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Copyright negato all’IA, ma la sentenza Usa non chiude la questione



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La District Court del Distretto della Columbia ha respinto la richiesta volta ad ottenere l’ordine di registrazione del copyright sull’opera figurativa dal titolo “A Recent Entrance to Paradise”, frutto dell’IA, già rigettata per due volte sul piano amministrativo dal Copyright Office statunitense. Ma davvero possiamo considerare chiusa la vicenda?

Pubblicato il 29 ago 2023

Luciano Daffarra

C-Lex Studio Legale



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La vicenda che da lungo tempo vede opposti il proprietario della Creativity Machine”, l’ing. Stephen Thaler, e l’Ufficio del Copyright statunitense (U.S.C.O.), in merito alla registrazione come opera tutelata di un elaborato frutto dell’uso dell’intelligenza artificiale, ha avuto una prima risposta sul piano giudiziario con la pubblicazione della decisione della District Court del Distretto della Columbia, avvenuta il 18 agosto 2023.

Copyright, la legge Usa parla chiaro

Il giudice, nelle 15 pagine della sua sentenza, ha respinto la richiesta volta ad ottenere l’ordine di registrazione del copyright sull’opera figurativa dal titolo “A Recent Entrance to Paradise” – già rigettata per due volte sul piano amministrativo dal Copyright Office statunitense – in quanto la creazione di opere dell’ingegno per potere godere della protezione del diritto d’autore devono essere frutto, almeno in parte, dell’ingegno umano.

La questione, seppure essa presenti alcuni passaggi giuridicamente complicati dall’esistenza negli U.S.A. del c.d. diritto d’autore sui “work made for hire”, cioè sulle opere realizzate sulla base di un accordo di fornitura, in base ai quali il committente assume la titolarità del prodotto in vece dell’autore, è stata risolta da parte del giudice Beryl A. Howell con un ragionamento di una chiarezza palmare: le leggi in vigore nel paese, in modo particolare il Copyright Act del 1976, al pari di tutte le norme precedenti e della loro interpretazione giurisprudenziale, a cominciare dal Copyright Act del 1909, richiedono che l’autore dell’opera al fine del riconoscimento giuridico dei diritti, debba impersonarsi in un essere umano.

La registrazione di un’opera all’U.S.C.O., precisa la sentenza, non è condizione dell’esistenza di un’opera tutelata: purtuttavia, per agire in giudizio ai fini dell’enforcement dei diritti sulla creazione stessa, è necessario ottenere la sua registrazione, circostanza questa che dipende dagli elementi sottoposti dall’aspirante autore all’ufficio competente, il quale può accogliere o respingere la richiesta.

Le implicazioni della sentenza

Nel caso di specie, la reiezione delle domande formulate da Stephen Thaler, il quale ha sempre dichiarato che l’opera figurativa “A Recent Entrance to Paradise” fosse stata interamente realizzata dalla sua “Creativity Machine”, risulta pienamente giustificata secondo il tribunale e l’istanza per un “summary judgement”[1] ad esso rivolta dal Thaler è stata quindi respinta. Le implicazioni di questa sentenza, ferme restando le possibilità di impugnazione cui ha diritto la parte soccombente, non si limitano a produrre effetti nel territorio degli Stati Uniti, in quanto – seppure il giudice non ne abbia fatto esplicito riferimento – anche i trattati internazionali vigenti già oggetto di esame nel brano di cui alla nota n. 1 in calce – richiedono che un’opera creativa sia riconducibile a un autore, il quale deve essere connotato dal cervello umano.

Copyright e IA, una questione tutt’altro che chiusa

Possiamo, alla stregua delle considerazioni che precedono, considerare la vicenda chiusa ed escludere che il prodotto dell’attività svolta per il tramite degli algoritmi di intelligenza artificiale rimanga a lungo fuori di un ambito di tutela giuridica?

A giudizio di chi scrive tale ipotesi non è realistica e si può arguire che nel prossimo futuro sarà necessario intervenire per conferire agli elaborati frutto dell’IA una seppure limitata protezione giuridica, ad esempio a titolo di diritto connesso.

Se approfondiamo l’esame della materia ci rendiamo conto che il punto nodale di questa vicenda pare legato ai diversi modelli in cui si sviluppano e si manifestano i risultati dell’impiego degli apparati di intelligenza artificiale: vanno, cioè, valutati gli impeghi cui l’intelligenza artificiale viene destinata e la fonte dei dati su cui essa si esercita.

In maniera esplicita, secondo quanto stabilito nel testo della proposta[2] di “Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale (legge sull’intelligenza artificiale) e modifica alcuni atti legislativi dell’Unione” si rende necessario effettuare dei test preventivi e sistematici prima di autorizzare l’impiego sul mercato degli apparati che adottano algoritmi di IA, in maniera da garantire la trasparenza e l’affidabilità di tali sistemi, evitando la realizzazione di prodotti che siano frutto di violazioni dei diritti altrui[3]. La preoccupazione non riguarda solamente la possibilità astratta di conferire in futuro tutela a opere che vengano realizzate per il tramite di algoritmi basati – ad esempio – sull’appropriazione di contenuti altrui, ipotesi che risulterebbe di danno per l’intera filiera dei titolari dei diritti, ma comprende un numero sempre più ampio di casi di violazioni dei diritti altrui, anche i c.d. “diritti personalissimi”.

IA e tutela dei consumatori

La questione va quindi a toccare l’intero comparto dei consumatori, i quali – attraverso un ente esponenziale situato a Bruxelles – si sono di recente rivolti al Presidente Joseph R. Biden chiedendo il suo autorevole intervento per evitare che l’impiego dell’IA sfoci in un danno irreparabile per gli utenti, ove non vengano adeguatamente adottati strumenti atti a garantire trasparenza e affidabilità a tali macchine[4].

Su questo punto risulta importante evidenziare che oltreoceano vigono da tempo regole che vengono applicate dalla FTC (Federal Trade Commission) nella sua Divisione per la Protezione della Privacy e dell’Identità Personale, le quali stabiliscono limitazioni al c.d. “algorithmic disgorgement” (rilascio dell’algoritmo), in quanto i sistemi di intelligenza artificiale si fondano su modelli che vengono addestrati raccogliendo moltissimi dati dei consumatori e lo sfruttamento degli stessi deve essere previamente consentito.

Le violazioni alle regole imposte dalla FTC[5] sono sanzionate in base a ordini di ingiunzione permanente che sono stati di sovente applicati anche nei confronti di imprese che hanno trattato, attraverso gli algoritmi di IA di cui sono proprietari, i dati personali di minori per i quali non vi era stato il consenso scritto dei genitori[6].

La più efficace e severa sanzione sancita dalle norme incluse nel FTC Act è data dall’ordine impartito alle imprese che le violino, di cancellare gli algoritmi che siano stati da essi sviluppati sulla base dei dati raccolti abusivamente, tanto che la ripetuta inflizione di tale sanzione ha sollevato la reazione veemente di parte dell’industria delle nuove tecnologie, la quale considera l’adozione di questo strumento come un fatto deleterio per la crescita del settore dell’intelligenza artificiale.

Proprio per evitare, da un lato, l’utilizzazione sregolata e priva dei necessari consensi, di dati, informazioni e contenuti e, dall’altro, la disincentivazione dei fornitori di servizi a generare nuovi strumenti di supporto all’attività umana, pare giunto il momento di cercare e di trovare un assetto normativo che contenga principi chiari e di agevole applicazione, atti a bilanciare gli interessi confliggenti delle imprese del settore dell’IA, dei titolari dei contenuti e quelli degli stessi consumatori.

Le basi normative sono già state in parte indicate dagli Attorney General di molti degli Stati americani alla NTIA (National Telecommunications and Information Administration)[7] la quale aveva aperto una consultazione circa gli standard da applicare agli apparati di intelligenza artificiale prima della loro messa a disposizione pubblica, per cui una collaborazione transatlantica sulla materia potrebbe condurre a soluzioni legislative comuni almeno avuto riguardo al mondo occidentale.


Note

[1] Nell’ordinamento giuridico statunitense il “summary judgment” può essere brevemente come una decisione emessa da un tribunale a favore di una parte contro l’altra in modo sommario, cioè senza lo svolgimento di un processo articolato in tutte le sue fasi. Nella normalità dei casi il giudizio sommario viene emesso quando “la rivendicazione, la difesa o la questione oggetto di causa non hanno reali prospettive di successo e non c’è nessun altro motivo convincente per cui la causa o la questione debbano essere risolte in un tribunale

[2] Questo il testo con gli emendamenti votati il 14 giugno 2023: https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2023-0236_IT.pdf

[3] Per alcuni casi aventi ad oggetto la violazione dei diritti d’autore, si veda: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/le-opere-creative-dellia-gli-esiti-del-confronto-fra-copyright-e-diritto-dautore/

[4] Qui si trova copia della lettera inviata al presidente Biden il 20 giugno 2023 dal Trans Atlantic Consumer Dialogue (TACD): https://democraticmedia.org/publishings/transatlantic-consumer-dialogue-calling-on-white-house-and-administration-to-take-immediate-action-on-generative-ai

[5] Le sanzioni sono contemplate dal Federal Trade Commission Act Section 13(b), 16(a)(1) e 19 della legge 15 U.S.C. §§ 41-58 che include la tutela della concorrenza e quella dei consumatori. La procedura da seguire è qui stabilita: . https://www.ftc.gov/sites/default/files/documents/statutes/federal-trade-commission-act/ftc_act_incorporatingus_safe_web_act.pdf

[6] Un esempio di tali provvedimenti sanzionatori per violazione della privacy è raggiungibile a questo URL: https://www.ftc.gov/system/files/ftc_gov/pdf/wwkurbostipulatedorder.pdf

[7] Qui si trova copia della lettera inviata alla NTIA: https://oag.ca.gov/system/files/attachments/press-docs/NTIA%20AI%20Comment.pdf

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