Il passaggio all’auto elettrica, come tutti i grandi cambiamenti rimette in discussione i nostri modelli di vita e impatta sulla competizione fra imprese e sugli assetti geopolitici.
L’obiettivo che cercherò allora di perseguire in questa analisi è quello di evidenziare, anche se in modo doverosamente sintetico, gli stravolgimenti che il passaggio all’auto elettrica – nei pochi anni dall’inizio del suo reale decollo – sta provocando: destinati presumibilmente alcuni a ricomporsi dopo lo scossone iniziale, destinati altri viceversa a proseguire il loro corso e ad aprire la strada a scenari completamente diversi.
Non farò previsioni, perché i fattori che potranno spingere verso talune direzioni piuttosto che altre sono molti e potenzialmente di grande rilevanza:
- sono in continua evoluzione le tecnologie, con un aumento sensibile degli investimenti in R&D;
- è in piena attività il lobbying delle grandi imprese automobilistiche europee e statunitensi, volto a rallentare i tempi della transizione spostando in avanti l’ultimo anno – ora il 2035 nella UE, nel Regno Unito, in California e in altri Stati US – in cui potranno essere poste in vendita auto con i tradizionali motori a combustione interna;
- il tema dei tempi della transizione, non solo per l’auto ma per molti altri settori a partire da quello della casa, sta acquistando in diversi Paesi una crescente rilevanza anche a livello politico-elettorale: per le potenziali ricadute occupazionali e per l’impatto sui bilanci delle famiglie;
- la frammentazione in atto nell’economia mondiale spinge verso misure protezionistiche – aiuti riservati alle imprese operanti sui propri territori (come nell’IRA varata da Biden nel 2022) e barriere all’import – con effetti spesso non previsti in un mondo tuttora fortemente interrelato.
Auto elettrica: rivoluzione in corso
Il passaggio per ragioni ambientali dai motori a combustione interna (ICE = internal combustion engines) ai veicoli interamente elettrici (EV = electric vehicles) o ibridi a ricarica elettrica (PHEV = plug-in hybrid electric vehicles), insieme con il recente rilancio di quelli interamente ibridi (HEV = hybrid electric vehicles), rappresenta sicuramente un grande cambiamento per l’industria automobilistica e per tutta la porzione dell’economia che vive intorno a essa.
Rimette in gioco – modificando profondamente le filiere a monte e a valle – il peso che i diversi Paesi potranno avere nel futuro prossimo o (forse anche) meno prossimo. E rimette in discussione l’organizzazione della mobilità nei grandi aggregati urbani, dove potrebbero essere le e-bikes – che costano molto meno, circolano più facilmente e hanno problemi molto minori sia per il parcheggio sia per la ricarica – a prendere almeno in parte il ruolo che nell’ultimo secolo hanno avuto le auto tradizionali (“Electric cars are not the future” il titolo provocatorio di un recentissimo articolo del Financial Times che sosteneva questa tesi).
Fig. 1 – Distribuzione percentuale per tipologia delle vendite di nuove auto nell’UE nel 2023 (dati Acea) – Le auto tradizionali a combustione interna, benzina e diesel, pesano ora un po’ meno della metà del totale; le auto elettriche, pure (BEV) e plug-in (PHEV), insieme pesano meno di un quarto (BEV però hanno superato le diesel); le ibride pure (HEV) sono al secondo posto, con un peso superiore a un quarto del totale.
La Cina in pole position nel mercato delle auto elettriche
Sono ammontate a 9,49 milioni le auto elettriche vendute in Cina nel 2023 (+38% rispetto al 2022), pari al 31% delle vendite complessive di auto: 6,69 milioni (+25%) le BEV, ovvero quelle alimentate solo a batteria (pure battery-powered), 2,80 milioni (+85%) le PHEV, ovvero le ibride con possibilità di ricarica della batteria.
Fig. 2 La crescita della Cina come primo Paese produttore di auto al mondo e recentemente come primo Paese esportatore, nonché il peso crescente dei veicoli elettrici (BEV e PHEV) su produzione ed export
I motivi alla base del primato della Cina
Da cosa deriva la forza della Cina in questo ambito, forza che sta destando notevoli preoccupazioni in primo luogo nell’UE – fortemente impegnata nel portare avanti la transizione energetico-ambientale ma conscia dei danni che potrebbe subire la sua filiera automobilistica (che secondo le stime della Commissione dà lavoro direttamente o indirettamente a 13,8 milioni di persone e ha tuttora 2,6 milioni di occupati nel direct manufacturing dei tradizionali veicoli con motori a combustione interna) – ma anche in altre aree del mondo (dall’India che ha praticamente chiuso le frontiere all’ingresso dei veicoli elettrici cinesi agli Stati Uniti che si proteggono con una tariffa doganale pari a quasi il triplo di quella europea)?
Le potenzialità di penetrazione delle imprese cinesi – quali BYD che nell’ultimo trimestre 2023 ha superato per la prima volta Tesla come numero di auto vendute a livello mondiale – deriva in parte dai consistenti aiuti pubblici (sia alle imprese produttrici sia agli acquirenti di auto elettriche) da anni garantiti al settore.
Ma deriva allo stesso tempo, e forse ancor più, alla lucida attenzione dedicata dalla Cina alla filiera a monte, in vista della rilevanza che essa avrebbe assunto con la lotta al riscaldamento globale:
- al controllo sulla disponibilità dei minerali più critici, con la sua forte componente geopolitica;
- alla promozione dello sviluppo delle imprese operanti nella raffinazione di tali minerali;
- alla promozione della crescita di imprese (quali in primo luogo CATL) in grado di mettere a punto e produrre batterie – componenti come noto essenziali dei veicoli elettrici – di qualità top a livello mondiale.
The Economist, nel suo articolo anch’esso recente “Western firms are quaking as China’s electric-car industry speeds up – Expertise in batteries and a vast domestic market give Chinese firms an edge”, aggiunge un altro punto importante: le imprese cinesi, che a partire da BYD si stanno allargando (come le giapponesi mezzo secolo fa) verso fasce più alte del mercato, non sono competitive solo sui prezzi ma anche – soprattutto relativamente ai gusti delle generazioni più giovani – sulle caratteristiche dei prodotti che offrono e sulla frequenza con cui ne mettono sul mercato di nuovi. Sulla spinta delle preferenze dei giovani cinesi, esse sono ad esempio molto attente all’infotainment; e come imprese giovani tendono a modificare la loro offerta con una frequenza più vicina a quella delle imprese che producono smartphone (con cui c’è addirittura coincidenza nei casi di Xiaomi e Huawei) che non di quelle storicamente presenti nell’auto, più attente ad ammortizzare completamente i loro investimenti.
Tab. 1 (fonte Google)
Vendita di veicoli elettrici: la posizione dell’Unione europea
Rispetto al 31% della Cina, la quota (Fig. 1) delle auto elettriche vendute nella UE – 2,35 milioni circa in termini assoluti – è stata pari nel 2023 al 22,3% del totale di 10,548 milioni: il 14,6% dovuto alle BEV, oltre 1,5 milioni (+37% rispetto al 2022), e il 7,7% alle PHEV, 800mila circa (in calo invece del 7% rispetto al 2022).
È interessante notare come l’impatto della crisi dell’economia tedesca, venuto in luce soprattutto a fine anno, si sia manifestato con particolare veemenza nelle PHEV, con un calo delle vendite in Germania del 74,4% rispetto a dicembre 2022: responsabile, dato il peso della Germania, del calo complessivo del 7% su base annua. Anche se il calo è probabilmente almeno in parte da attribuirsi a un trasferimento della domanda dalle PHEV alle HEV, che si è tradotto in un aumento delle vendite di dicembre in Germania del 38% delle auto ibride pure e che – essendosi manifestato anche in altri Paesi – ha portato a una crescita su base annua delle ibride pure del 26%, contribuendo (si veda la Fig. 2) al mantenimento al secondo posto della penetrazione delle ibride, alle spalle delle auto a benzina ma davanti alle elettriche.
Vendite Ue e cinesi a confronto
Se si confronta infine il divario fra le vendite in termini assoluti di auto elettriche in Cina e nell’UE con i divari nella popolazione e nel PIL si può vedere che i cinesi:
- stanno comprando più auto elettriche rispetto alla popolazione, essendo pari a circa 4 volte il rapporto nel numero di auto vendute e solamente a poco più di 3 volte quello nel numero di abitanti;
- ma soprattutto stanno comprando molte più auto rispetto al PIL, sostanzialmente allineato a quello UE su un livello prossimo ai 18 trilioni di $ (anche se i prezzi molto più bassi delle auto vendute in Cina compensano in parte questo divario).
Il ripensamento degli Usa e la possibile decelerazione nelle vendite di EV
Se il confronto fra il divario nelle vendite e quello fra popolazione e PIL si estende anche agli US, si vede che – con un livello di vendite di auto elettriche pari nel 2023 a 1,4 milioni, di cui 1,1 puramente a batteria – essi si collocano sempre in terza posizione, perchè:
- il rapporto fra auto elettriche vendute in Cina e ngli US è pari a 6,8 circa e quello fra abitanti a 4,2; il PIL statunitense, ai tassi di cambio correnti, supera di oltre il 40% quello cinese;
- il rapporto fra auto vendute nell’UE e negli US è pari a 1,7 circa e quello fra abitanti – 445 e 336 milioni – a poco più di 1,3; il PIL statunitense, come nel caso della Cina, supera del 40% circa quello UE.
Passando dai numeri ad alcune considerazioni, cito quanto recentemente detto in relazione agli US da Bloomberg Green, in un pezzo dal titolo emblematico “The great EV rethink”: “Il futuro completamente elettrico che appariva appena dietro l’angolo per le cause automobilistiche appena un anno fa, sembra non apparire ora più tale”.
Le ragioni (il mio è un rIassunto e non una traduzione) sono diverse. I potenziali acquirenti di auto elettriche sembrano avere ripensamenti, con una crescita delle vendite nel 2024 prevista del solo 11%, a fronte del +47% del 2023 e del +60% del 2022. Le scorte di auto elettriche presso i concessionari si sono raddoppiate, portandosi al livello record di 114 giorni a inizio dicembre.
La guerra dei prezzi scatenata da Tesla per mantenere gli obiettivi di crescita numerica promessi al mercato e non subire tagli eccessivi della propria quota di mercato, con le sue ovvie conseguenze sulla profittabilità, e la modesta crescita annunciata per quest’anno da Elon Musk, hanno avuto un pesante impatto sul valore di Borsa (ora dimezzato rispetto agli 1,2 trilioni di $ toccati a inizio novembre 2021).
Ford e GM hanno rivisto al ribasso i piani di produzione dei veicoli elettrici per il 2024. Hertz – penalizzata nel suo stato patrimoniale dal calo dei prezzi dell’usato indotto dalla riduzione dei prezzi del nuovo e timorosa di ulteriori cali – ha deciso di invertire la strategia di progressiva elettrificazione della propria flotta, con la vendita di un terzo (20mila) delle sue auto elettriche e l’utilizzo del ricavato per l’acquisto di veicoli tradizionali. E i veicoli tradizionali a dispetto delle attese tengono, con un (inatteso) ritorno di interesse, come nella UE, per le auto ibride: che hanno il vantaggio di costare di meno (sia in acquisto sia nelle manutenzioni e riparazioni) e di non richiedere il ricorso a un sistema di punti di alimentazione che richiede ancora molti ampliamenti e che potrebbe risentire nel futuro dei problemi di sovraccarico delle linee elettriche. E non si può escludere che una qualche esitazione da parte degli acquirenti sia legata agli esiti delle elezioni presidenziali statunitensi: alla possibilità in particolare, nel caso di una vittoria di Trump, che (in linea con quanto accaduto nel primo mandato) vengano allentati i vincoli ambientali.
Fig. 3 e 4 (fonte Google)
Elettriche o ibride? La battaglia tra Tesla e Toyota
Voglio chiudere questo articolo, prendendo anche spunto da un articolo di The Wall Street Journal di circa due mesi fa “Tesla vs. Toyota Is the New Hot Battle in Cars – Elon Musk’s all-electric ambition faces renewed embrace of hybrids”, su uno scontro che potrebbe essere affascinante per chi come me è un appassionato di strategia.
È uno scontro fra due concetti di automobile e fra due tecnologie altamente innovative nel momento della loro nascita e del loro sviluppo, uno scontro fra una impresa giovane come Tesla e una nata nei secondi anni ’30 ma giunta ai vertici mondiali quasi mezzo secolo dopo innovando completamente l’organizzazione interna e la gestione della filiera.
È uno scontro fra due personaggi molto diversi come stlle ma ambedue pronti a giocarsi la carriera per mandare avanti le proprie idee.
Uno scontro sul mercato e/o sulle tavole ove si fanno gli accordi internazionali, che sicuramente vedrà il governo e le imprese cinesi come grandi coprotagonisti. Una scontro che coinvolgerà ambientalisti e petrolieri.