Lo scandalo più recente che ha colpito la cosiddetta crypto community – quello di Tornado Cash – rappresenta solo l’ultimo di una serie di casi di investimenti in crypto currencies sfociati in veri e propri default finanziari dalle proporzioni gigantesche.
Emerge dunque prepotentemente la necessità di dotarsi in tempi rapidi di regole certe: esercizio non facile alla luce della numerosità delle istituzioni coinvolte e degli enormi interessi in gioco.
Tornado e le altre: i rischi di un uso non regolamentato delle DLT
Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha inserito Tornado Cash, il cosiddetto mixer in grado di garantire anonimato e non tracciabilità delle operazioni in valute virtuali, in una black list, accusando l’azienda di aver riciclato più di 7 miliardi di dollari in valuta virtuale dal 2019, inclusi 455 milioni di dollari presumibilmente rubati da un collettivo di hacker sponsorizzato dalla Corea del Nord.
Terra era una stablecoin che avrebbe dovuto mantenere la parità col dollaro attraverso compravendite automatiche contro un altro cryptoasset chiamato Luna. Il valore complessivo di Terra e Luna era giunto a sfiorare 60 miliardi di dollari, prima di precipitare quasi a zero a inizio maggio. La piattaforma di prestiti in crypto Celsius, invece, dopo aver raccolto denaro preso a prestito per circa 12 miliardi di dollari da 1,7 milioni di clienti, promettendo rendimenti annui del 18,73%, ha congelato i depositi.
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Più in generale si è assistito negli ultimi mesi ad un brusco calo delle quotazioni delle criptovalute. Se solo ad aprile il valore complessivo delle criptovalute (allora intorno a 1.800 miliardi di dollari) superava le dimensioni del mercato dei mutui subprime che aveva provocato la crisi finanziaria globale nel 2007-2008, oggi le crypto hanno perso metà del loro valore da allora e oltre due terzi dal picco di novembre 2021.
I benefici di servizi finanziari e di pagamento più efficienti e inclusivi
Le esperienze sopra citate rappresentano la testimonianza più evidente dei rischi connessi ad un utilizzo non regolamentato delle “tecnologie dei registri distribuiti”; non sarebbe però corretto evidenziare solo gli aspetti negativi e degenerativi della DLT, sottacendo dei possibili benefici nell’offrire servizi finanziari e di pagamento più efficienti e inclusivi. Sul punto, uno spunto interessante è offerto anche dal recente pronunciamento del Governatore della Banca d’Italia Visco in sede di Considerazioni Finali dello scorso 31 maggio. Il Governatore, dopo aver messo in guardia sui possibili rischi, ha anche messo in evidenza le iniziative adottate dalla stessa banca centrale per favorire un confronto con gli operatori di mercato finalizzate a promuovere lo sviluppo delle tecnologie capaci di apportare maggiori benefici per la collettività, citando la creazione della sandbox regolamentare, uno spazio controllato per la sperimentazione di servizi tecnologicamente avanzati, e il centro di innovazione Milano Fintech Hub. L’intervento del Governatore della Banca d’Italia si inserisce nel solco di una serie di interventi ad opera di banchieri centrali e regolatori incentrati sulla necessità di regolare un fenomeno come quello della DeFi o finanza decentralizzata che in assenza di regole rischia di trasformarsi in un vero e propria giungla dove vige la legge del più forte.
La necessità di definire delle regole
Emerge dunque prepotentemente la necessità di dotarsi in tempi rapidi di regole certe, ma tale spinta alla regolamentazione appare al contempo frenata dalla pluralità delle autorità coinvolte (banche centrali, regolatori finanziari, autorità sulla privacy) a riprova di quelli che sono i vari interessi in gioco, fra cui, solo per citarne alcuni, fede pubblica, stabilità finanziaria, sovranità monetaria, cyber security, misure per la prevenzione dei fenomeni di riciclaggio e tutela della riservatezza.
Tra l’alto, sotto il profilo dei rischi per la stabilità finanziaria, va sottolineato come le perdite sugli investimenti in crypto non comportino come sola conseguenza diretta il rischio di un default sui prestiti che li hanno finanziati, ma inneschino un pericoloso circuito vizioso che si traduce nella liquidazione di altri investimenti, contribuendo in questo modo a generare un clima di depressione generale delle aspettative ed una conseguente contrazione della domanda aggregata.
Quale approccio per prevenire i rischi e tutelare gli investitori
Se dunque è evidente la necessità di un intervento normativo, non è altrettanto chiaro quale approccio adottare per prevenire i rischi connessi all’utilizzo della DLT e tutelare gli investitori senza al tempo stesso reprimere sul nascere i potenziali effetti benefici in termini di innovazione e di democratizzazione della finanza. Sul punto sono teoricamente ipotizzabili diversi approcci.
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La soluzione cinese
In Cina, ad esempio, si è adottata una soluzione drastica: le crypto sono state messe al bando e sostituite da una moneta digitale di stato. Con un atteggiamento tipico delle nazioni caratterizzate dalla presenza di un regime forte si è dunque deciso di reprimere sul nascere tutte le istanze di decentramento espresse dalle criptovalute.
È logico ipotizzare come tale soluzione non sia replicabile nelle democrazie occidentali, dove tra gli altri fattori il lancio di una moneta digitale di stato si scontra con l’esigenza di non alterare troppo traumaticamente i rapporti caratterizzanti il sistema bancario tradizionale. Tutto questo si è tradotto a livello europeo, almeno nella prima fase di esplosione delle cripto valute, nella decisione un po’ pilatesca di lasciare provvisoriamente spazio all’innovazione, ma con l’urgenza crescente, resa improcrastinabile dal verificarsi di casi di default come quelli sopra citati, di definire nuove regole.
L’approccio Ue
A livello di Unione Europea è già stato presentato e ampiamente discusso il Digital Finance Package, una serie di proposte di legge finalizzate a sostenere il sistema finanziario nell’adozione delle nuove tecnologie digitali sulla base del principio “same activity, same risks, same rules”. Il pacchetto si compone di tre proposte di regolamento finalizzate a promuovere la sicurezza informatica dei sistemi finanziari (DORA), la creazione di un ambiente di prova per l’adozione della DLT (Pilot regime) e la definizione di regole uniformi e coerenti in materia di crypto (Market in Crypto Asset Regulation, MiCA).
Il regolamento MiCA, in particolare, preceduto da una serie di discussioni protrattesi per mesi, continua a suscitare tra esperti e commentatori giudizi contrastanti. Salutato da alcuni come un indispensabile chiarimento, da altri è stato criticato per aver introdotto una regolamentazione giudicata troppo favorevole a pratiche che sarebbero assimilabili a strumenti finanziari e monetari tradizionali, ma che finirebbero per godere di un regime di autorizzazione, regolazione e supervisione assai più blando.
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Il nodo della definizione della natura giuridica delle criptovalute
Il problema di fondo resta quello della definizione della natura giuridica delle cripto valute; dalla definizione della natura giuridica dello strumento consegue infatti anche la risoluzione dell’annosa disputa circa l’individuazione dell’autorità regolamentare competente, Negli USA, per esempio, se le crypto fossero qualificate come securities (sulla base del cosiddetto “Howey Test”, ossia sulla base di una sentenza della Corte Suprema del 1946 che stabilisce le caratteristiche – essenzialmente di investimento e di aspettativa di guadagno – che caratterizzano i valori mobiliari classificabili come strumenti finanziari) l’autorità di vigilanza avente competenza sarebbe la SEC (Securities and Exchange Commission), che nella persona del suo presidente, Gary Gensler, si è già espressa per l’introduzione di controlli più stringenti, scatenando come reazione l’ira della lobby delle crypto; se invece le cripto valute fossero qualificate come commodities ricadrebbero sotto il controllo, presumibilmente più benevolo, della CFTC (Commodity Futures Trading Commission).
La posizione più avanzata a livello europeo sul piano normativo resta quella della Svizzera, dove l’autorità finanziaria (Finma) ha introdotto fin dal 2018 alcune linee guida distinguendo fra asset tokens, (assimilabili ai titoli finanziari), payment tokens (assimilabili a mezzi di pagamento elettronici) e utility tokens (assimilabili a voucher che danno accesso a servizi specifici).
Il panorama regolamentare internazionale è dunque caratterizzato da risposte fornite al fenomeno molteplici, con una varietà di approcci tra i differenti Paesi. Taluni hanno valutato la possibilità di includere le valute virtuali nel novero di fattispecie già appropriatamente regolate, altri hanno diramato apposite avvertenze ai consumatori o hanno assoggettato a un regime autorizzatorio lo svolgimento di talune delle attività proprie del sistema, altri ancora hanno proibito alle istituzioni finanziarie di negoziare valute virtuali o ne hanno addirittura vietato l’uso, perseguendo penalmente i trasgressori. Si tratta di risposte di policy ancora embrionali rispetto alle sfide poste dalle valute virtuali ed è altamente probabile che, nel prossimo futuro, interverranno ulteriori sviluppi.
È probabile che l’esperienza che si andrà con il trascorrere del tempo acquisendo in tema di funzionamento delle criptovalute, unitamente alla diffusione di standard internazionali e best practice, potrà fornire utili indicazioni sulle misure regolatorie più appropriate da adottare, promuovendo l’armonizzazione e prevenendo il rischio di strategie di arbitraggio. In tal senso, ad esempio, accordi di cooperazione internazionale in settori quali lo scambio di informazioni e lo svolgimento di indagini nel perseguimento dei reati transfrontalieri potrebbero essere di grande ausilio nella risoluzione di fenomeni quali il riciclaggio di denaro connesso agli investimenti in cripto valute.
Come difendersi dalle cripto-truffe
Dal punto di vista dell’investitore nasce l’esigenza di difendersi dalle cosiddette cripto-truffe, ed in tal senso i segnali d’allarme da tenere d’occhio sono sempre i soliti: promesse di guadagni garantiti, whitepaper scarsi o inesistenti (ogni criptovaluta deve essere accompagnata dalla distribuzione di un whitepaper, ossia di una sorta di prospetto informativo che deve spiegare chiaramente come è stata concepita e come funziona la criptovaluta), marketing eccessivo (con l’intento di raggiungere il maggior numero di persone nel minor tempo possibile e raccogliere così denaro in fretta) e membri del team anonimi (quando invece nella maggior parte degli investimenti deve essere possibile sapere quali persone chiave ci siano dietro).
Conclusioni
Se dall’analisi condotta emerge chiaramente l’esigenza di dar vita ad un quadro regolamentare certo ed armonizzato in tema di cripto valute, neppure però si può ridurre la questione ad uno scontro ideologico tra regolamentazione e deregolamentazione.
L’aspettativa più grande in termini di sfruttamento della tecnologia blockchain è infatti legata alla possibilità che essa offre di configurare in modo nuovo i rapporti fra i soggetti coinvolti, creando nuove forme di governance partecipativa e inclusiva.
Del resto, anche propendere per una regolamentazione eccessivamente “light”, così da non pregiudicare od ostacolare il diffondersi di fenomeni di innovazione quali quelli legati alla finanza decentralizzata, potrebbe finire con l’impedire di superare vecchie rendite di posizione tipiche del sistema finanziario tradizionale creando rendite nuove altrettanto pericolose. In altri termini, la DLT offre l’opportunità inedita non tanto di deregolamentare, magari sostituendo nuove forme di potere privato a quelle tradizionali, quanto di creare, nuove forme di collaborazione fra stakeholders pubblici e privati in vista di un interesse comune e condiviso.