Il mercato della Connected TV è ancora in fase embrionale, ma rappresenta un’enorme opportunità per tutti gli attori. Pur essendo in una fase inziale, con il giusto livello di innovazione, collaborazione e formazione del settore, si può davvero dare vita a un mercato sostenibile e capace di traghettare anche l’advertising digitale in una nuova era.
Il marketing nell’era digitale: così i dati hanno rivoluzionato la pubblicità
Cos’è la Connected TV
Con il termine Connected TV si indica il servizio di video streaming offerto attraverso televisori con tecnologia digitale in grado di connettersi a Internet tramite un’interfaccia di rete. Il collegamento può avvenire con Smart TV ma anche mediante altri dispositivi come consolle, decoder o chiavette usb.
Accanto alla cosiddetta TV lineare si sono affiancate nuove modalità di fruizione dei contenuti – on demand o live streaming – che hanno attivato nuovi modelli di business, differenziandosi tra SVOD, AVOD e TVOD. Il primo prevede la sottoscrizione di un abbonamento per accedere a una libreria di contenuti tra cui scegliere; il secondo si riferisce alle piattaforme gratuite dove la visione dei contenuti viene finanziata ed erogata grazie alla pubblicità e il terzo si basa sul concetto di pay per view, ossia l’acquisto dei singoli contenuti.
Il meglio dei due mondi (TV e internet) apre nuovi scenari di mercato per l’ADV
Che valore assume la pubblicità in questo contesto che prevede una fusione tra due mondi – TV e online – che fino a qualche anno fa erano separati? Prima di tutto la possibilità di profilare l’utente TV. Oggi chi investe in TV è come se lanciasse una rete a maglie larghe nel mare popolato dagli spettatori. Ottima per il branding, e per l’awareness di un marchio, ma meno efficace se si parla di performance marketing: ovvero quando si vuole che uno specifico target compia una determinata azione.
Si pensi per esempio alle campagne pubblicitarie che hanno bisogno di intercettare solo l’audience di un certo territorio: tramite la geolocalizzazione delle CTV è possibile erogare la campagna solo agli utenti residenti in una certa area geografica, ottimizzando l’investimento pubblicitario. La TV se da un lato mantiene la sua centralità di “focolare” della casa e la sua funzione aggregante del nucleo famigliare, quando è connessa ad internet aggiunge la possibilità di differenziare la pubblicità in base agli interessi del singolo spettatore. Mentre si guarda una puntata di Montalbano, sulla TV connessa, ma anche sui diversi device digitali dei membri della famiglia, si possono trasmettere spot personalizzati oltre che attinenti al contenuto del programma visualizzato in quel momento: dall’automobile per il padre, all’ultimo modello di felpa per la figlia. I dati di profilazione degli spettatori sono principalmente a disposizione dei Broadcasters e dei produttori delle smart TV e sarà proprio la loro disponibilità, che crescerà di pari passo con la penetrazione delle TV Connesse, a rappresentare il principale fattore abilitante per lo sviluppo della cosiddetta addressable TV.
E permetterà agli investitori di realizzare campagne sempre più mirate anche grazie alla possibilità di integrare e incrociare i propri dati di profilazione dei brand con quelli dei broadcaster.
Quale futuro per la pubblicità in un mercato ancora da definire?
La CTV è un mercato ancora in una fase embrionale. Tutte le ricerche, in Italia come nel mondo, ritengono che il modello di business basato solamente sull’abbonamento prima o poi arriverà a saturazione e che il pubblico accetterà sempre di più di essere esposto alla pubblicità se questo consentirà di accedere a più contenuti o risparmiare sull’abbonamento.
Altro tema prioritario sarà quello dell’armonizzazione dei sistemi di misurazione dell’ADV, poiché TV e internet adottano logiche e metriche di valutazione differenti. La TV ha ancora come criterio di transazione il GRP e si basa sul volume degli ascolti nel minuto medio, mentre nella pubblicità digitale si misurano le impressions. Non è ancora chiaro quale approccio prevarrà e come misurare il valore di una campagna ADV su CTV. Gli attori del settore si stanno concentrando su questo aspetto proprio perché i brand considerano la pubblicità sulla TV connessa particolarmente pregiata – in grado di coniugare i livelli di attenzione e coinvolgimento tipici del grande schermo con le potenzialità di targeting di internet – e pertanto vogliono essere certi del proprio ritorno di investimento. Sicuramente servono delle sperimentazioni prima di definire degli standard condivisi da tutto il mercato. Come associazione abbiamo lanciato un tavolo di lavoro per aiutare le aziende a capire questo nuovo mondo, partendo dalla nomenclatura e dai perimetri oltre che dalla quantificazione dei trend di crescita di questo mercato. Ci siamo inoltre focalizzati sulla identificazione delle metriche di misurazione attuali e di tutti i ruoli e gli attori della filiera, accettando il fatto che questa prima fase sia transitoria e non esaustiva. L’ultima sezione riguarda i consigli da dare alle aziende investitrici su come approcciare al meglio la CTV.
Gli italiani sempre più video addicted
Il fenomeno della CTV è direttamente collegato alla disponibilità della banda larga. Partiamo quindi dalla crescita delle TV connesse nel nostro paese: oggi parliamo di oltre 10 milioni di dispositivi nelle case degli italiani ma grazie al nuovo piano di digitalizzazione e al processo che comporterà l’adeguamento del parco apparati al nuovo standard di trasmissione DVB-T2, si stima che tale penetrazione possa incrementare dell’80% arrivando a circa 18 milioni di TV connesse nel 2022/2023.
Insieme alla diffusione delle TV connesse, aumentano anche gli operatori e broadcaster in grado di offrire ogni giorno contenuti fruibili in questa modalità. Seppur con livelli di penetrazione ancora contenuti rispetto agli altri paesi europei, anche in Italia il fenomeno comincia ad essere rilevante. Secondo una ricerca di Sensemakers il 2020 ha registrato crescite importanti nel consumo di video online rispetto all’anno precedente soprattutto in corrispondenza delle due fasi di lockdown (marzo-aprile e ottobre-dicembre 2020). Anche il 2021 si è aperto con un trend in linea con i mesi precedenti: analizzando l’universo degli individui che visualizzano video digitali almeno 2-3 volte a settimana, emerge che l’80% guarda abitualmente i contenuti offerti dagli SVOD (+7 punti percentuali rispetto alla rilevazione di giugno 2020) mentre ammonta al 64% (+ 5 punti percentuali rispetto alla rilevazione di giugno 2020) la percentuale degli utenti abituali dei contenuti AVOD. Nei sette mesi trascorsi tra la prima e la seconda rilevazione è aumentata anche la frequenza di visualizzazione con il 39% dei cosiddetti heavy user che guarda i video digitali più volte al giorno e il 25% che lo fa almeno una volta al giorno.
Scenari futuri
Secondo IAB la CTV sarà il mezzo del futuro e avrà sicuramente forte sviluppo nei prossimi anni. L’approccio più corretto ora è di non essere “over promising”, proprio perché in una fase iniziale è meglio essere più oculati nei proclami. Questo però non si deve tradurre in una eccessiva prudenza: suggeriamo agli investitori di buttare il cuore oltre l’ostacolo e sperimentare questo nuovo mezzo perché in futuro farà la differenza. Se guardiamo già oggi gli investimenti in ADV digitali il formato video ha la prevalenza, per la sua capacità di attrazione e uno storytelling molto coinvolgente. In futuro video sarà ancora più preponderante, indipendentemente dal fatto che venga fruito a casa o in mobilità anche grazie allo sviluppo capillare del 5G. Il contesto generale evidenzia chiaramente come la domanda di fruizione dei contenuti video – su dispositivi mobili e TV connessa – è qui per rimanere. I contenuti short-form, che tendono ad essere consumati di più sul mobile, che quelli long-form, maggiormente fruiti attraverso la TV connessa, saranno sempre più complementari integrandosi senza soluzione di continuità per una esperienza utente più fluida.