La scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi (e soprattutto per il pagamento delle imposte) si avvicina, e i possessori di criptovalute, NFT e altre cripto-attività si trovano a dover affrontare gli obblighi di dichiarazione e di tassazione relativi a questi asset.
Nel nostro precedente contributo abbiamo esaminato i modelli di dichiarazione, le regole in materia di monitoraggio fiscale e la disciplina delle plusvalenze e delle minusvalenze. In questo contributo esamineremo alcune delle questioni più frequenti nell’ambito della fiscalità del mondo crypto.
Valutazione delle cripto-attività al termine del periodo d’imposta
Molto spesso ci si pone il problema di valorizzare, nel quadro RW, le cripto-attività detenute al termine del periodo d’imposta (31 dicembre).
Al riguardo l’Agenzia delle Entrate, nella Circolare 30/E del 2023, afferma che “il controvalore in euro della cripto-valuta detenuta al 31 dicembre del periodo di riferimento deve essere determinato al cambio indicato a tale data sul sito dove il contribuente ha acquistato la cripto-valuta e che negli anni successivi, il contribuente dovrà indicare il controvalore detenuto alla fine di ciascun anno o alla data di vendita nel caso di cripto-valute vendute in corso d’anno”.
Inoltre, nel caso in cui il contribuente abbia acquistato o venduto criptovalute direttamente da altri utenti, senza l’intervento di un exchange (in maniera peer-to-peer, in sostanza), in mancanza di adeguata documentazione, può utilizzare il cambio alla fine di ciascun anno o alla data di vendita sulla piattaforma online dove effettua la maggior parte delle operazioni.
Nella prassi operativa, è spesso ritenuto accettabile anche avvalersi di fonti terze, come ad esempio piattaforme quali CoinMarketCap, CoinGecko e così via. Alla luce di quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate e sopra riportato, si ritiene comunque preferibile basarsi sui dati evincibili dall’exchange di riferimento, ove possibile.
Permuta di criptoasset ed emersione delle plusvalenze
Ai sensi della disciplina introdotta con la legge di bilancio per il 2023, anche la permuta di cripto-attività può dar luogo all’emersione di plusvalenze e minusvalenze fiscalmente rilevanti, ma solo se la permuta avviene tra criptoasset con caratteristiche e funzioni diverse.
In particolare, ai sensi della lettera c-sexies) dell’articolo 67 del TUIR «non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni».
L’Agenzia delle Entrate, quindi, afferma espressamente che non costituisce fattispecie realizzativa lo scambio di una cripto-valuta con un’altra (ad esempio l’acquisto di ether con bitcoin) e nemmeno, in via generale, lo scambio di un NFT con un altro NFT (anche se, al di là dell’esempio proposto dall’Agenzia delle Entrate, si ritiene che lo scambio tra NFT debba essere esaminato con riferimento alla fattispecie concreta, perché potrebbero ben esserci caratteristiche e funzioni dissimili). Sempre l’Agenzia delle Entrate afferma che costituisce, invece, una fattispecie fiscalmente rilevante come permuta, ad esempio, l’acquisto di un NFT con una cripto-valuta.
Gli scambi tra criptoasset aventi uguali caratteristiche e funzioni non sono quindi fiscalmente rilevanti, e pertanto non emergeranno plusvalenze e minusvalenze ai fini fiscali; in questo caso, il valore di acquisto da attribuire alla cripto-attività acquisita per effetto dello scambio corrisponde al valore di carico in euro della cripto-attività ceduta in permuta, e l’emersione di plusvalenze/minusvalenze fiscalmente rilevanti è “rinviata” al momento della cessione della cripto-attività acquisita (o della sua ulteriore permuta con un criptoasset con caratteristiche e funzioni diverse).
Permuta tra criptovalute e stablecoin
Uno degli argomenti sicuramente più dibattuti è se la permuta tra criptovalute come Bitcoin ed Ethereum e stablecoin come USDT e USDC costituisca una permuta fiscalmente rilevante o meno, ovverosia se vi siano o meno le “eguali caratteristiche e funzioni” di cui al punto precedente.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, nella circolare n. 30/E del 2023, è necessaria una distinzione, seguendo l’approccio definito dal regolamento MiCA, in base al quale le stablecoin possono essere distinte in:
- e-money token (EMT): un tipo di cripto-attività che mira a mantenere un valore stabile facendo riferimento al valore di una valuta ufficiale.
- asset-referenced token (ART): un tipo di cripto-attività che non è un token di moneta elettronica e che mira a mantenere un valore stabile facendo riferimento a un altro valore o diritto o a una combinazione dei due, comprese una o più valute ufficiali.
Infatti, per l’Agenzia delle Entrate la permuta tra una cripto-valuta e un e-money token, che garantisce il diritto di credito del possessore al valore nominale rispetto ad una valuta fiat, è fiscalmente rilevante.
Invece, la permuta tra cripto-valute e asset-referenced-token, mancando per questi ultimi sia la condizione della classificazione come moneta elettronica, sia la condizione del rimborso del credito al valore nominale, non è fiscalmente rilevante.
Tutto sta quindi nel classificare la stablecoin utilizzata tra gli EMT oppure tra gli ART, e ciò non è ancora stato del tutto chiarito dall’Amministrazione finanziaria.
Parte della dottrina ritiene che ad oggi nessuna stablecoin è stata autorizzata dalle autorità europee ovvero costituisce un e-money token e quindi le conversioni in stablecoin costituirebbero permute non fiscalmente rilevanti; in realtà, la parte maggioritaria della dottrina e degli operatori ritiene tale interpretazione poco sistematica ed eccessivamente legata al dato formale, poiché si limita a valorizzare l’elemento dell’autorizzazione senza mettere in luce l’aspetto della “sostanza economica” delle attuali stablecoin collateralizzate come USDT – a maggior ragione considerando che l’Agenzia delle Entrate, nella circolare citata, mette espressamente in luce quale elemento principale il garantire il diritto di credito del possessore al valore nominale rispetto a una valuta fiat.
Per tale ragione, si ritiene consigliabile e più orientato a prudenza trattare come fiscalmente rilevanti le permute tra criptovalute e stablecoin collateralizzate come USDT e USDC, mentre le permute con stablecoin algoritmiche non sembrano essere fiscalmente rilevanti. Nondimeno, si ribadisce che non vi è ancora una piena conferma su questi punti da parte dell’Amministrazione finanziaria, per cui occorrerà necessariamente seguire gli sviluppi futuri.
Costo di acquisto delle cripto-attività
È molto importante che il contribuente conservi tutta la documentazione atta a provare il costo di acquisto delle proprie cripto-attività.
Se il contribuente non riesce a documentare il costo di acquisto con elementi certi e precisi, infatti, la “sanzione” può essere pesante: in mancanza di elementi certi e precisi che documentano il costo di acquisto, il costo viene assunto pari a zero. Questo implica in sostanza che ad esempio, in caso di cessione, l’eventuale plusvalenza sarà pari all’intero prezzo di vendita, e non alla sola differenza tra prezzo di vendita e costo d’acquisto
Tali elementi “certi e precisi” possono essere costituiti dalla documentazione d’acquisto dell’intermediario o del prestatore di servizi presso il quale è avvenuto l’acquisto.
Inoltre, si ricorda che, a differenza di quanto previsto per le attività finanziarie, secondo cui il costo o valore di acquisto è aumentato di ogni altro costo inerente (bolli, commissioni, imposte, con esclusione degli oneri finanziari), per le cripto-attività il costo di acquisto non tiene conto dei costi inerenti l’acquisto e la cessione.
Infine, nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione, mentre nel caso di acquisto per donazione si assume come costo il costo del donante.