiera, ma anche una storica tradizione di innovazione in ambito ICT, ed è per rafforzare sempre più questa alleanza che stiamo lavorando come gruppo ICT”.

C’è la questione della valutazione del rischio così come inteso nell’AI Act del Parlamento europeo

“Oltre a introdurre alcuni divieti, con l’obiettivo di proteggere i diritti fondamentali delle persone, come il divieto al riconoscimento facciale in tempo reale o il divieto di riconoscimento delle emozioni (nei luoghi di lavoro, scuole, gestione dei confini, polizia), l’AI Act definisce un modello di valutazione del rischio per le applicazioni di IA, che costringerà tutti a essere più consapevoli, sia chi produce che chi usa questi sistemi, avendo la trasparenza, la privacy e l’accountability come principi irrinunciabili.

A questo risultato, che andrà poi dettagliato nella sua effettiva attuazione, siamo arrivati con un processo lungo in cui sono stati interpellati tutti gli stakeholder, inclusa Confindustria, in larga misura coerente con le nostre istituzioni democratiche. A me sembra un buon risultato, ambizioso, perché regolamentare la tecnologia innovativa non è mai facile, ma anche concreto, certamente più concreto delle lettere aperte o degli inviti a trattare l’IA “come la bomba atomica”, che hanno fatto tanto scalpore negli ultimi mesi”.

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